-  Mottola Maria Rita  -  30/09/2008

HOT LINE QUANDO E' PROSTITUZIONE - Maria Rita MOTTOLA

Negli ultimi giorni si è tornato a parlare di prostituzione e di misure atte ad arginare il fenomeno dello sfruttamento delle donne e soprattutto delle fanciulle minorenni o alla soglia dell’adolescenza. Il progetto di legge presentato dal Governo ha subito suscitato scalpore. (troverete il testo della relazione del Ministro quale allegato al presente articolo). Si è subito parlato di ritorno alle case chiuse o meglio alla necessaria acquisizione da parte di gruppi di prostitute d’interi edifici ove praticare la loro attività. La legge propone di non considerare la conclusione di contratti di locazione d’appartamenti a prostitute quale reato di favoreggiamento della prostituzione, purché il canone concordato non superi quello di mercato. In effetti la Cassazione più volte si è pronunciata precisando che il << Il reato di favoreggiamento della prostituzione si perfeziona con ogni forma di interposizione agevolativa e con qualunque attività che, anche in assenza di un contatto diretto dell'agente con il cliente, sia idonea a procurare più facili condizioni per l'esercizio del meretricio e che venga posta in essere con la consapevolezza di facilitare l'altrui attività di prostituzione, senza che abbia rilevanza il movente o il fine di tale condotta>> (Cass. Pen., sez. I, 04 ottobre 2007, n. 39928, CED Cass. pen. 2008, 237871), mentre l’art. 3 l. 20 febbraio 1958, n. 75 punisce <<chiunque, avendo la proprietà o l'amministrazione di una casa od altro locale, li conceda in locazione a scopo di esercizio di una casa di prostituzione>>. 

Il progetto legge, però, pretende per la validità del contratto che le parti ottengano l'accordo degli altri condomini. E si dubita che tale consenso sarà dato con facilità. Da tale difficoltà pratica e dalla previsione del reato nell'ipotesi d’adescamento lungo le vie o in altri locali pubblici, si deduce l’inevitabile necessità di ritrovare interi stabili che possano essere occupati solo da prostitute. Tale è la conclusione cui alcuni pervengono, anche se, ovviamente, non è tale lo scopo della norma se mai l'inevitabile conseguenza.

