-  Marena Teodoro  -  29/11/2014

IL CONCORDATO CON CONTINUITA' AZIENDALE - Teodoro Marena

IL CONCORDATO CON CONTINUITA" AZIENDALE

 

Sommario: 1. La continuità aziendale come obiettivo primario nel concordato preventivo; 2. Definizione di concordato in continuità aziendale; 3. Le cautele: contenuto aggiuntivo del piano e dell"attestazione; 4. Le agevolazioni per la continuità aziendale; 5. Effetti della procedura concordataria sulla gestione aziendale; 6. Il pagamento di creditori strategici pregressi; 7. La sospensione della disciplina sulle perdite di capitale; 8. La partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici.

 

1.     La continuità aziendale come obiettivo primario nel concordato preventivo.

 La novella di cui al D. L. n. 83/2012, convertito in L. 134/2012 (cd. Decreto Sviluppo) prende per la prima volta in considerazione, attraverso l"art. 186-bis, il concordato con continuità aziendale, riconoscendo così il valore di quella preservazione dell"attività di impresa che già costituisce uno dei fondamenti della procedura di amministrazione straordinaria.

Fulcro centrale dell"innovazione legislativa è lo spostamento di prospettiva dall"imprenditore all"impresa, dato che la continuazione dell"attività, presupposto di applicazione dell"articolo 186-bis, può avvenire sia ad opera dell"imprenditore originario, sia ad opera di terzi attraverso il trasferimento dell"azienda in esercizio.

Dalla presenza della continuazione dell"attività aziendale dipendono il contenuto del piano, una serie di controlli in sede di ammissione e, durante lo svolgimento della procedura, la possibilità per il debitore di ottenere deroghe a principi generali, quali la par condicio credito rum e la stabilità dei vincoli negoziali.

Inoltre, una volta ammesso al concordato con continuità aziendale il debitore è tenuto a proseguire l"attività aziendale: se cessa l"esercizio dell"impresa senza modificare la proposta, il concordato viene revocato, a dimostrazione del fatto che il concordato in continuità aziendale non si trasforma automaticamente in concordato senza continuità aziendale. Reciprocamente, se il debitore prosegue l"attività di impresa senza averlo indicato nella proposta concordataria, il concordato deve essere revocato perché il piano e l"attestazione dell"esperto mancherebbero delle indicazioni necessarie. Si potrebbe, pertanto, affermare che il concordato con continuità aziendale costituisce un sottotipo di procedura di concordato preventivo, dotato di proprie specificità.

Secondo l"opinione tradizionale, esecuzione "concorsuale" sui beni del debitore significa assoggettamento degli stessi ad una forma di esecuzione collettiva posta in essere da soggetti terzi rispetto al debitore, con l"obiettivo di soddisfare i creditori seguendo l"ordine dei privilegi e, a parità di posizione giuridica, proporzionalmente tra loro.

Da qualche tempo l"obiettivo della par condicio è stato però sopravanzato nel nostro, come in molti altri ordinamenti europei, dalla salvaguardia dell"attività d"impresa.

Un primo "vulnus" alla par condicio è stato introdotto nel 2005 con la riforma della revocatoria, che ha previsto una serie molto significativa di esenzioni da revocatoria volte a tutelare la stabilità di alcuni pagamenti avvenuti in condizione di normale operatività (art. 67, comma 3). Sempre nel 2005 la prima riforma del concordato preventivo ha consentito di differenziare la soddisfazione dei creditori a parità di posizione giuridica sulla base di una loro suddivisione in classi; successivamente, nel 2007 la nuova disciplina fallimentare dei contratti pendenti ad esecuzione continuata o periodica (art. 74 l. fall.), ha introdotto il principio per cui, in caso di subentro del curatore nel contratto, va pagato integralmente il prezzo anche delle consegne già avvenute o dei servizi già erogati.

