-  Mazzon Riccardo  -  30/06/2014

EDIFICI A CONFINE CON PIAZZE O PUBBLICHE VIE: TUTELA GIURISDIZIONALE E ONERE DELLA PROVA - RM

Nel caso di contenzioso giurisprudenziale, ci si chiede chi debba provare la natura, privata o pubblica, dell"area con la quale confina l"edificio.

Secondo la giurisprudenza,

"in base al principio generale stabilito dall'art. 2697 c.c., colui che domanda la riduzione in pristino di una costruzione eseguita in violazione delle norme sulle distanze poste dal codice civile o da esse richiamate ha l'onere - in relazione al disposto del comma 2 dell'art. 879 c.c. (che esclude l'applicabilità delle norme sulle distanze nel caso di costruzioni in confine con piazze o vie pubbliche) - di provare la natura privata dell'area con la quale confina la costruzione predetta" Cass. 23.5.88 n. 3567, GCM, 1988, fasc. 5,

specie nel caso di presunzione di demanialità - cfr., amplius, il volume "I rapporti di vicinato e le distanze legali: tutela e risarcimento" - Riccardo Mazzon - CEDAM 2013, in Collana SapereDiritto -:

"l'art. 22 l. 20 marzo 1865 n. 2248 all. F), ove stabilisce che fanno parte delle strade comunali gli spazi ad esse adiacenti ed aperti sul suolo pubblico, restando ferme le consuetudini, le convenzioni esistenti ed i diritti acquisiti, pone una presunzione relativa di demanialità di dette porzioni. Pertanto, in una controversia inerente a rapporti di vicinato, spetta alla parte, che ha interesse a dimostrare il carattere privato di quegli spazi (nella specie, al fine dell'applicazione delle norme sulle distanze legali) di fornire la prova contraria all'indicata presunzione" Cass. 15.7.80 n. 4588, GCM, 1980, fasc. 7.

Si veda però, in termini parzialmente difformi, la seguente pronuncia:

"il vicino che eccepisca la natura pubblica della porzione di terreno che separa il suo fabbricato, su cui ha aperto vedute a distanza inferiore a quella legale, da quello antistante, acquistato da altri con il medesimo titolo unitamente a tale porzione, ha l'onere di provare tale natura demaniale, e a tal fine le risultanze catastali concernenti la particella in contestazione hanno valore meramente indiziario, ancorché risalenti al tempo dell'istituzione del catasto, perché prive di efficacia negoziale, mentre le note di conferma del comune al riguardo hanno carattere unilaterale" Cass. 3.7.99 n. 6885, GCM, 1999, 1554.

Ulteriore problematica nascente dal disposto contenuto dal secondo comma dell"articolo 879 del codice civile riguarda la tipologia di tutela alla quale ha diritto il proprietario frontista, nel caso di violazione delle leggi e dei regolamenti da tale norma richiamati: ha, cioè, diritto anche alla riduzione in pristino, o solo al risarcimento del danno?

"le disposizioni di legge e regolamentari tra le quali, fra l'altro, il codice della strada ed il relativo regolamento di esecuzione, cui rinvia l'art. 879, comma 2, c.c. per il caso delle costruzioni «in confine con le piazze e le vie pubbliche», non sono dirette alla regolamentazione dei rapporti di vicinato ed alla tutela della proprietà, ma alla protezione di interessi pubblici, con particolare riferimento alla sicurezza della circolazione stradale; pertanto, ove l'Amministrazione pubblica a tutela del bene demaniale abbia esperito i rimedi ordinari a tutela della proprietà, è da ritenersi insussistente un diritto soggettivo suscettibile di dar luogo a tutela ripristinatoria" Cassazione civile, sez. I, 27/02/2008, n. 5204 Prov. Messina c. Utano Giust. civ. Mass. 2008, 2, 311 - Arch. giur. circol. e sinistri 2008, 9, 752 – conforme, esplicitamente dichiarando che il proprietario frontista, che ha subito una lesione dalla costruzione realizzata sul confine con le piazze e le vie pubbliche, in violazione dei regolamenti sulle distanze o le altezze, ha diritto soltanto al risarcimento del danno e non alla riduzione in pristino: Trib. Cagliari 27.3.85, RGSarda, 1986, I, 467.