Ma se il fenomeno della prostituzione è considerato dall'attuale compagine governativa un attentato alla sicurezza pubblica è utile sottolineare come, negli ultimi anni, i mezzi di comunicazione e una certa diversa e perversa visione del sesso, hanno creato nuovi circuiti e nuovi sistemi di sfruttamento della donna. In tale contesto s’innesta il commercio d’immagini, e non solo d’immagini, di minorenni d’entrambi i sessi. A volte è sufficiente dichiarare sui siti pornografici di trovarsi in presenza di fotografie di giovani che non hanno compiuto i 18 anni per generare una richiesta e il pagamento d’ingenti somme. Non sempre l'età denunciata corrisponde a quella anagrafica, ma troppo spesso sono coinvolti fanciulli anche al di sotto dei 14 anni.
Negli ultimi tempi oggetto di un traffico e sfruttamento più sottile, ma altrettanto incisivo, sono, dunque, più che i corpi, le immagini dei corpi. Non è raro per la polizia postale trovare su internet foto di casalinghe o impiegate insospettabili, della media borghesia che vendono la propria immagine in pose provocanti ed alcune volte semplicemente volgari. L'esibizione del proprio corpo senza conoscere chi realmente si trova al di là del computer, la riservatezza dell'acquisto, (non ci si deve recare in edicola), la possibilità di salvare le immagini e di poterle rivedere a piacimento, la qualità stessa delle immagini diverse dalla semplici fotografie, ha favorito la diffusione della pornografia via etere. Si fa ma non si dice. Il poter fare senza il dover dire. La fruizione del sesso diviene sempre più virtuale e lo scambio di e.mail piccanti termina solo raramente in incontri "carnali".
Ma alla fantasia non vi è limite e la tecnologia offre altri sistemi che possono soddisfare appetiti sessuali. Così dalle immagini si passa alla teleconferenza: lo spettatore interagisce con la donna dei suoi sogni, presente solo sullo schermo del suo computer. Egli può chiedere che la donna agisca e costruisca situazioni che siano idonee ad appagare e offrire soddisfazione sessuale.
Tale è il modificarsi dei costumi e delle abitudini sessuali e in tale contesto culturale e sociale la Cassazione è intervenuta per accertare l'esistenza del reato di sfruttamento della prostituzione a carico dei curatori dei siti "hot". <<Rientra nella nozione di “prostituzione” l’esibizione del proprio corpo in gestualità sessualmente esplicite, dietro pagamento di un corrispettivo, anche se compiuta a distanza, per il tramite di una rete telematica>> (Cass. P. 21 marzo 2006, n. 15158, D&G 2006, 23 84 nota Natalini), e dunque è <<sfruttamento della prostituzione reclutare esecutrici di prestazioni sessuali a pagamento effettuabili in videoconferenza tramite web cam, ovvero consentirne lo svolgimento "a distanza", creando i necessari collegamenti internet, ovvero ancora trarre guadagno da tali forme di meretricio on line. Per integrare un atto di prostituzione, infatti, non è necessaria né un'attività di congiunzione carnale vera e propria né un contatto fisico corpore corpori tra soggetto attivo e passivo della prestazione sessuale, ma è sufficiente il compimento di atti sessuali a pagamento finalizzati, in via diretta e immediata, a soddisfare la libido del cliente che, pur trovandosi in luoghi diversi, abbia comunque la possibilità di interagire con chi si prostituisce>> (Cass. Pen. 21 marzo 2006, n. 15158, D&G, 2006, 23 84 nota Natalini), perché l'elemento caratterizzante l'atto di prostituzione <<non è affatto costituito dal contatto fisico corpore corpori tra i soggetti della prestazione, bensì dal fatto che un qualsiasi atto sessuale venga compiuto dietro pagamento di un corrispettivo e risulti finalizzato, in via diretta e immediata, a soddisfare la libidine di colui che ha chiesto o che è destinatario della prestazione>> (Cass. Pen 21 marzo 2006, n. 15158, D&G, 2006, 23 84 nota Natalini). Così si legge nella sentenza (che è già stata pubblicata e commentata nel nostro sito).
E' necessario sottolineare come la giurisprudenza non riconosca più nel mero atto sessuale la condotta vietata nei reati che tutelano appunto la libertà sessuale delle vittime ex art. 609 bis c.p.. Ogni azione diretta ad offrire al responsabile della condotta illecita un appagamento d’origine sessuale può rientrare a pieno titolo nelle condotte vietate. << In tema di violenza sessuale, la nozione di atti sessuali è la risultante della somma dei concetti di congiunzione carnale ed atti di libidine, previsti dalle previgenti fattispecie di violenza carnale ed atti di libidine violenti, per cui essa viene a comprendere tutti gli atti che, secondo il senso comune e l'elaborazione giurisprudenziale, esprimono l'impulso sessuale dell'agente con invasione della sfera sessuale del soggetto passivo. Devono pertanto essere inclusi i toccamenti, palpeggiamenti e sfregamenti sulle parti intime delle vittime, suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale anche in modo non completo e/o di breve durata, essendo irrilevante, ai fini della consumazione del reato, che il soggetto attivo consegua la soddisfazione erotica>> (Cassazione penale , sez. III, 18 ottobre 2005, n. 44246, CED Cass. pen. 2005, 232901)
Chiarito così che l'atto sessuale non deve essere inteso come penetrazione, ma può comprendere ogni azione a sfondo sessuale si può comprendere come la Cassazione abbia deciso un caso d’ipotesi di sfruttamento della prostituzione in un locale notturno ove si praticava la lap dance degenerata in prestazioni a richiesta a pagamento in una sala privata del locale notturno. 