E nell"attuale riforma del concordato preventivo la finalità conservativa dell"impresa ha comportato nuove importanti deroghe al principio della par condicio:

a) è ora possibile pagare creditori concorsuali al di fuori di ogni riparto anche in violazione della par condicio se ciò consentirà "la miglior soddisfazione di creditori" (nel senso che attraverso tali pagamenti si valorizza al meglio l"attività dell"impresa). Addirittura, se i creditori concorsuali vengono pagati con risorse provenienti da terzi non sono richieste particolari formalità (art. 182-quinquies, comma 4);

b) è ora possibile contrarre debiti finalizzati alla conservazione dell"attività di impresa ai quali è riconosciuta la prededuzione sia nel successivo fallimento, sia, se sono stati concessi in occasione di un accordo ex art. 182-bis, nell"eventuale successivo concordato, sia, infine, all"interno della stessa procedura in occasione della quale sono stati concessi (art. 182-quinquies);

c) è ora possibile fornire garanzie reali a favore dei titolari di crediti prededucibili (art. 182-quinquies, comma 3).

Questa constatazione deve portare alla conclusione che la conservazione dell"impresa e la migliore liquidazione dell"attivo (auspicatamente consentita dalla conservazione dell"impresa) rappresentano il primario obiettivo del legislatore, anche se il loro perseguimento può pregiudicare o, quanto meno, allungare le prospettive di recupero dei creditori concorsuali.

Si tratta di obiettivi largamente condivisibili, soprattutto nell"attuale congiuntura economica, che forse meriterebbero due ulteriori integrazioni:

1) l"estensione al concordato preventivo della previsione contenuta nell"art. 63, comma 3, Prodi bis relativa alla scelta dell"acquirente dell"azienda, che dovrebbe essere effettuata non solo sulla base del piano industriale degli offerenti, ma anche del mantenimento/sviluppo dei livelli occupazionali;

2) l"estensione alla Prodi bis della possibilità di pagamenti extraconcorsuali a favore di creditori concorsuali così come previsto nel concordato preventivo dall"art. 182-quinquies, comma 4.

 

2.     Definizione di concordato in continuità aziendale.

In base all"art. 186bis, il concordato preventivo si definisce in continuità aziendale (cd. Going concern) quando la proposta prevede a) la prosecuzione dell"attività di impresa da parte del debitore; b) o la cessione dell"azienda in esercizio; c) o il conferimento dell"azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione.

In dottrina, si è designato lo schema concordato con cessione o conferimento dell"azienda a terzi come concordato di risanamento indiretto, per distinguerlo da quello diretto in cui il debitore conserva la titolarità dell"impresa.

Il caso sub a) è senz"altro quello meno problematico, in quanto postula l"esercizio diretto dell"impresa da parte del debitore. È opportuno precisare che tale esercizio, con la conseguente applicazione dell"art. 186-bis, può aversi anche quanto la società sia in stato di liquidazione, se l"esercizio è autorizzato ai sensi dell"art. 2487, primo comma, lett. c) cc. Infatti, il Tribunale di Varese, con decreto del 30.6.2012, ha affermato che l"interpretazione prevalente dell"art. 2486 cc è quella che consente la prosecuzione dell"attività di impresa alla società in liquidazione solo a condizione che la stessa appaia strumentale alla conservazione del suo valore patrimoniale e, in ultima analisi, ad una maggiore efficacia della liquidazione stessa e alla massimizzazione dei suoi risultati economici collocandosi pertanto in una prospettiva necessariamente temporanea e provvisoria. Continua il tribunale di Varese asserendo che l"omologa del concordato consentirà, con la falcidia dei crediti ed il conseguente abbattimento del passivo, l"esclusione delle condizioni patrimoniali che avevano imposto la messa in liquidazione della società.

L"ipotesi sub b) non pone gravi problemi concettuali: i creditori sono destinati ad essere soddisfatti anche con i proventi della cessione dell"azienda in esercizio.

Il caso sub c), che richiama la liquidazione mediante conferimento di cui all"art. 105, 8° comma, l. f., presenta una maggiore complessità: il debitore conferisce l"azienda, priva di debiti, in una o più società, e i creditori vengono soddisfatti direttamente dalla società conferitaria, o dal debitore con il corrispettivo della cessione della partecipazione. Nel caso di specie, la dottrina si è interrogata sul fatto se alle vendite e ai conferimenti dell"azienda effettuati in pendenza di procedura si applichi il disposto dell"art. 2560, 2° comma, cc., che prevede la responsabilità dell"acquirente per i debiti inerenti all"esercizio dell"azienda ceduta e risultanti dalle scritture contabili.

