Amministrazione di sostegno  -  Redazione P&D  -  27/11/2022

Famiglia e amministrazione di sostegno - Massimo Zanoni

La famiglia ha un ruolo centrale nell’amministrazione di sostegno: lo afferma espressamente la legge, attribuendo alla famiglia un ruolo di impulso per la nomina dell’ads, prevedendo inoltre che il ruolo di ads venga ricoperto preferibilmente da un famigliare.

La reale applicazione dell’istituto conferma ampiamente queste previsioni: i dati ci dicono infatti che i famigliari sono ricorrenti nel 72% dei casi, un famigliare viene nominato ads nel 62% dei casi (fonte: progetto Trentino per L’ads, rilevazione dati 2019).

La nomina di ads in capo ad un famigliare non attribuisce a quest’ultimo un potere particolare rispetto agli altri famigliari, il figlio ads non acquisisce il diritto a prendere decisioni autonome, svincolate dalla volontà del padre beneficiario e senza confrontarsi con i fratelli: al contrario, il ruolo di ads attribuisce al famigliare una responsabilità ancora maggiore di ascolto dei bisogni del padre e di valorizzazione del ruolo degli altri famigliari. In altri termini, il buon famigliare ads riduce al minimo l’intervento ed  aumenta il più possibile l’ascolto e l’intersezione con tutte le persone significative per il beneficiario.

Talvolta mancano però i presupposti per la creazione di un equilibrio virtuoso: le cause sono molte ed hanno a che fare spesso con fragilità soggettive, con la presenza di conflitti in famiglia (palesi o  latenti), o anche solo con la fatica richiesta per costruire confronto, sperimentazione, mettere in conto fallimenti, ripartenze …

In questi casi è spesso la famiglia stessa ad invocare la nomina di un ads esterno, quasi che questa nomina potesse superare come per incanto le criticità esistenti. Così ovviamente non è e le fragilità sono destinate ad emergere, nei modi e tempi più diversi, facendo scatenare facilmente  vecchi conflitti e nuove contraddizioni: accuse di fare troppo o troppo poco, di togliere libertà o di lasciarne troppa, nelle autonomie personali così come nella gestione del denaro. 

Di tutto questo il beneficiario non ha certo bisogno: egli al contrario chiede di avere attorno a se persone che siano in condizione di poter dare, in libertà e insieme ad altri, il proprio apporto per il benessere della persona fragile. Per questo servono famigliari capaci di accettare l’intervento esterno; ads volontari formati e supportati; oltre a giudici tutelari attenti a cogliere le esigenze delle singole situazioni.

Non c’è necessità di cercare nuove vie rispetto alla Legge 6/2004, men che meno possono tornare utili soluzioni semplificatrici o privatistiche: le risorse vanno piuttosto indirizzate verso la valorizzazione ed  il rafforzamento del lavoro di rete che dal 2004 è stato avviato nelle singole Regioni e che ha già raggiunto livelli e qualità di tutto rispetto. La strada è quella di un convinto e unitario supporto all’amministrazione di sostegno.

Massimo Zanoni 

Diritti in movimento - Trento  




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