Frequenti, negli ultimi anni, i rilievi circa la crescita delle persone bisognose, che giorno per giorno si registra, a livello di territorio; e sul collasso cui rischiano di andare incontro i servizi giudiziali e socio-sanitari, preposti a coprire quelle necessità.
In pochi altri campi del diritto si segnalano, in effetti, contrasti così acuti fra teoria e pratica.
Da un lato convenzioni internazionali, legislazione nazionale e regionale; con grandi affermazioni di principio, proliferare di vessilli e declamazioni - circa i diritti dei soggetti fragili, gli obblighi dello Stato e delle pubbliche istituzioni.
Dall’altro segnalazioni del welfare in affanno, impegni pubblici rinviati o disattesi: quando emerga, in particolare, dei giudici che scarseggiano, dei cancellieri che non vengono rimpiazzati, dei decreti troppo spesso impersonali, standardizzati, degli amministratori di buon cuore che latitano.
O quando si sappia – qualcuno aggiunge - dell’assistenza domiciliare che verrà sospesa, dal mese prossimo, del day hospital che sta per chiudere, salvo miracoli; degli sportelli che non apriranno subito, del consultorio che accorcerà gli orari, del corso di formazione non più finanziabile.
In nessun campo come in quella della fragilità è così forte - si prosegue - il pericolo che situazioni di relativo splendore possano, da un giorno all'altro, cominciare a perdere colpi, a entrare in crisi: con uffici man mano anchilosati da tensioni interne, sempre meno incisivi negli interventi, frustrati in qualche fantasia di riassetto, ridotti a gusci sostanzialmente vuoti.
Oggi che in Italia l’amministrazione di sostegno tocca la soglia dei trecentomila procedimenti aperti, a fronte di clienti stimati nell’ordine di alcuni milioni, potenzialmente, indicazioni del genere appaiono - occorre dire - sempre meno fantasiose.