Se infatti per le cessioni in esecuzione del concordato tale responsabilità non opera (art. 105, 4° co., 1. Fall. Richiamato dall"art. 182 1. fall.), per le cessioni effettuate in pendenza della procedura non sussiste alcuna espressa disposizione in tal senso, ed è evidente che fra i creditori (alcuni dei quali destinati ad essere soddisfatti integralmente e altri a subire il costo di tale integrale soddisfazione), la stessa cessione potrebbe rivelarsi impossibile tutte le volte in cui l"ammontare dei debiti che l"acquirente o la società conferita ria dovrebbero accollarsi ex lege superi il valore dell"azienda.

Anche in questo caso, considerazioni di carattere sistematico, confermate dalle norme in materia di concordato con continuità aziendale, portano alla soluzione della disattivazione della responsabilità ex art.2560, 2° co., c.c.

In prmo luogo, è insita nella procedura di concordato la sostituzione della tutela individuale con la tutela collettiva, sotto il controllo del giudice.

Nella sede concorsuale, la responsabilità dell"acquirente dell"azienda (tipico rimedio individuale del creditore dell"azienda ceduta) porterebbe ad una alterazione delle posizioni dei creditori: egli pagherebbe per l"azienda un prezzo minore (con danno di tutti i creditori) per il fatto di dover soddisfare alcuni di essi per intero.

In secondo luogo è importante notare che, secondo un"attenta dottrina, la responsabilità dell"acquirente ha natura omogenea a quella della revocatoria, prevedendo, in luogo di una responsabilità del terzo con i beni oggetto dell"atto revocato (art.2910, 2° co., ult. Parte, c.c.), una responsabilità del terzo cessionario dell"azienda diretta ed automatica.

In quest"ottica, la pendenza di una procedura di concordato e il regime delle autorizzazioni giudiziali si sovrappone completamente alla tutela dei creditori, che opera in relazione a puri atti di autonomia negoziale che il debitore compie da solo.

Così come non opera la revocatoria per gli atti autorizzati dal giudice all"interno del concordato preventivo, non opera nemmeno la responsabilità ex art.2560, 2°co., c.c., dato che la tutela dei creditori è collettiva e la tutela del creditore singolo va necessariamente a scapito degli altri.

Se la responsabilità concorrente dell"acquirente si giustifica con l"esigenza di proteggere i creditori aziendali contro il rischio di un pregiudizio che può derivare da una vendita a prezzo vile, questo rischio deve essere escluso per le vendite effettuate nell"ambito di una procedura concorsuale, ove gli atti vengono compiuti sotto il controllo degli organi fallimentari.

Ciò che caratterizza il concordato con continuità aziendale è, dunque, la prosecuzione anche temporanea dell"attività di impresa in sé, e non la prosecuzione dell"esercizio dell"impresa da parte del debitore.

Più problematico fare rientrare nella previsione di cui all"art. 186-bis il caso dell"affitto dell"azienda oggetto del patto di concordato, sia perché la lettera della disposizione non lo prevede, sia perché in tale ipotesi non solo non si ha trasferimento di proprietà, ma si produce la situazione per cui i risultati della gestione spettano all"affittuario ed il debitore affittante può contare solo sul canone di affitto. Diverso è il caso in cui il contratto di affitto sia soltanto propedeutico ad una successiva cessione dell"azienda funzionante all"affittuario, cessione già prevista come obbligatoria per l"affittuario nella proposta di concordato: in tal caso, la norma si applica direttamente per espressa previsione del primo comma, laddove si fa riferimento ad una piano che preveda la cessione dell"azienda in esercizio.

Non potrà, invece, rientrare nella previsione della norma il caso in cui il debitore avesse già concesso l"azienda in affitto prima del deposito della domanda di concordato. Anche in questo caso potrà configurarsi una continuità aziendale soltanto se nella proposta concordataria sia prevista come obbligatoria la cessione dell"azienda all"affittuario.

