Deboli, svantaggiati  -  Alceste Santuari  -  07/09/2022

Enti del terzo settore: i contributi per l’acquisto di ambulanze tra concorrenza e sussidiarietà– Cons. St. 7678/2022

Una ONLUS, oggi “trasformata” in ETS, che opera nel campo dell’assistenza socio – sanitaria, del soccorso e dell’emergenza, della protezione civile, della tutela della dignità e dei diritti etici della persona, attività che ricomprendono altresì il servizio di utilità sociale di soccorso con autoambulanze, proponeva ricorso al TAR per il Lazio contro il decreto 16 novembre 2017 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, recante “Modalità per l’attuazione del contributo per l’acquisto di autoambulanze, autoveicoli per attività sanitarie e beni strumentali da parte di organizzazioni di volontariato” e contro le relative “Linee guida”. L’impugnativa era causata dall’esclusione della medesima, al pari degli altri enti del Terzo settore non aventi la struttura tipica delle organizzazioni di volontariato, dalle provvidenze economiche per l’acquisto di autoambulanze e di altri beni strumentali da adibire all’attività di utilità sociale.

I giudici amministrativi hanno solo parzialmente accolto il ricorso, confermando tuttavia la legittimità dei provvedimenti ministeriali che restringono la platea degli aventi diritto al beneficio includendovi le sole organizzazioni di volontariato (cfr. Tar del Lazio (sezione III), sentenza n. 07114/2019).

L’ETS ricorrente ha appellato la sentenza di primo grado nella parte in cui ha respinto il ricorso, riproponendo le sole censure relative alla contestata legittimità costituzionale e comunitaria della norma legislativa che riserva il beneficio economico in questione alle sole organizzazioni di volontariato, senza considerare le ONLUS operanti nello stesso settore.

Nello specifico, l’ente non profit ricorrente, benché abbia riconosciuto che il dettato letterale della disposizione di cui all’art. 76 del Codice del Terzo settore non lasci spazio ad interpretazioni alternative, ha evidenziato “come la norma legislativa si ponga in contrasto con svariati articoli della Costituzione, determinando una irragionevole differenza di trattamento fra situazioni sostanziali identiche.”

Al riguardo, si ricorda che il Consiglio di Stato, sez. III, con ordinanza del 9 novembre 2020, n. 6908, aveva rimesso alla Corte costituzionale lo scrutinio dell’art. 76 in parola, ritenendo le doglianze della fondazione ricorrente rilevanti e non manifestamente infondate.

La Corte, con la sentenza 15 marzo 2022, n. 72, ha respinto le questioni di legittimità costituzionale, tra l’altro, ribadendo che ciò che rileva nel caso in oggetto è “una giustificata connessione tra la specifica condizione che caratterizza tali soggetti e la ratio della misura di sostegno” (punto 9 in diritto).

Ciononostante, l’appellante continua a nutrire dubbi in ordine alla “questione di compatibilità dell’art. 76 comma 1, del d.lgs. n. 117/2017, con gli artt. 101 e 107 del T.F.U.E.” Nello specifico, il vantaggio riconosciuto dall’art. 76 alle sole organizzazioni di volontariato si porrebbe “in netto contrasto sia con il generale principio di concorrenza di cui all’art. 41 della nostra Costituzione (quale principio implicito poiché presupposto e ricompreso nel principio di libertà d’impresa), sia, per quel che ora più interessa, con l’art. 101 del T.F.U.E. (ex art. 81 del T.C.E.), il quale al comma 1, come è noto, dispone che “sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno”. Analoga violazione si potrebbe scorgere nei confronti del generale principio del divieto di aiuti di Stato, e quindi del disposto di cui all’art. 107 del T.F.U.E. (ex 5 art. 87 del T.C.E.).

La Sezione, riprendendo quanto già ribadito nella sentenza della Corte costituzionale n. 72 citata, evidenzia che, de jure condendo, è possibile ipotizzare da parte del legislatore una “differenziazione fra le attività di volontariato e quelle economiche pur svolte da enti del III settore o da cooperative (figura societaria munita, al contrario dei primi, di espressa tutela ai sensi dell’articolo 45 della Costituzione) e fra le associazioni di volontariato e gli altri enti del III settore (oggi basata su un criterio di mera prevalenza).

In conclusione, il Consiglio di Stato, conferma che “a normativa vigente, peraltro, l’appello deve essere respinto, e neppure appare possibile, così come proposto dall’appellante, sottoporre una nuova questione di legittimità costituzionale che, alla luce della predetta decisione, si rivelerebbe manifestamente infondata, in quanto la tutela della libertà di iniziativa economica in condizioni di piena concorrenza di cui all’art. 41 della Costituzione presuppone, per l’appunto, una “iniziativa economica”, ovvero lo svolgimento di un’attività economicamente sostenibile ed almeno astrattamente remunerativa, all’interno di un mercato dei beni e dei servizi necessariamente aperto alla possibilità di concorrenza fra i diversi operatori, presenti e futuri.”

A giudizio di chi scrive, comunque, meritano particolare attenzione le osservazioni che la Sezione svolge in materia di “aiuti di Stato”, così come segnalato nel ricorso e nell’appello.

Confermando che sia il diritto eurounitario sia quello nazionale sono orientati a sfavorire le indebite restrizioni di mercato e i regimi di aiuti alle imprese, il Consiglio di Stato afferma che in ragione del principio di sussidiarietà, nella cui cornice il caso in esame deve essere interpretato, permette di superare il concetto stesso di “aiuto di Stato. In questa prospettiva, infatti, la Sezione colloca la previsione di cui all’art. 76 del Codice del Terzo settore nella “possibilità. ed anzi doverosità di interventi pubblici, anche economici, volti a garantire “i diritti inviolabili dell’uomo” ed a favorire “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà” (art. 2 Cost.), a partire dalla salute, che a norma dell’art. 32 deve essere tutelata dalla Repubblica “come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.

Avuto riguardo questo fondamento “pubblico”, la previsione di finanziamenti dedicati soltanto a favore di taluni soggetti giuridici del terzo settore è legittimato e giustificato e, pertanto, non può considerarsi in contrasto “con i principi eurounitari di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi, ponendo “ostacoli equivalenti” alla libera competizione in condizioni di parità alle imprese comunitarie (ivi incluse quelle italiane) operanti nei medesimi settori ed ugualmente fondate sull’organizzazione economica dei fattori produttivi (secondo le previsioni dello stesso codice civile italiano) ma non iscritte alle liste nazionali dei soggetti facenti parte del Terzo settore.”

La non contrarietà con i principi del diritto eurounitario in materia di concorrenza trova il proprio fondamento nel fatto che l’art. 76 non discrimina tra operatori economici (soltanto alcuni di essi) “bensì in favore di soggetti operanti al di fuori di un quadro di sostenibilità economica mediante il ricorso allo strumento del volontariato, al fine di fornire un servizio sanitario integrativo e di supporto, ma non competitivo, rispetto a quello esercitato imprenditorialmente secondo regole conformi al diritto eurounitario, discendendone la non rilevanza, ai fini della decisione del giudizio a quo, della questione di compatibilità comunitaria sollevata dall’appellante.”

La sentenza de qua, in definitiva, conferma, da un lato, la bontà dell’impianto normativo del Codice del Terzo settore, ancorché ribadisca una necessità futura di addivenire ad alcuni aggiustamenti e, dall’altro, ha il pregio di fare chiarezza intorno ad un tema, tanto contestato quanto abusato, segnatamente, quello della concorrenza, che non può essere applicata sempre e comunque.




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