La Suprema Corte sottolinea come sia irrilevante il contatto fisico mentre l'elemento utile a distinguere la prostituzione virtuale e una mera esibizione del corpo (spogliarello e lap dance) è il rapporto diretto tra la donna e il cliente, tra domanda ed offerta per giocarla in termini economici. <<Per integrare un atto di prostituzione non è necessaria né una congiunzione carnale né un contatto fisico tra soggetto attivo e passivo della prestazione sessuale, ma sono sufficienti atti sessuali compiuti dietro pagamento di un corrispettivo e finalizzati, in via diretta ed immediata, a soddisfare la libidine di colui che ha chiesto o è destinatario della prestazione in forma esclusiva, ed ha inoltre la possibilità di interagire con chi la compie, in ciò cogliendosi la distinzione con il diverso reato di rappresentazione di spettacoli osceni>> (Cass. Pen. 3 giugno 2004, n. 36157, FI, 2006, 1 32).
Secondo parte della dottrina la Corte con le decisioni in commento verrebbe a violare il principio di tassatività della norma penale e farebbe riferimento al diritto vivente.
E' vero peraltro che la prostituzione non essendo in sé reato non trova disciplina nel codice penale, mentre è lo sfruttamento ad essere sanzionato. Secondo parte della dottrina sarebbe necessario che il legislatore desse una disciplina unitaria della prostituzione perché, in assenza di norme precise, l'interprete non avrebbe criteri certi di riferimento per riconoscere tutte le attività che favoriscono la prostituzione nelle ipotesti in cui non via sia un vero e proprio atto sessuale, perché la norma penale individuava in tale aspetto la vendita del proprio corpo.Tale critica misconosce la volontà del legislatore che nella riforma dei reati sessuali ha unificato alla voce violenza carnale qualsiasi atto contrario alla dignità della persona e diretto a coartarne la libera determinazione. Il bene tutelato dai reati sessuali (qualsiasi essi siano) è la dignità della donna (e dell'uomo) e la sua libera determinazione in tema di libertà sessuale.<<I giudici di legittimità sembrano supportare la propria impalcatura motivazionale attraverso una reinterpretazione teleologica dei reati di cui alla legge 58/1975. Difatti, il bene giuridico non è più identificato nella tutela della salute pubblica dalla diffusione di malattie veneree (ovviamente non contraibili telematicamente) ovvero nella (evanescente) moralità pubblica e buon costume (non intaccabili dalla dimensione privata del contesto informatico), ma è individuato - in via principale - nella protezione della dignità e libertà d’autodeterminazione della donna nel compimento d’atti sessuali, garantita attraverso il perseguimento dei terzi che da tale attività intendano ricavare, in qualsiasi modo, un vantaggio economico>>(Natalini, 2006). 

Il bene tutelato è la dignità della prostituta che può essere compromessa da atti che non s’identificano solo con l'atto sessuale. <<In effetti, l'aspetto che prima d’ogni altro lede la dignità della prostituta è quello per cui ella mette il proprio corpo alla mercé del cliente, disponendone secondo la volontà dello stesso. La legge Merlin nel sanzionare penalmente i comportamenti diretti all'induzione, favoreggiamento, sfruttamento della prostituzione e gli altri descritti nella norma, rende chiaro il disvalore sociale attribuito, secondo il comune sentire, ad atti che implichino l'uso strumentale della propria sessualità per riceverne un corrispettivo>> (Cass Pen. 21 marzo 2006, n. 15158, D&G, 2006, 23 84 nota Natalini).
Nel caso di specie, come già detto, il gestore di un locale notturno consentiva ai clienti di assistere ad uno spettacolo di “lap dance” e, dietro pagamento di un'ulteriore somma di denaro, dava la possibilità di appartarsi nel “privé” per ricevere prestazioni di natura sessuale da parte delle spogliarelliste, quali lo spogliarsi, il ballare nude, il toccarsi il corpo all'altezza del seno, dei fianchi, dei glutei e delle gambe, avvicinandosi a pochi centimetri dai clienti. 