 

3.     Le cautele: contenuto aggiuntivo del piano e dell"attestazione.

L"art.186 bis l.f. dispone che, quando il piano di concordato prevede la continuità aziendale in una delle tre forme sopra indicate il piano medesimo deve avere una maggiore analiticità e la relazione di attestazione deve contenere una specifica certificazione circa la convenienza della prosecuzione dell"attività di impresa per i creditori.

Con riferimento alla prima delle due cautele, ai sensi dell"art.186 bis 2° co., lett. a, il piano di concordato, oltre agli altri dati, deve contenere anche "un"analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell"attività di impresa prevista dal piano, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura". In sostanza, la proposta deve contenere anche un piano industriale che dimostri la sostenibilità finanziaria della continuità aziendale.

Con tale prescrizione il legislatore ha imposto al debitore di effettuare una specifica e dettagliata analisi degli effetti e dei costi della continuità aziendale, da illustrare nel piano.

Ciò al fine di consentire agli organi della procedura e ai creditori di compiere le valutazioni di rispettiva competenza.

Il debitore dovrà, cioè, indicare quali siano i risultati attesi da tale attività e come essa possa essere in concreto finanziata.

Ne consegue che egli dovrà approntare, per tutto il lasso di tempo rilevante nel caso concreto, i conti economici, i piani di cassa e, dato che la sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione ex art.182 sexies l.s. termina con l"omologazione, gli stati patrimoniali prospettici.

La seconda cautela è prescritta dall"art.186 bis, 2°co., lett.b, che richiede la relazione del professionista attesti, oltre alla veridicità dei dati aziendali e alla fattibilità del piano, anche che l"attività di impresa prevista dal piano di concordato sia funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori.

In questo modo, al professionista si chiede di ridurre l" asimmetria informativa tra il tribunale e il debitore, validando le affermazioni di quest"ultimo allorché espone i suoi creditori alle incertezze e ai rischi della continuità aziendale.

Analoga attestazione dovrà essere allegata qualora il debitore chieda di accedere ad altre agevolazioni finalizzate al mantenimento della continuità aziendale, quali l"esecuzione di pagamenti lesivi della par condicio a fornitori strategici, la prosecuzione o l"assegnazione di contratti pubblici, nonché l"accensione di finanziamenti prededucibili.

Il compito che il professionista è chiamato a svolgere è certamente complesso ma ragionevole se gli si chieda di attestare che, sulla base delle informazioni disponibili a seguito della sua indagine, il mantenimento della continuità aziendale ragionevolmente consentirà di soddisfare i creditori in misura migliore rispetto alle alternative concretamente praticabili.

Tutto ciò a dimostrazione del fatto che le cautele previste dalla legge mirano a ridurre il rischio che la continuità aziendale si risolva in un danno per i creditori.

Il professionista dovrà quindi attestare non che la prosecuzione dell"attività d"impresa è funzionale al soddisfacimento del ceto creditorio, ma che è funzionale al miglior soddisfacimento dello stesso.

A tal proposito il Tribunale di Monza, con provvedimento del 2 ottobre 2013, rimarcava come "La disciplina di favore voluta dal legislatore per il concordato preventivo volto a salvaguardare la continuità dell"impresa presuppone che la prosecuzione dell"attività sia funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori, nel senso che il salvataggio del valore impresa non solo non deve andare a detrimento delle ragioni dei creditori, ma deve addirittura proporsi come migliore soluzione possibile rispetto alle altre alternative percorribili".

Ciò significa quindi che la prosecuzione dell"attività d"impresa anziché assorbire risorse finanziarie deve essere in grado di produrne , in modo tale da permettere un miglior soddisfacimento del ceto creditorio.

Si ritiene che, in tale ottica, sarà ammissibile anche un piano che preveda una iniziale erosione dell"attivo numerario in capo alla debitrice, in seguito alla necessità di sostenere finanziariamente la prosecuzione dell"attività dell"impresa, ma tale iniziale sacrificio dovrà essere giustificato da una previsione sufficientemente argomentata, che dimostri che per tale via si possa giungere, ad esempio, alla vendita dell"azienda in termini più redditizi e convenienti.

Risulta quindi ovvio come il piano debba essere particolareggiato e oltremodo completo circa i costi e i ricavi previsti, le risorse finanziarie necessarie e le fonti di copertura di quest"ultime, in modo da permettere all"attestatore di verificare se la continuità dell"impresa sarà proprio la soluzione, alternativa ad un concordato puramente liquidatorio, in grado di meglio soddisfare i creditori.

