Cultura, società  -  Redazione P&D  -  26/07/2021

Giovane disabile violentata per anni dagli autisti del bus

«Dai non fare la stupida, non è successo niente». Il tentativo di calmarla, la prima volta in cui avrebbe abusato di lei. Lui come gli altri, per quasi due anni, stando all'inchiesta per violenza sessuale aggravata che coinvolge 8 dipendenti dell'azienda di trasporto pubblico di Taranto. «Io insistevo nel voler scendere, terrorizzata e impaurita» racconta la ragazza, oggi ventenne, disabile psichica dalla nascita. Sempre la stessa modalità: parcheggiavano gli autobus in posti isolati, bloccavano le porte e consumavano le violenze. Palpeggiamenti, rapporti orali o completi. In qualche caso, anche video e foto che gli accusati si scambiavano tra loro. «Condotte violente e minacciose»: sistematiche, quotidiane. «Da quel momento non ho avuto più pace» ha detto ai carabinieri tornando con la mente alla prima sera. E poi una ricostruzione dei fatti successivi. Nomi, luoghi, circostanze e accuse precise nei confronti degli autisti che conosceva bene, in quanto spesso utilizzava i mezzi. La violenza completa arriva il secondo giorno. Ad approfittare di lei, stavolta, sarebbe stato un altro. «Mi sentii soffocare, non riuscii neanche a gridare». Il rapporto sessuale sull'autobus, vicino all'ex Ilva. Di sera, in un luogo isolato. Episodi ripetuti nel tempo tra ottobre 2018 e aprile 2020. Presunti autori conducenti dell'Amat che hanno tra i 40 e i 62 anni. Per loro la procura aveva chiesto gli arresti domiciliari. Misura respinta dal gip che ha imposto il divieto di avvicinamento alla ragazza, alla mamma e al fidanzato. Stando a quanto raccontato, le violenze si sono interrotte quando ha comunicato ai suoi aguzzini di aver iniziato una relazione. È stato proprio l'attuale ragazzo a convincerla a denunciare. Il 19 giugno dell'anno scorso la scelta di recarsi in caserma e, nelle ultime ore, gli sviluppi dell'inchiesta. Per i giudici, la disabilità della vittima «è evidente e si desume dal suo aspetto fisico e dalla qualità dei ragionamenti». La giovane abita con i nonni in un Comune della provincia di Taranto e i mezzi erano necessari per raggiungere la città. Gli autisti la conoscevano. In un'intercettazione, uno degli indagati dice all'altro: «A me è passato un anno e mezzo da quando mi ha fatto la pugnetta». Poi, il timore di essere ascoltati: «Noi per telefono non stiamo parlando, caso mai stiamo pure sotto... hai capito? Sono cose serie qua, quella menomata». Per il pm, la violenza sessuale ha la duplice aggravante di esser stata esercitata su una persona sottoposta a limitazioni della libertà personale, in quanto tutto accadeva sui pullman a porte chiuse, e di aver commesso il fatto in qualità di incaricati di pubblico servizio. Nelle 114 pagine dell'ordinanza, messaggi, intercettazioni telefoniche e numerose dichiarazioni della ragazza, ascoltata anche da due psicologhe. La sua fragilità, scrive il giudice, «era ben nota agli indagati». L'azienda Amat parla di «gravissime condotte», dicendosi pronta a prendere tutti i provvedimenti necessari alla propria tutela. «I fatti rappresentati - scrivono in un comunicato - lasciano sgomenti, aggravati dal fatto che sarebbero stati posti in essere durante il servizio pubblico che, invece, è esercitato dai tanti dipendenti con massimo impegno e serietà». Le violenze sarebbero state consumate in luoghi isolati, anche al capolinea del porto mercantile, sotto un cavalcavia. Uno degli accusati l'avrebbe violentata in auto, dopo essersi offerto di accompagnarla per una passeggiata. Da alcuni indagati, in fase di interrogatorio, il tentativo di far passare la denuncia come la volontà della ventenne di estorcere loro del denaro. Ma il gip è chiaro: «Le accuse mosse non sono il frutto di una macchinazione o di un disegno calunnioso a scopo di lucro». E dalle carte spunta anche un episodio di qualche anno fa. Aveva 14 anni. Fu vittima di violenza sessuale da parte di un vicino di casa, poi condannato in via definitiva.




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