Diritto, procedura, esecuzione penale  -  Redazione P&D  -  25/08/2022

Femminicidi, il magistrato Roia: "La strage si ferma solo con più agenti e PM specializzati"

Dopo l'ultimo assassinio a Bologna, il presidente vicario del Tribunale di Milano propone: "Aumentiamo le forze in campo e le loro competenze per intervenire con celerità in caso di esposti da parte delle possibili vittime". E poi l'allarme: "Tutte le donne che dicono no a un uomo violento oggi rischiano la vita"

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“Tutte le donne che dicono no a un uomo violento oggi sono a rischio”. Non ha dubbi Fabio Roia, presidente vicario del Tribunale di Milano, che chiede “più magistrati e agenti esperti che lavorino a tempo pieno sui femminicidi”.

COSA PROVA LEGGENDO L’ULTIMO CASO DI BOLOGNA?

“O ci rassegniamo, o facciamo una vera rivoluzione culturale che spezzi davvero il senso di possesso che l’uomo continua a manifestare verso la donna”.

SOPRATTUTTO QUELLE CHE ABBANDONANO I MASCHI.

“Assolutamente. È proprio in questa fase che si manifesta questa subcultura proprietaria dell’uomo che non accetta di perdere la sua donna come se fosse un oggetto di sua proprietà”.

SUCCEDE QUANDO UNA DONNA DICE “BASTA”.

“Oggi mi sento di dire, anche in maniera volutamente allarmistica, che tutte le donne che decidono unilateralmente di rompere una relazione con un uomo che ha manifestato o manifesta violenza, possono essere in situazioni di pericolo”.

È PROPRIO QUESTO IL PUNTO DOLENTE. PERCHÉ, IN QUESTO CASO, LA VITTIMA HA DENUNCIATO PER STALKING QUELL’UOMO, MA LA GIUSTIZIA NON SI È MOSSA.

“Spetterà ai magistrati competenti ricostruire i fatti. Ma una cosa è certa. Di fronte a molte denunce occorre creare competenze in tutto il sistema per valutare la reale gravità dell’accaduto, e quindi agire subito. Questa si chiama adeguata valutazione del rischio”.

NON HA L’IMPRESSIONE CHE ANCORA TROPPO SPESSO LE DENUNCE DELLE DONNE VENGANO SOTTOVALUTATE E SI PRENDANO MISURE CON COLPEVOLE RITARDO?

“Purtroppo c’è un problema, che a volte ritorna, di pregiudizio. Ma la vera scommessa è applicare subito una misura che si riveli adeguata “prima” della consumazione del femminicidio. O mettiamo tutti gli uomini violenti in carcere o puntiamo - e io lo credo fermamente - su competenze, specialità e risorse”.

MA NEL FRATTEMPO CHE SUCCEDE?

“Procure e tribunali si stanno specializzando. Cito il caso di Milano dove i magistrati della procura, nei reati contro le donne, chiedono ed ottengono il numero massimo di misure cautelari e dove il tribunale sta portando da 12 a 18 giudici la task force contro questi reati per ridurre i tempi dei processi”.

INTANTO MORIRANNO BEN PIÙ DELLE 211 DONNE CHE ELENCA LA COMMISSIONE SUI FEMMINICIDI...

“In quell’indagine abbiamo verificato che solo il 15% delle donne uccise aveva denunciato. Il problema è valutare il rischio che la donna corre. Ci sono indicatori precisi adottati anche dal piano nazionale antiviolenza e dalle forze di polizia che devono verificare se c’è un escalation, se l’uomo ha minacciato di usare armi, e la donna è stata magari afferrata per la gola. È una valutazione del rischio che comporta competenza, specialità, e come dicevo, anche risorse”.

DI CHE RISORSE PARLA?

“Ci vogliono più operatori di polizia giudiziaria e più magistrati che si occupino in via esclusiva di questa materia. Oggi, per via dei vuoti di organico, tutto ciò è sempre più difficile, ma questa non dev’esssere una scusante perché il femminicidio è un evento che può e deve essere evitato”.

SENTA, LE LEGGI CI SONO, E PENSO AL CODICE ROSSO DI BONAFEDE, NONCHÉ ALLE NORME PROMESSE DA CARTABIA…

“Un attimo, proprio quelle norme volute non solo da Cartabia ma anche dalle ministre Lamorgese e Bonetti sono state bloccate dalla fine della legislatura. Se oggi un uomo violento viola il divieto di avvicinamento alla donna viene arrestato, ma poi viene rimesso subito in libertà perché non gli si può applicare nessuna misura. E questo è un evidente buco nella tutela penale che proprio la nuova legge avrebbe risolto”.

IN PRESENZA DI UN UOMO CHIARAMENTE VIOLENTO LO STATO ALZA LE MANI E LO LASCIA LIBERO DI UCCIDERE? MA CHE DIRITTO È MAI QUESTO?

“Non è così. Torniamo alla valutazione del rischio. Se io prevedo, in maniera onestamente non facile, che quell’uomo possa sviluppare una violenza estrema, devo applicare la misura massima, e cioè il carcere”.

NELLA CASISTICA DEL RISCHIO DOVE SI FERMA L’ASTICELLA DELLA VIOLENZA CHE PORTA ALL’ASSASSINIO?

“C’è una difficoltà ulteriore perché ogni caso ha una sua specificità, e quindi non si può subito individuare uno stereotipo di femminicida. Non è detto che chi non ha precedenti penali sia meno pericoloso di un pregiudicato magari per reati contro il patrimonio”.

A LEGGERE LE CRONACHE L’IMPRESSIONE È CHE ANCORA OGGI LE DENUNCE DELLE DONNE SIANO SOTTOVALUTATE A VANTAGGIO DEL MASCHIO.

“Comprendo la percezione, ma le cose stanno gradualmente migliorando. Non così in fretta come tutti noi vorremmo. Per questo ho parlato di rivoluzione culturale”.

E QUANTE DONNE DOVRANNO ANCORA MORIRE PRIMA CHE UN MAGISTRATO CORRA IL RISCHIO DI METTERE IN CARCERE UN VIOLENTO PER SALVARE UNA DONNA?

“Glielo ripeto, purtroppo non è così semplice. Servono competenza e specializzazione. Dobbiamo indagare su un profilo comportamentale le cui caratteristiche non ci vengono insegnate nelle lezioni di diritto. La vera specializzazione consiste nell’ascoltare criminologi e psicologi forensi che ci possano orientare nel valutare il rischio di un nuovo femminicidio”.

SE ALLE PROSSIME ELEZIONI VINCE IL CENTRODESTRA PALADINO DEL GARANTISMO SARÀ PIÙ DIFFICILE SALVARE LA VITA DELLE DONNE?

“Sono temi che esprimono l’indice di civiltà giuridica di un Paese. Sono certo che qualsiasi classe politica sarà in grado di tutelare le donne, i soggetti fragili e le loro relazioni”.




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