Perché però simili previsioni siano attendibili, in una congiuntura economica caratterizzata, come l"attuale, da un"elevata imprevedibilità e volatilità derivanti da un sistema economico di fatto globalizzato ed influenzabile dagli avvenimenti economici e politici di paesi fra loro oltremodo distanti, occorre che il piano abbia una durata temporale limitata.

In tal senso il Tribunale di Monza, nel richiamato provvedimento del 2 ottobre 2013, puntualizza che "un piano industriale che prevede di poter generare margine per iniziare a pagare i creditori privilegiati solo a partire dal 2015 e che prospetta di concluderne il pagamento, debitamente falcidiato, nel 2022, dopo quasi un decennio, senza nulla ancora avere erogato a favore dei creditori chirografari, non appare neppure ragionevolmente valutabile sulla base di elaborazioni prognostiche fondate su criteri comunemente riconosciuti come attendibili, restando affidato alla pura speranza del realizzarsi di una molteplicità di convergenze favorevoli, in realtà neppure ponderabili ex ante".

E ancora "una previsione di pagamento dei debiti in termini così dilatati …non risulta compatibile non solo con i tempi di ragionevole durata di una normale procedura espropriativa forzosa (cui deve essere inevitabilmente parametrata, a maggior ragione, una procedura concorsuale su base volontaria di natura negoziale che dovrebbe garantire ai creditori una più celere soddisfazione dei loro diritti), ma neppure con gli obblighi imposti dalla Legge Pinto (Legge 24.03.2001 n°89 , G.U. 03.04.2001 Ragionevole durata del processo ed equa riparazione)… per l"alternativa fallimentare, un limite interno di durata di sette anni".

Rifacendosi poi alle "Linee guida per il finanziamento delle imprese in crisi" pubblicato da Università di Firenze-Assonime_CNDC, il Tribunale di Monza riporta la raccomandazione n. 5 contenuta in tale elaborato:

"L"arco temporale del piano, entro il quale l"impresa deve raggiungere una condizione di equilibrio economico-finanziario, non deve estendersi oltre i 3/5 anni. Fermo che il raggiungimento dell"equilibrio non dovrebbe avvenire in un termine maggiore, il piano può avere durata più lunga, nel qual caso è però necessario motivare adeguatamente la scelta e porre particolare attenzione nel giustificare le ipotesi e le stime previsionali utilizzate; occorre comunque inserire nel piano alcune cautele o misure di salvaguardia aggiuntive, tali da poter compensare o quanto meno attenuare i possibili effetti negativi di eventi originariamente imprevedibili".

Da ciò il Tribunale di Monza fa derivare la conseguenza che"Tali convincimenti non impediscono che il piano possa avere una durata più lunga, ma in tal caso l"adempimento della proposta dovrebbe essere sostenuto con idonee garanzie rilasciate da terzi."

Il piano deve dunque essere preciso ed esauriente in merito alle previsioni di natura finanziarie ed economiche in esse contenute e relativamente ai tempi del medesimo che a buon senso, non debbono oltrepassare i limiti sopra evidenziati.

Il Tribunale di Modena, nel provvedimento del 29 maggio 2013, richiede altresì che il piano presenti "un apprezzabile stato di avanzamento della sua plausibilità sotto il profilo, ad esempio, del raggiungimento degli accordi che lo debbono rendere operativo".

Il piano non si deve limitare ad indicare, ad esempio. le modalità in base a cui si pensa di poter continuare l"esercizio dell"impresa per meglio poter soddisfare il ceto creditorio, ma deve altresì dar conto degli accordi già presi, o già prefigurati ed in avanzata fase di attuazione, che permetteranno di conseguire l"obiettivo, una volta autorizzati dagli organi della procedura.

 4.     Le agevolazioni per la continuità aziendale.

La continuità aziendale è facilitata da sette agevolazioni normative, quattro delle quali sono un"esclusiva del concordato in continuità, mentre le altre tre sono comuni a tutte le forme di concordato.

