-  Redazione P&D  -  17/08/2016

Figli di genitori benestanti in stato di abbandono morale ma non tutelati - Franco Longo

Abbandono morale e mancata tutela di figli di genitori benestanti

Franco Longo

Avvocato familiarista in Genova, cultore della materia presso la Facoltà di Giurisprudenza di Genova, dipartimento di diritto privato.

Premessa

Lo spunto di questo articolo mi è stato offerto da una intervista fatta un paio di anni fa su Rai tre a Cristiano De André, figlio del monumentale Fabrizio. A un certo punto si parlava degli anni 70/80 del secolo scorso e Cristiano ha voluto ricordare i centinaia e anche migliaia di giovani minorenni e maggiorenni morti a causa dell"uso di eroina. Si riferiva alla città di Genova, ma chiaramente è stata una strage che ha riguardato tutto il paese. Cristiano ha avuto e ha i suoi problemi, non è facile essere figli di una personalità, un uomo e un artista come Fabrizio De André, ma quest"ultimo alla fine di un meraviglioso concerto tenutosi a Roma a metà degli anni novanta, chiacchierando con Vincenzo Mollica della Rai, affermò con un tono molto affettuoso che "Cristiano ha tutti i crismi del musicista". In quel concerto, anzi in quel tour, Cristiano faceva parte della band e durante i concerti accompagnava i capolavori del padre suonando il violino, la chitarra, il flauto e altri strumenti: bravissimo e sensibile.

Le dichiarazioni di Cristiano riguardo le giovani vittime della droga, mi hanno riportato la mente a un commento a una sentenza della Corte di Cassazione del 1999 che pubblicai e che si era occupata del presupposto dello "stato di abbandono morale e materiale", previsto dall"art. 8 legge n. 184 del 1983 affinché potesse procedersi alla adozione legittimante di minori.

Anche se non costituiva l"oggetto specifico della vicenda, in quella pubblicazione mi domandai intanto se per potersi avviare la procedura di adozione fossero necessari contestualmente l"assenza di assistenza sia morale che materiale o se, invece, fosse sufficiente la sussistenza di una delle due, e poi mi chiesi e constatai che l"adozione di minori era per lo più una vicenda che si realizzava tra i poveri e non nell"ambito di famiglie benestanti (così sosteneva anche, in dottrina, M. Dogliotti). E io pensavo: meglio un figlio benvoluto da una famiglia povera che un figlio trascurato o non particolarmente amato da una famiglia ricca, anche ricchissima.

La giurisprudenza sui concetti di assistenza morale e materiale ex art. 8 legge 4 maggio 1983, n. 184 e successive modifiche e integrazioni.

Di minori abbandonati in realtà si parlava già nella legge Dal Canton del 1967, ma anche molto tempo prima, ad esempio nella legge 17 luglio 1890, n. 6972.

In ogni caso, soffermandoci sulla nozione di privazione di assistenza morale e materiale (non dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio, ad esempio, una malattia del genitore) di cui all"art. 8 della legge 184/1983, vi è stata una certa difficoltà a delinearne una definizione. Inizialmente, la giurisprudenza (ad esempio, Trib. Min. Venezia 5 luglio 1971, in Giur. It., 1972, I, 3, c.2011), aveva affermato che doveva trattarsi di assenza di tutte le cure dirette e personali dei genitori, ciò che farebbe dei minori veri e propri orfani di genitori viventi. Si trattava di una definizione eccessivamente rigida e assoluta, essendo difficile o, comunque si tratterebbe di ipotesi rarissime, che un figlio minore venga privato di qualsiasi attenzione e cura. La portata applicativa della norma, se si considerasse valida tale definizione, risulterebbe drasticamente ridotta. Successivamente, sia in giurisprudenza che in dottrina, si è ricercata una definizione meno rigida e si è giunti a affermare che occorre fare riferimento al caso concreto, a "quel" minore, potendo due minori, ad esempio, di fronte alla medesima situazione, reagire diversamente, rilevando anche dati genetici, naturali, a prescindere dall"ambiente familiare (ad esempio un minore potrebbe frequentare regolarmente e con profitto la scuola, nonostante il totale disinteresse dei genitori). Quello che conta è valutare il contesto concreto e verificare che esso non pregiudichi in modo irreversibile lo sviluppo e la crescita quanto più possibile armoniosa del minore (in dottrina, in questo senso, Sacchetti, A. e. M. Finocchiaro e Moro).

