Cultura, società  -  Redazione P&D  -  26/11/2022

Giudici e psichiatri potevano fermare Giandavide De Pau. Ma non lo fecero

Da tempo aveva mostrato la sua indole violenta: nel 2006 venne arrestato per aver sequestrato e stuprato una prostituta brasiliana. Nel 2019 lo fecero patteggiare a un anno di reclusione per aver massacrato un barista. In mezzo tantissime altre storie

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Giandavide De Pau poteva essere fermato. Già da tempo il killer di Prati aveva mostrato la sua indole violenta. Lo sanno bene i carabinieri, che nel 2006 lo hanno arrestato per aver sequestrato e stuprato una prostituta brasiliana. Una violenza tremendamente simile a quelle accadute la scorsa settimana, quando il 51enne ha ucciso tre donne a pochi metri dal tribunale di Roma.

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Il lavoro dei pm e delle forze dell'ordine però si è scontrato con le norme, i cavilli e le perizie mediche che non hanno arginato la furia omicida. Non è la prima volta. Nel 2019 i giudici gli hanno permesso di patteggiare a un anno di reclusione una condanna per aver massacrato un barista dopo aver aggredito la figlia del boss Salvatore Nicitra. Questo nonostante gli incontri del 2013 con Massimo Carminati, la devozione al capomafia Michele Senese, i precedenti per violazione di domicilio, ricettazione, lesioni personali, violenza privata, minacce e resistenza a pubblico ufficiale. Inutili anche le accuse mosse nel 2020, quando è stato arrestato per aver gravitato intorno a una banda di narcos che si dilettava facendo estorsioni a mano armata, gambizzando le vittime e ripulendo il denaro. Il tutto con metodi mafiosi.

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Il soggiorno nell'ospedale psichiatrico di Montelupo Fiorentino, dove De Pau è stato ricoverato nel 2008 e nel 2011, è servito solo a permettere all'indagato di evitare il carcere. E anche le visite al dipartimento di salute mentale della Asl Roma 1 non hanno sortito l'effetto sperato. Nonostante la diagnosi di "disturbo di personalità borderline e disturbo di personalità antisociale correlati ad abuso di alcol e cocaina", dallo scorso aprile De Pau era un uomo libero.

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Libero di sfogare quella violenza già emersa in passato e adesso certificata dal resoconto dell'autopsia effettuato sui corpi delle vittime. Un esame che parla di una decina di coltellate inferte alla colombiana Martha Lucia Torres Castano, di una ventina di ferite riscontrate sul corpo di Xiuli Guo, uccisa durante un rapporto sessuale, e di un "numero spropositato" di fendenti inferti contro Li Yanrong, la più grande delle due ragazze orientali, intervenuta per difendere l'amica. Circa cinquanta coltellate raccontano "un'esagerata violenza".

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Una storia che riporta alla mente i fatti del 2006, quando venne prosciolto per un vizio di mente e finì in una struttura sanitaria. Le carte dei carabinieri, che lo avevano arrestato, parlano di una prostituta brasiliana che correva nuda e insanguinata per strada, ai Parioli, dopo che De Pau, fingendosi idraulico, era entrato in casa sua armato di coltello e due pistole, violentandola e costringendola a improvvisare una fuga lanciandosi dal balcone.

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"Sussiste il concreto pericolo di reiterazione del reati", aveva spiegato il giudice Guglielmo Muntoni sottolineando "la particolare violenza e capacità criminale dell'indagato". Il magistrato decise per il carcere. Dopo fu concessa una misura alternativa, come sempre.

 




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