Sono state introdotte esclusivamente in funzione del concordato con continuità aziendale:

  1. La continuità contrattuale, consistente, da un lato, nella sterilizzazione del deposito della domanda come possibile causa di risoluzione del contratto secondo i principi generali del codice civile e, dall"altro, nella previsione dell"inefficacia di clausole contrattuali che espressamente prevedano lo scioglimento del contratto come conseguenza della sottoposizione del debitore a una procedura concorsuale;
  2. La norma in questione si applica anche con riferimento ai contratti stipulati con le pubbliche amministrazioni, purché il debitore presenti una relazione con cui il professionista indipendente attesti che il contratto medesimo è coerente con il piano di concordato depositato ai sensi dell"art. 161, 2° comma, lett. e) l. f. e che il debitore, alla luce di tale piano e delle eventuali circostanze sopravvenute dopo il suo deposito, è ragionevolmente in grado di adempiere le obbligazioni che derivano dal contratto. Sempre con riferimento ai contratti pubblici, un"analoga relazione consente al debitore che ha presentato un concordato in continuità aziendale di partecipare a procedure per la loro assegnazione, cosa che è normalmente preclusa ai soggetti sottoposti a procedure concorsuali;
  3. La possibilità di prevede, nella proposta di concordato, una moratoria fino ad un anno dall"omologazione per il pagamento dei creditori prelatizi. In sostanza la norma prevede un favor per la continuità aziendale, consentendo al debitore di finanziarla, per un limitato periodo, senza dover sostenere l"esborso dovuto alla necessità di pagare i creditori con prelazione.
  4. La possibilità di pagare i fornitori strategici per la continuazione dell"attività di impresa per crediti anteriori da essi vantati.

Sono, invece, agevolazioni generali che facilitano il ricorso al concordato con continuità aziendale ma non la presuppongono:

  1. La sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione in conseguenza del deposito di una domanda di concordato preventivo;
  2. La possibilità di contrarre finanziamenti prededucibili in pendenza di un concordato preventivo;
  3. La possibilità di sciogliere selettivamente i contratti onerosi.

 

5.      Effetti della procedura concordataria sulla gestione aziendale.

 La presentazione di un concordato con continuità aziendale determina una serie di effetti sul potere di gestione dell"impresa da parte del debitore.

Si possono distinguere tre fasi: la gestione dell"impresa nella fase di apertura della procedura, dalla presentazione del ricorso al decreto di ammissione; la gestione dell"impresa nella fase endoprocedimentale, dal decreto di ammissione all"omologazione; la gestione dell"impresa nella fase di esecuzione del concordato, dopo l"omologazione.

Nella fase di apertura, il debitore conserva la gestione dell"impresa: il nuovo art. 167, settimo comma, cc stabilisce che dopo il deposito del ricorso e fino al decreto di ammissione alla procedura il debitore può compiere gli atti di ordinaria amministrazione, nonché previa autorizzazione del tribunale, gli atti di straordinaria amministrazione. Il debitore è, in questa fase, soggetto alla vigilanza diretta del tribunale, che rilascia le autorizzazioni assunte sommarie informazioni e può determinare obblighi informativi periodici a carico del debitore.

Il potere di gestione del debitore nella fase endoconcordataria continua ad essere regolato dall"art. 167 l. f., il quale stabilisce che il debitore conserva l"amministrazione dei suoi beni e la gestione dell"impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale. Gli atti di straordinaria amministrazione e quelli specificati dal 2 comma devono essere compiuti con l"autorizzazione del giudice delegato, salvo esenzione concessa dal tribunale per gli atti di valore inferiore ad un limite prefissato.

Dopo l"omologazione del concordato, terminati i vincoli imposti al debitore nella gestione del patrimonio e dell"impresa, cessano anche gli effetti protettivi dalla revocatoria e certamente anche la configurabilità dei nuovi crediti come prededucibili. A questo punto, infatti, si è ormai fuori dalla procedura concordataria e devono tornare ad applicarsi le normali regole contro gli atti pregiudizievoli ai creditori.

 

6.     Il pagamento di creditori strategici pregressi.

L"articolo 182 quinquies al comma 4 prevede che "Il debitore che presenta domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale può chiedere al tribunale di essere autorizzato, assunte se del caso sommarie informazioni, a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi, se un professionista in possesso dei requisiti di cui all"art. 67, terzo comma , lettera d) attesta che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione dell"attività d"impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori."

