-  Mazzon Riccardo  -  20/09/2014

DEMANIO PUBBLICO E INTERESSE STORICO, ARCHEOLOGICO O ARTISTICO: NO ALLA COSTRUZIONE IN ADERENZA - RM

Il primo comma dell"articolo 879 del codice civile prevede che non sono soggetti alla comunione forzosa, né alla facoltà del vicino di costruire in aderenza, gli edifici appartenenti al demanio pubblico ovvero soggetti allo stesso regime, nonché gli edifici riconosciuti di interesse storico, archeologico o artistico:

"l'articolo in esame ha risolto i dubbi lungamente agitati sotto l'impero del codice civile del 1865 (dubbi determinati dall'espressione adoperata nell'art. 556 «edifici destinati all'uso pubblico»: cfr., amplius,, il volume "I rapporti di vicinato e le distanze legali: tutela e risarcimento" - Riccardo Mazzon - CEDAM 2013, in Collana SapereDiritto), enunciando tassativamente i beni per i quali non sono applicabili le norme di vicinato. Restano quindi senz'altro esclusi i beni patrimoniali indisponibili e disponibili dello Stato ed altri enti pubblici; l'esenzione stabilita nel 1° co. è a favore del demanio; di conseguenza, il vicino potrà essere costretto a subire la comunione coattiva da parte dell'ente pubblico, pur senza potere a sua volta domandarla; si verificherebbe in tal caso l'assurda situazione di un bene demaniale congiunto ad un bene non demaniale, per il quale l'ente pubblico dovrebbe sottostare alle norme comuni in tema di comproprietà. Sarà pertanto preferibile, per le pubbliche amministrazioni, ricorrere al procedimento espropriativo" (De Martino, Proprietà. Beni in generale, in Comm. Scialoja, Branca, sub art. 879, Bologna-Roma, 1976, 303 - poiché la esenzione dalla comunione forzosa, per gli edifici appartenenti al demanio, si giustifica con il principio della inalienabilità di detti beni ex art. 823, che esclude la cessione coattiva della comunione a favore di privati, si era dubitato, sotto il vecchio codice, circa la possibilità di costruire in aderenza a un preesistente muro demaniale, posto che una tale costruzione non avrebbe comportato l'acquisto di nessun diritto per i privati. Il presente articolo ha, invece, testualmente escluso anche la costruzione in aderenza Albano, Muro, in NN.D.I., X, Torino, 1964, 1020; - si confronti anche Gardani Contursi Lisi, Distanze legali, in ED, XIII, Milano, 1964, 290, in quanto si discute in dottrina se gli edifici demaniali debbano, o meno, rispettare le distanze nelle costruzioni, così come gli edifici privati. Se da un lato si sostiene che, non avendo il presente articolo riprodotto l'espressa esenzione degli edifici demaniali, detti edifici debbano rispettare queste distanze, al pari degli edifici privati; dall'altro lato, si ritiene che quell'esenzione sia implicitamente contenuta nell'articolo in esame).

Precisato che

"le leggi in materia, cui si riferisce l'art. 879 c.c. per indicare i beni di riconosciuto interesse storico, archeologico e artistico non soggetti alla comunione forzosa, sono solo quelle che realizzano la specifica tutela di questi valori predisponendo un procedimento amministrativo diretto al loro accertamento" Cass. 6.1.81 n. 60, GI, 1981, I, 1, 738,

risulta opportuno chiarire sin da subito, per sgomberare il campo da eventuali equivoci (indotti dalla "vicinanza" del disposto che ci occupa al secondo comma del medesimo articolo 879 del codice civile), che

"l'art. 879 c.c. esclude per gli edifici di interesse storico, archeologico ed artistico l'applicabilità delle norme del codice civile sulla concessione forzosa del muro, ma non anche quelle sulle distanze legali" Cons. St., sez. V, 30.9.92, n. 889, FA, 1992, fasc. 9.

Infatti, con visione rivolta anche alla disciplina pregressa,

"l'assenza di un'esplicita norma, che esenta i beni demaniali dal rispetto delle distanze legali, esclude che tali beni possano continuare a godere del principio ex art. 572 c.c. 1865, secondo cui essi, in ragione della loro natura e funzione, erano esenti dall'osservanza di tali distanze previste dal codice medesimo e dai regolamenti comunali, in quanto la mancata riproduzione di tale principio nel c.c. 1942, ben lungi dal considerare implicita la regola di diritto e quindi superflua la ribadizione espressa, costituisce invece un consistente indizio dell'espunzione di essa dall'ordinamento positivo, che, anzi, l'art. 879 c.c. 1942 disciplina in due modi (edifici demaniali esonerati dalla comunione forzosa; costruzioni a confine con piazze e vie pubbliche, esentati dall'osservanza delle distanze) la questione di tali distanze per i beni del demanio pubblico" Cons. St., sez. V, 3.11.00, n. 5907, FA, 2000, 11.

Inoltre,

"qualora la pubblica amministrazione acquisti la proprietà di un immobile ricorrendo allo strumento privatistico del contratto di compravendita, l'obbligo di osservare la disciplina sulle distanze fra costruzioni nonché dalle vedute del vicino, violato dal costruttore-venditore, resta regolato dal diritto privato e non viene meno per l'attribuzione del vincolo di destinazione all'immobile medesimo; conseguentemente, il giudice ordinario non incorre nel limite interno di cui all'art. 4 l. 20 marzo 1865 n. 2248, operante soltanto allorché la pubblica amministrazione si procuri la disponibilità di un bene mediante provvedimenti autoritativo impositivo di servitù e/o estintivo delle servitù preesistenti in favore dei terzi, e può condannarla ad arretrare l'immobile fino al ripristino delle distanze stabilite dall'art. 907 c.c" Trib. Palermo 17.3.87, FI, 1988, I, 276.

 




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