L"orientamento è per la seconda,

" l'art. 8 n. 4 del regolamento edilizio del comune di Capo d'Orlando, limitandosi a stabilire una distanza tra edifici fronteggiantisi maggiore di quella prevista dall'art. 873 c.c. (cinque metri anziché tre) ed essendo perciò diretto ad evitare la formazione di intercapedini anguste, rientra tra le norme relative alle distanze delle quali l'art. 879, comma 2 c.c. dispone espressamente l'inapplicabilità in presenza di una strada pubblica intermedia, ma non tra le norme che a termini della seconda parte dell'art. 879, comma 2, prescrivono per le costruzioni a confine con le vie pubbliche, una determinata distanza dal ciglio di queste o un'altezza massima in rapporto alla larghezza delle stesse, e la cui inosservanza fa sorgere in capo al proprietario della costruzione sita sul lato opposto della strada il diritto al risarcimento del danno" (Cass. 20.12.83 n. 7520, GCM, 1983, fasc. 11),

tutelando, le leggi e i regolamenti cui il secondo comma dell"articolo 879 rinvia, interessi di ordine generale;

"la costruzione di un manufatto eseguita a confine con una via pubblica non è soggetta ad osservare le norme previste dal codice civile in materia di distanze fra fondi finitimi, nè quelle dei regolamenti locali integrative delle prime, ma le leggi ed i regolamenti, che disciplinano i rapporti tra il proprietario frontista e l'ente cui appartiene la strada, ai quali rinvia l'art. 879, comma 2, c.c. Consegue che, in caso di accertata violazione di queste che tendono a tutelare principalmente interessi d'ordine generale, il privato proprietario dell'immobile antistante, situato sull'altro lato della via pubblica, può chiedere solo il risarcimento del danno e non anche la riduzione in pristino dei luoghi ai sensi dell'art. 872, comma 2, c.c" Cass. 14.3.88 n. 2436, FI, 1988, I, 1876;

salva, in ogni caso, la tutela giurisdizionale amministrativa:

"il proprietario di un edificio che ne fronteggi un altro al lato opposto di una pubblica via, oltre ad avvalersi della tutela giurisprudenziale amministrativa, sulla base della convergenza del proprio interesse particolare con quello generale tutelato dalle norme di edilizia e di ornato pubblico richiamato dall'art. 871 c.c., può anche chiedere al giudice ordinario, in caso di non conformità a tali norme dell'edificio frontistante, il risarcimento dei danni eventualmente cagionatigli dalla violazione delle stesse" Cass. 11.3.93 n. 2948, GCM, 1993, 478.

Il danno, peraltro, lungi dall'essere in re ipsa, dev'essere rigorosamente provato, sia in ordine alla sua potenziale esistenza che alla sua entità obiettiva, in termini di lesione all'amenità, comodità, tranquillità o altro:

"il danno conseguente alla violazione delle norme del codice civile e integrative di queste relative alle distanze nelle costruzioni si identifica nella violazione stessa, costituendo un asservimento de facto del fondo del vicino al quale, pertanto, compete il risarcimento senza la necessità di una specifica attività probatoria. Nel caso, invece, di violazioni di norme speciali di edilizia non integrative della disciplina del codice, mancando un asservimento di fatto del fondo contiguo, il proprietario di questo è tenuto a fornire una prova precisa del danno, sia in ordine alla sua potenziale esistenza che alla sua entità obiettiva, in termini di amenità, comodità, tranquillità e altro" Cassazione civile, sez. II, 11/02/2008, n. 3199 S. e altro c. G. e altro Giust. civ. Mass. 2008, 2, 201 Riv. notariato 2009, 4, 1006 (nota ZAVATTIERI).




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