Su che cosa si debba intendere per "prestazioni essenziali per la prosecuzione dell"attività d"impresa" si è espresso il Tribunale di Modena nel provvedimento già richiamato nel presente elaborato, secondo il quale "un fornitore di beni o servizi può qualificarsi essenziale in quanto per la particolarità del prodotto o del servizio che fornisce sia da considerarsi infungibile per non avere realistiche e tempestive alternative sul mercato".

Ragionando su tale concetto verrebbe quindi da pensare al fornitore di una materia prima realizzata su commessa della ricorrente, in base a precise caratteristiche tecniche da questa fornite; pensiamo ad esempio al tessuto realizzato su disegno della committente, al materiale plastico destinato allo stampaggio, realizzato dal fornitore, secondo le caratteristiche di resistenza e adattabilità indicate dal committente.

Vale forse la pena sottolineare come l"articolo 182 quinquies comma quarto non richieda solo che le prestazioni, rese dal fornitore siano essenziali per la prosecuzione dell"attività di impresa, ma anche che siano funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori e come la dottrina insista sulla necessità che entrambe le condizioni coesistano, ma che soprattutto la seconda viene ritenuta indispensabile.

Altra considerazione da farsi è che, comunque, l"opportunità prevista dal comma quarto dell"articolo 182 quinquies viene riservata solamente al concordato in continuità, nell"ambito del quale il pagamento di tali debiti deve essere comunque autorizzato dal tribunale, in presenza di un"attestazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all"art. 67, terzo comma, lett. d), in ordine al carattere di "essenzialità" delle prestazioni per la prosecuzione dell"attività e la migliore soddisfazione dei creditori.

Così il Tribunale di Milano, in un caso di concordato non in continuità, rilevato che dal piano e dalla relazione dell"esperto emergeva che taluni crediti chirografari erano stati soddisfatti prima di quelli privilegiati, chiedeva chiarimenti alla società ricorrente.

Quest"ultima, in una memoria di risposta, precisava che i pagamenti dei debiti pregressi erano stati eseguiti a favore di fornitori strategici ed essenziali a titolo di acconto sulla percentuale concordataria di soddisfazione, spettante a ciascuno di essi.

Successivamente la ricorrente depositava altresì garanzia bancaria , condizionata all"ammissione della domanda di concordato preventivo, escutibile qualora l"attivo

disponibile per la soddisfazione dei creditori concorsuali dovesse risultare insufficiente a soddisfare integralmente i creditori privilegiati e/o a pagare i creditori chirografari nella stessa percentuale in cui erano stati pagati i creditori, che avevano ricevuto il pagamento anticipato.

Il Tribunale di Milano con decreto del 21 febbraio 2013 dichiarava inammissibile il concordato argomentando come "… sarebbe del tutto distonico rispetto al sistema elaborato dal legislatore per il concordato con continuità aziendale, che introduce norme incentivanti di particolare favore e però circonda tali norme di cautele e limitazioni, consentire al debitore, nell"ambito di un concordato non riconducibile alla fattispecie di cui all"art. 182 quinquies IV comma l. fall. di effettuare pagamenti di debiti anteriori senza alcun vaglio da parte del tribunale in violazione della par condicio creditorum".

 7.     La sospensione della disciplina sulle perdite di capitale.

Secondo il disposto contenuto nell"art. 182-sexies l. f., dalla data del deposito della domanda per l"ammissione al concordato preventivo (anche con riserva, ai sensi dell"art. 161, 6° comma, l. f.), della domanda per l"omologazione dell"accordo di ristrutturazione di cui all"art. 182-bis l. f. ovvero della proposta di accordo a norma del 6° comma dello stesso articolo e sino all"omologazione non si applicano gli articoli 2446, 2° e 3° comma, 2447, 2482-bis, 4°, 5° e 6° comma, e 2482-ter cc; per lo stesso periodo, inoltre, non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484 n. 4 e 2445-duodecies del codice civile.

