-  Santuari Alceste  -  14/02/2017

Il controllo analogo pluripartecipato deve essere effettivo – Tar Lombardia 2474/16 – Alceste Santuari

Il controllo pluripartecipato da parte di P.A. con partecipazioni di minoranza deve rispettare talune condizioni affinché possa essere considerato controllo analogo

Una ditta, che aveva espletato il servizio di igiene urbana a favore di un comune, ha ritenuto di impugnare la deliberazione del consiglio comunale con la quale l"amministrazione ha deciso di abbandonare l"esternalizzazione del servizio a favore dell"affidamento in house a società partecipata con quote di minoranza. In particolare, l"incumbent ha lamentato che l"affidamento non poteva essere realizzato in quanto assente il requisito del controllo analogo in capo al comune affidante, stante l"esiguità della quota di partecipazione.

Il Tar Lombardia – Milano, sez. IV, con la sentenza 23 dicembre 2016, n. 2474 ha riconosciuto le doglianze della società ricorrente e ha disposto per l"annullamento della deliberazione del consiglio comunale così statuendo:

-) una delibera del 2000, con la quale il Comune ha deciso di acquisire una partecipazione azionaria in ASM Pavia spa, prospettava la finalità di affidare a tale società in via diretta, senza gara, "i servizi pubblici ad esso facenti capo";

-) tale delibera integra solo un atto preparatorio rispetto all"affidamento del servizio di igiene urbana in favore della società in house ed esprime solo un obiettivo individuato dall"amministrazione, la cui realizzazione dipende, però, da successive determinazioni produttive di effetti ab externo;

-) la delibera in questione si limita ad un generico riferimento all"affidamento diretto alla società pubblica dei "servizi pubblici" facenti capo al Comune, senza alcuna specificazione e concreta individuazione dei singoli servizi da affidare e, in particolare, senza alcun riferimento puntuale al servizio di raccolta trasporto e smaltimento dei rifiuti urbani;

-) é infondata l"eccezione di inammissibilità con la quale si prospetta che il ricorso sarebbe diretto a censurare la scelta di un determinato modello gestionale per il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti, quale l"affidamento diretto ad una società c.d. "in house";

-) la ricorrente non contesta in astratto la possibilità per l"amministrazione comunale di utilizzare tale modulo organizzativo, ma deduce l"insussistenza dei presupposti necessari per la sua applicazione, in dipendenza del tipo di relazione giuridica che intercorre tra il Comune e la società;

-) la contestazione non attiene a profili di merito amministrativo, come tale insindacabile in sede giurisdizionale al di fuori dei casi stabiliti dalla legge, ma alla legittimità dell"azione amministrativa e, in particolare, delle scelte discrezionali, tecnico-amministrative, compiute nel caso concreto;

-) la ricorrente non pone a fondamento dell"impugnazione l"interesse ad ottenere l"affidamento "in house" del servizio in luogo della controinteressata, ma l"interesse, correlato alla sua natura di operatore del settore e gestore uscente del medesimo servizio, sia ad evitare che quest"ultimo venga sottratto al mercato, mediante l"utilizzo del modello "in house" in carenza dei relativi presupposti, sia ad ottenere, per contro, che esso venga assegnato secondo una logica concorrenziale, all"esito di una selezione competitiva, cui la ricorrente potrebbe partecipare;

-) alla luce delle Direttive del 2014 in materia di appalti e concessioni è confermato che nel c.d. "in house" pluripartecipato le amministrazioni pubbliche in possesso di partecipazioni di minoranza possono esercitare il controllo analogo in modo congiunto con le altre, a condizione che siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni: "a) gli organi decisionali dell'organismo controllato siano composti da rappresentanti di tutti i soci pubblici partecipanti, ovvero, siano formati tra soggetti che possono rappresentare più o tutti i soci pubblici partecipanti; b) i soci pubblici siano in grado di esercitare congiuntamente un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative dell'organismo controllato; c) l'organismo controllato non persegua interessi contrari a quelli di tutti i soci pubblici partecipanti";

-) poiché la società in argomento è composta da un numero elevato di enti locali, "è necessario verificare l"effettiva sussistenza di meccanismi giuridici tali da consentire agli enti locali che partecipano alla società, anche in misura estremamente limitata[…] di attuare, sul piano strutturale e funzionale, un "controllo analogo congiunto" della società medesima.";

-) lo statuto della società reca "una disposizione generale che sembra preludere alla configurazione di prerogative dei soci minoritari tali da consentirgli l"esercizio di un controllo analogo";