Il giudice penale ritenendo che le condotte attuate dalle spogliarelliste e dai clienti concretizzavano un'ipotesi d’atti sessuali, ne ha dedotto l'illiceità penale del comportamento del gestore del locale quale istigazione alla prostituzione. <<Questo perché ciò che conta è solo l'esistenza di un atto "prezzolato" finalizzato a soddisfare la libido dell'utente; e alla libido - lo conferma anche la scienza non solo medica ma pure psicologica e antropologica - può giungersi nelle forme più svariate, a prescindere da un rapporto corpore corpori (basti pensare al voyeur, morbosamente attratto dalla semplice vista delle nudità o degli atti sessuali altrui). Dalla prostituzione reale a quella virtuale il passo è breve. In altri termini - volendo banalizzare il pensiero, ormai consolidato, della Cassazione - così come, nel mondo "reale", è pacifico che costituisca "prostituzione" l'esser pagati solo per assistere ad atti d’autoerotismo da parte del cliente esibizionista, ovvero per compierli su di sé anche senza alcun contatto fisico col cliente guardone, non si vede perché, passando al mondo del "virtuale", ciò dovrebbe degradare a mera "esibizione pornografica" non punibile (finché coinvolge soggetti maggiorenni).>> (Natalini, 2006). 

A ciò si aggiungano alcune considerazioni sulla natura del contratto concluso da cliente e gestore del locale notturno o del sito internet. Il contratto dovrebbe considerarsi nullo per nullità della causa contraria all'ordine pubblico contra legem. E si potrebbe che qualsiasi contratto che abbia per oggetto o causa una prestazione offensiva per la dignità della donna è contratto nullo ai sensi dell'art. 1343 c.c. e 1418 c.c. Già la Cassazione si è pronunciata in tal senso affermando che <<integra il reato di minaccia aggravata dall'uso delle armi (art. 612 comma 2 c.p.) e non quello d’estorsione aggravata (art. 629 comma 2 c.p.), la condotta di colui il quale, dopo aver avuto un rapporto sessuale con una prostituta, usi minaccia alla donna per impedirle di richiedere il pagamento della somma pattuita, atteso che quest'ultima non può mai formare oggetto di un credito esigibile ma solo di un’obbligazione naturale nascente da un contratto nullo, perché avente causa illecita>> (Cass. pen., sez. II, 17 gennaio 2001, n. 9348, Cass. pen. 2002, 604).
Tale impostazione può trovare cittadinanza anche nell'ipotesi di hot line, e questo perché <<l'elemento che caratterizza l'atto di prostituzione non è necessariamente costituito del contatto fisico tra i soggetti della prestazione, bensì dal fatto che un qualsiasi atto sessuale sia compiuto dietro pagamento di un corrispettivo e risulti finalizzato, in via diretta ed immediata, a soddisfare la libidine di colui che ha chiesto e che è destinatario della prestazione. Per l'esistenza delle condotte vietate dalla l. n. 75 del 1958, quindi, è irrilevante il fatto che chi si prostituisce e il fruitore della prestazione si trovino in luoghi diversi, allorché gli stessi risultino collegati, tramite internet, in videoconferenza, che consente all'utente di interagire con il minore, in modo da potergli chiedere il compimento d’atti sessuali determinati>> (Cass. Pen., sez. III, 22 aprile 2004, n. 25464 CP, 2004, 3577 nota Catullo),e ovviamente anche può <<comprendere o meno la condotta di intrattenitrici che attraverso una connessione Internet a valore aggiunto, ossia a valore superiore rispetto alle tradizionali connessioni di cui si dispone per navigare sulla Rete, interagiscono virtualmente tramite una webcam con utenti del collegamento, richiedenti esibizioni sessuali per soddisfare la propria libido. Più precisamente: attraverso il collegamento ad una connessione Internet, il cui maggior prezzo parzialmente ed in percentuale veniva corrisposto alle intrattenitrici virtuali, l'utilizzatore del servizio accedeva ad una «area denominata calda», riservata ai maggiori degli anni diciotto, in cui poteva vedere e comunicare con le donne citate al fine di «stimolare direttamente il compimento da parte loro di comportamenti osceni o di atti sessuali». (Catullo, 2004, 3581). 