L"idea di fondo del legislatore è che in seguito all"omologa le disposizioni sulla riduzione obbligatoria del capitale potrebbero non trovare applicazione, in quanto le perdite sono state riassorbite grazie alle sopravvenienze attive derivanti dall"esdebitazione; nella fase di esecuzione del concordato o dell"accordo di ristrutturazione potrebbero poi intervenire, sulla base del piano, apporti di soci o di terzi (anche in forma di conversione dei crediti in capitale) che incidono sulla ricostituzione del capitale minimo.

Al riguardo, non vi è dubbio che l"art. 182-sexies l. f. recepisce l"orientamento, formatosi anteriormente alla riforma del 2005-2007 secondo il quale l"apertura della procedura di concordato preventivo blocca l"operatività dell"obbligo di riduzione del capitale per perdite superiori ad un terzo e della causa di scioglimento rappresentata dalla riduzione del capitale al di sotto del minimo legale: ciò perché per effetto di tale procedura, i crediti verso la società diventano inesigibili; più in generale, la tutela dei creditori è assicurata non più dal capitale sociale, ma dai controlli che l"autorità giudiziaria e il commissario esercitano sull"attività della società e dalle norme della legge fallimentare relative al pagamento dei creditori. In sostanza, l"intento del legislatore è stato quello di evitare misure di ricapitalizzazione e, comunque, lo scioglimento/liquidazione per le società che intendono avviare una procedura di concordato preventivo ricorrere ad un accordo di ristrutturazione dei debiti.

Tanto premesso, il principio di "diritto societario della crisi" che espressamente emerge dal contesto normativo appena esposto ha un carattere "negativo": nello specifico, nel periodo temporale indicato dall"art. 182-sexies, 1° comma, l. f. alle imprese organizzare in forma di spa o di srl non si applicano: a) alcune disposizioni cardine del diritto societario generale in merito alla riduzione o perdita del capitale sociale; b) la causa di scioglimento della società per la riduzione del capitale al di sotto del minimo legale e, conseguentemente, la disciplina sullo scioglimento/liquidazione ad essa conseguente, tra la quale anche il dovere in capo agli amministratori di conservare l"integrità e il valore del patrimonio sociale, ai sensi dell"art. 2486, 1° comma cc.

A quest"ultimo proposito, si consideri, peraltro, che trova applicazione il disposto dell"art. 167 l. f.; allo stesso tempo, un obbligo conservativo viene ad incombere sull"organo amministrativo della società che ha fatto ricorso ad una soluzione concordata della crisi in seguito alla concretizzazione del principio contenuto nell"art. 2392, 1° comma, cc., ossia al dovere generale di gestire l"impresa con la diligenze richiesta dalla natura dell"incarico e dalle specifiche competenze.

 

8.     La partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici.

 

L"art. 38 del D. Lgs. 163 del 2006 afferma che "sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: a) che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di cui all'articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni".

L"ammissione alla procedura di concordato preventivo in continuità, quindi, non impedisce, ma sottopone a particolari condizioni, la partecipazione dell"impresa a procedure di assegnazione di contratti pubblici.

In tal caso, in considerazione della particolare natura del contratto e della circostanza che si tratta non di continuare, ma di instaurare ex novo un rapporto con la P. A., il legislatore non si limita a richiedere soltanto l"attestazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all"art. 67, lett. d), circa la conformità del contratto al piano e la ragionevole capacità di adempimento, ma prevede come necessarie anche obbligazioni assunte da un terzo soggetto.

In particolare deve trattarsi di soggetto, in possesso di tutti i requisiti richiesti per l"affidamento dell"appalto (requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica e di certificazione), che assuma, sia nei confronti dell"impresa concordataria, sia nei confronti della stazione appaltante, l"impegno di mettere a disposizione, per la durata del contratto, le risorse necessarie all"esecuzione dell"appalto ed a subentrare all"impresa concordataria qualora questa fallisca o comunque non sia più in grado di dare esecuzione all"appalto.

Questa pratica, ben conosciuta nel settore degli appalti pubblici, è riportabile all"istituto dell"avvalimento di cui all"art. 49 del d. lgs. 163/2006: norma dichiarata espressamente applicabile dall"art. 186-bis l.f. e che detta una disciplina molto più dettagliata.




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