-  Redazione P&D  -  08/03/2012

DISCARICHE ED ECOMAFIA: UE APERTA PROCEDURA DINFRAZIONE CONTRO LITALIA - Antonio Roberto SODO

La resistenza ad adeguarsi alle direttive previste dall" Unione Europea è un malcostume che affligge il nostro paese, soprattutto quando si parla di ambiente e della sua salvaguardia, nonché della salute dei cittadini. Il 27 febbraio 2012 è giunta da Bruxelles una lettera di messa in mora per l"Italia a causa di ben 102 discariche sparse per la penisola, di cui tre di rifiuti pericolosi, non conformi alla direttiva Ue del 1999.

Tale direttiva sui rifiuti (la 99/31 CE), aveva introdotto norme più restrittive per le discariche e prevedeva all'art.14 che entro 10 anni tutte le discariche esistenti (in base a un'autorizzazione concessa con riferimento alle disposizioni precedenti) avrebbero dovuto essere chiuse o portate in linea con le nuove norme. Purtroppo ciò non è accaduto e già dal 2009, la Commissione ha cercato, senza successo, di convincere le autorità italiane a mettersi in linea con le norme UE, attivando nel 2010 la procedura di 'pre-infrazione' (il cosiddetto 'EU Pilot project'), ma senza alcun esito. Quella delle discariche abusive e non a norma è una delle peggiori piaghe del nostro paese e persone prive di scrupoli ne fanno un vero e proprio business. La messa in mora è stato il primo passo della procedura formale d'infrazione comunitaria poiché l"Italia non si è conformata all"articolo 14 di quella direttiva, che prevedeva da parte degli stati membri l"obbligo di adottare delle misure per assicurare la cessazione dell"operatività delle discariche "esistenti"dopo il 16 luglio 2009, qualora non fossero state ancora conformi con la direttiva europea vigente. I prossimi possibili step potrebbero essere: il "parere motivato" e, se il paese non si dovesse ancora conformare, il ricorso alla Corte di Giustizia Europea. Di problemi in Italia in materia di gestione di rifiuti ne abbiamo ancora molti. Basti pensare alle tristi note di cronaca che parlano di pessima gestione e stoccaggio della spazzatura, da Palermo a Roma passando per Napoli, ma ad arrivare sino all"Emilia Romagna, la Lombardia e la Liguria evitando di dilungarmi nell"elenco di tutte le regioni italiane . Eppure di soluzioni al problema ce ne sono ed anche dimostrate da "best practice" internazionali e nazionali come ad esempio: l" adozione del "porta a porta" con il quale si possono raggiungere altissimi livelli di raccolta differenziata (dal 70% a oltre il 90%). Questa tipologia di gestione è in sperimentazione in città, peraltro non piccole, come Roma e Torino.

Per esempio a Salzano (VE) dal 2002 al 2003 si è passati dal 18% al 75% di raccolta differenziata. Ad Asti (74.000 abitanti) erano al 64 % nel 2005. A Novara (103.000 abitanti) hanno già superato il 68%.

Ma anche il resto del mondo va in questa direzione (Berlino, Parigi, Londra, Vienna, Zurigo). Infine San Francisco (che ha ben 809.000 abitanti) si è posta l"obiettivo del 75% di differenziata per il 2010 e dei Rifiuti Zero per il 2020. A questo punto viene da domandarsi cosa non funzioni nel nostro paese?