La Corte ha dato interpretazione estremamente ampia della norma penale, tale da far sospettare un eccesso che violi il principio di certezza ma la prostituzione ha avuto nel tempo la stessa evoluzione del costume sessuale. <<Il fenomeno deviante e talora pericoloso per la società nel suo insieme della prostituzione, pur avendo profonde radici nella storia, è stato da sempre contraddistinto da un indubbio carattere dinamico, in quanto legato ai mutamenti nel costume sociale del modo di concepire la sessualità, avvenuti nel corso del tempo>> (Piccardi, 2003, 255). D’altra parte sempre il giudice di legittimità ha dichiarato <<manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 609 bis c.p., sollevata, in riferimento agli art. 3 e 25 cost., sul rilievo che, mancando una definizione puntuale degli "atti sessuali", resterebbe affidata all'arbitrio del giudice la distinzione fra gesti mossi da vera e propria concupiscenza e gesti invece connotati da sola affettuosità o compiuti per gioco, con la conseguente lesione "in primis" del principio di tassatività della norma penale e in definitiva del principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Infatti, la disciplina in materia di reati sessuali, come modificata a seguito della l. 15 febbraio 1996 n. 66, ha posto in primo piano la libertà della persona cui deve essere assicurato di potersi autodeterminare nell'ambito della propria sessualità e, in questa ottica, non può prospettarsi una questione di possibile confusione con gesti mossi da sola affettuosità ove risulti accertato che l'agente abbia consapevolmente rivolto la propria azione verso una zona del corpo umano da ritenersi erogena secondo la scienza medica, psicologica e antropologica e ciò abbia fatto contro la volontà del destinatario del gesto oppure in modo subitaneo e proditorio o infine in modo che non può essere comunque consentito data l'età dello stesso, incapace per tale ragione di esprimere un consenso consapevole. In definitiva, il destinatario della norma è in grado di avere una percezione sufficientemente chiara e immediata del suo valore precettivo e il giudice dal canto suo è in grado di apprezzare i fatti sottoposti alla sua cognizione con una operazione interpretativa non esorbitante dal suo compito ordinario: in ciò è la riprova che il legislatore ordinario ha ragionevolmente usato in questo caso del suo potere discrezionale senza violare il fondamentale principio della tassatività del precetto penale>> (Cassazione penale , sez. III, 16 maggio 2007, n. 35617, Guida al diritto 2007, 75). 

E ben evidente che l'evolversi dei costumi e delle tecnologie induce a riproporre il ragionamento sin qui seguito anche per le hot-line telefoniche e le conclusioni a cui perviene la Cassazione nella sentenza n. 25464/04 quando interpreta la locuzione «atto di prostituzione». <<Nelle linee telefoniche erotiche pubblicizzate sulle reti televisive private, si offre all'utente del servizio - dietro pagamento di un valore aggiunto per la connessione alla Hot-line identico a quello cui fa riferimento il giudice di legittimità nella sentenza in commento - la possibilità di interagire telefonicamente con un uomo o con una donna al fine di esserne sollecitato sessualmente in misura tale da soddisfare la propria libido. Anche in questo caso, come in quello oggetto di giudizio, chi offre la propria prestazione percepisce una mercede, per soddisfare la libidine di colui che l'ha richiesta o ne è destinatario. In entrambi i casi chi offre la performance sessuale e il suo fruitore, pur trovandosi in luoghi diversi, sono collegati tra loro in modo tale da poter comunicare e interagire al fine di consumare atti sessuali virtuali>> (Catullo, 2004, 3581).
Per concludere ai fine della legge penale è irrilevante che chi si prostituisce e il cliente si trovino in luoghi diversi ma rileva piuttosto che i due soggetti interagiscano tra loro allo scopo di ottenere, almeno per uno dei due, appagamento a desideri sessuali. 



Bibliografia

Catullo F.G.
2004 Sullo sfruttamento della prostituzione on-line. Cass. Pen.11, 3581

Natalini A.
2004 Quando la prostituzione è on line. L'affermazione del principio di legalità. Necessaria più che mai una definizione normativa D&G 25, 24
2006 Sesso a pagamento, reati anche in rete
D&G, 23, 82

Piccardi M.
2003 Sui rapporti tra il nuovo reato di iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600-quinquies c.p.) e il delitto di lenocinio, Cass. Pen. , 255




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