-) sul piano strutturale, è l"assemblea di coordinamento e controllo intercomunale l"organismo tramite il quale si dovrebbe attuare il controllo analogo della società sul piano funzionale;

-) le decisioni strategiche sono assunte dall"assemblea societaria, sicché il "controllo strategico" non è nella disponibilità dei Comuni a partecipazione minoritaria, ma dell"ente che detiene una partecipazione azionaria tale da garantirgli la maggioranza dei voti nell"assemblea societaria;

-) lo statuto ribadisce la centralità delle decisioni dell"assemblea societaria e la subordinazione sul piano strategico e funzionale degli interessi dei singoli comuni all"interesse proprio della società pubblica, poiché stabilisce che "tenuto conto che la partecipazione azionaria è rivolta all'affidamento alla Società di pubblici servizi nell'interesse dei cittadini, si dà atto che l'esercizio dei poteri di "controllo analogo" non può configurare un'ipotesi di conflitto di interessi, essendo pur sempre i Comuni soci tenuti a contribuire al perseguimento dell'interesse sociale";

-) l"interesse sociale dunque trova "definizione nelle determinazioni dell"assemblea dei soci e non dell"assemblea intercomunale";

-) lo statuto prefigura una ripartizione delle azioni societarie tale da escludere una posizione di parità tra i vari enti soci, quanto alla capacità di determinare le scelte strategiche e funzionali della società pubblica, attraverso le determinazioni dell"assemblea societaria;

-) lo statuto rinvia alle disposizioni del codice civile in base alle quali al comune più grande (nella fattispecie il Comune di Pavia) deve riferirsi la "maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria" e lo stesso deve comunque disporre "di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria";

-) lo statuto stabilisce il c.d. "potere propulsivo", esercitabile nei confronti del Consiglio d'amministrazione e consistente nella presentazione di "proposte di specifiche iniziative inerenti all'esecuzione del contratto di servizio stipulato - sempre nel rispetto dell'economicità della gestione del servizio - e di poteri di veto sulle deliberazioni, specificamente rifluenti sull'attuazione del contratto di servizio, che si discostino da tali proposte";

-) si tratta tuttavia di un potere delimitato al solo servizio affidato dal singolo Comune, "sicché non si traduce nella capacità di determinare, neppure in modo congiunto, gli "obiettivi strategici" e "le decisioni importanti" della società pubblica secondo la definizione comunitaria di controllo analogo congiunto";

-) le previsioni statutarie assegnano al Sindaco del Comune più grande il diritto di nomina di almeno tre dei cinque membri del CdA.

Alla luce dell"analisi su esposta, il Collegio ha ritenuto sussista un "palese sbilanciamento" tra il Comune di Pavia e gli altri Comuni partecipanti alla compagine societaria, sul piano dell"effettiva capacità di controllare gli obiettivi strategici della società pubblica e di definirne le modalità operative di realizzazione. Al singolo comune è riconosciuto il potere di influenzare la gestione del servizio affidato alla società, "ma tale prerogativa si riflette solo su un particolare servizio e non sulle determinazioni strategiche dell"ente." Ancora, i giudici amministrativi hanno ritenuto che il potere di esercitare una "influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti" della società non è radicato congiuntamente in capo ai diversi enti che detengono o possono detenere le azioni della società, ma permane nella disponibilità del solo Comune di Pavia."

Di qui, l"assenza del potere di controllo analogo in capo ad un comune che detiene una minima quota del capitale sociale, che impedisce all"ente locale di "non esercita sulla società pubblica un controllo analogo a quello esercitato sui propri uffici, neppure congiuntamente agli altri Comuni che partecipano alla società". Conseguentemente, il Tar lombardo ha riconosciuto che in capo al comune defettavano "i presupposti per affidare direttamente "in house" ad ASM Pavia spa i servizi pubblici di cui è titolare."

La sentenza de qua, ancora una volta, che il modello in house per essere tale deve rispondere a determinate caratteristiche, tra cui quella, in particolare, del controllo analogo. I giudici, in questo senso, hanno ribadito la necessità che gli statuti prevedano effettivi strumenti capaci di garantire agli enti locali di poter esercitare il controllo analogo sulle società in house. L"imminente scadenza per l"approvazione dei piani di razionalizzazione delle società partecipate potrebbe essere invero l"occasione per procedere – laddove non lo si è fatto ancora – a rivedere gli statuti delle società pubbliche da parte dei soci enti locali territoriali.




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