In Italia negli utlimi anni, secondo dati registrati dall"Ispra vi è stata una diminuzione della produzione di rifiuti, dovuta soprattutto all"inasprirsi della crisi economica, che ha portato le famiglie a consumare meno e le imprese (che sono diminuite) ed in genere a produrre meno. I dati Ispra, però, tengono conto solo dei rifiuti che passano per inceneritori e discariche "legali" . Ad esempio, proprio qualche giorno fà a Lecce è stata scoperta una grande discarica abusiva, di più di diecimila metri quadri. L"area era destinata alla coltivazione agricola, ma ormai era completamente ricoperta di rifiuti di ogni genere ed anche da rifiuti speciali altamente tossici e pericolosi per la salute pubblica. I proprietari sono stati arrestati, ma per il danno ambientale creato ci vorranno anni per ripristinare la situazione "quo ante". Purtroppo dietro queste realtà molto spesso si celano vere e proprie associazioni a delinquere che, a fini di lucro, mettono in serio pericolo l"ambiente e la nostra salute. I proventi derivanti da questo tipo di attività illecite,infatti, sono molto allettanti rispetto al rischio della pena in cui si incorre. Ciò dovrebbe indurre il legislatore a fare una seria riflessione su questo. L"articolo 192 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152 (Norme in materia ambientale) vieta "l"abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo", e "l"immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali o sotterranee" e chi non rispetta la norma è punito "con la sanzione amministrativa pecuniaria da 105 a 620 euro", nel caso di rifiuti pericolosi e ingombranti; da 25 a 155 euro, negli altri casi (articolo 255) e l"articolo 256, invece, disciplina la pena prevista per la discarica abusiva vera e propria, ovvero "l"attività di raccolta, trasporto, recupero , smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti" senza autorizzazione, in questo caso stiamo parlando di un reato penale, punito con l"arresto da sei mesi a due anni e con l"ammenda da 2.600 a 26.000 euro, nel caso di rifiuti pericolosi; con l"arresto da tre mesi a un anno o con l"ammenda da 2.600 a 26.000 euro, negli altri casi. Per comprendere la scarsa potenzialità dissuasiva della pena prevista basti pensare che secondo un"indagine

svolta da Legambiente il giro d"affari dei rifiuti si aggira solo in Italia intorno ai 43 miliardi di euro e sono state effettuate 191 inchieste, con 1.199 persone arrestate e 666 aziende coinvolte per il traffico illecito di rifiuti.

La differenza tra il semplice abbandono di rifiuti e la discarica abusiva sta, secondo la prevalente giurisprudenza, nel fatto che il primo è assolutamente occasionale, il secondo ripetuto e abituale.

Inoltre, il colpevole dell"abbandono di rifiuti "è tenuto a procedere alla rimozione, all"avvio a recupero e allo smaltimento dei rifiuti e al ripristino dei luoghi". Lo stesso obbligo ricade sul proprietario o conduttore dell"area. Il sindaco "dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere" (192). Se il colpevole "non ottempera all"ordinanza, è punito con l"arresto fino a un anno" (art. 255). In questo caso, oppure se il responsabile non viene individuato, il sindaco ordina la rimozione e il ripristino dei luoghi, a spese del Comune. Salvo, successivamente, recuperare le somme spese dai responsabili della violazione. Si può, quindi, ben comprendere come sia importante adeguare l"attuale quadro sanzionatorio, condividendo alcune delle proposte fatte da Legambiente per contrastare questa piaga: rafforzare da un lato e semplificare dall"altro il quadro sanzionatorio in materia di tutela penale dell"ambiente attualmente in vigore;   prevedere una serie di modifiche normative finalizzate a rendere più efficaci, anche dal punto di vista della sostenibilità economica, le procedure di sequestro di rifiuti presso aree portuali e aeroportuali; rendere pienamente operativa la nuova classificazione del delitto di "attività organizzata di traffico illecito di rifiuti", prevedendo, come per tutti gli altri delitti di competenza delle Procure distrettuali antimafia, l"utilizzo di intercettazioni telefoniche e ambientali in presenza di "sufficienti" indizi di reato, e non "gravi" com"è attualmente, prolungando fino a un anno i termini per le indagini preliminari.

Se non si darà luogo ad idonei interventi correttivi, vi è il rischio concreto di un continuo incremento dell"attività delle ecomafie e di un ulteriore e continuo deterioramento dell"ambiente, del paesaggio e soprattutto della salubrità dell"ambiente in cui viviamo, con le gravi conseguenze che da tale contegno deriveranno.

 




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