Occorre evidenziare che la adozione legittimante del minore è la più grave conseguenza per un genitore e in tale materia dell"adozione occorre fare riferimento esclusivo all"interesse nel minore. Gravi, ma non come quella dell"adozione, sono le sanzioni previste dagli artt. 330 e 333 cc, laddove si valuta, in particolare, la condotta del o dei genitori.

Tornando alla definizione di mancanza di assistenza morale e materiale, la casistica offre molti spunti, evidenziando, in particolare, la distinzione tra atti commissivi e atti omissivi.

Tra i primi vengono in rilievo comportamenti violenti, dal punto di vista fisico ma anche psicologico, aggressioni verbali, polemiche e rimproveri inutili atti a compromettere la fiducia in sé stessi e la sua equilibrata maturazione; anche obbligare il minore a lavorare o a effettuare accattonaggio invece che studiare rappresenta una forma di inadeguatezza genitoriale e un pregiudizio per il minore irreversibile, ovvero diventare adulto senza aver potuto comprendere e scegliere cosa è meglio per sé per il suo futuro, per la sua realizzazione. Tali condotte meriterebbero il risarcimento del danno non patrimoniale, e la voce esistenziale si attaglierebbe molto bene.

Riguardo le condotte omissive rilevano trascuratezza, malnutrizione, incapacità di individuare patologie, problemi, mancanza di capacità nell"impegnare il minore nell"attività scolastica.

Si può anche fare riferimento all"art. 30 Costituzione e all" art. 147 cc e, quindi, al dovere di educare, mantenere e istruire i figli, tenendo anche conto delle proprie inclinazioni

In ogni caso, alla luce della modifica della materia con legge n. 154/2001, è stato rimarcato il diritto del minore a crescere nella famiglia di origine, prevedendo forme di sostegno e aiuti, salvo situazioni in cui ciò non è possibile, a causa di situazioni di indigenza economica associate a mancanza di attitudine genitoriale tale da cristallizzare il minore in una situazione di mancanza di guida e assistenza e così da pregiudicarne la crescita e indirizzarlo in un tunnel privo di luce.

La responsabilità degli enti e dei servizi sociali nella omessa assistenza a figli di genitori benestanti.

Ritornando al punto di partenza, e anche tenendo conto della breve rassegna di cui al precedente paragrafo, la adozione dei minori, statisticamente, si realizza quasi esclusivamente se non esclusivamente nell"ambito dei ceti poveri o di famiglie emarginate.

Non vengono affrontate situazioni in cui un minore pur vivendo in un contesto di benessere materiale, cresca con gravi "guasti" della personalità.

Si può pensare a tante situazioni, alcune rapportate ai costumi, agli stili di vita, alla tecnologia oggi sussistenti. All"assenza della mamma, perché lavora (e guadagna) molto. Alla freddezza dei genitori che magari iscrivono a scuole di altissimo livello i figli, ma sono totalmente assenti dal punto di vista umano, morale. Sono situazioni evidentemente diffuse. E sarebbe ora che i servizi sociali indagassero anche in questi ambiti, con tutti gli esperti della infanzia e della psicologia infantile e adolescenziale, ben remunerati dai comuni o province che siano, che operano, verifichino lo stato di serenità, di assistenza, di calore del minore. Il quale può avere tutto sul piano materiale, ma solitudine e vuoto interiore che lo compromettono per il resto della vita. E tornando davvero da dove sono partito, una ampia fascia di giovani uccisi dalla eroina facevano parte di famiglie benestanti e ricche, molti da me conosciuti nella parrocchia, sul campo di calcio o in giro. Gli si leggeva la tristezza negli occhi. Gli splendidi (o maledetti) anni ottanta. E allora grazie a Cristiano De Andrè ad avercelo ricordato e permettetemi un saluto a due miei amici troppo giovani scomparsi, Antonio e Davide.

 

 

 

 

 

 

 

 




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