-  Cendon Paolo  -  05/11/2014

DALLA PARTE DI CHI – Paolo CENDON

- Brittany, Gesù Cristo

- Qual è il primo dovere  un dottore?

- Il primo dovere  di un dottore è di chedere scusa (Ingmar Bergman, "ll posto delle fragole")

 

Quello che è davvero insopportabile in certi interventi della Chiesa - oggi siamo meno disposti a tollerarlo di un tempo, credo anche per merito di papa Francesco -  è quel tono costante di leggero paternalismo di chi è in qualche modo superiore a te, ne sa di più, ci ha pensato più a lungo, sa come gira il mondo, è sicuro di che cosa occorre fare, pensare, dire, respirare, soffrire.

Così in questi autorevoli commenti del Vaticano su Brittany.

Sarà perché sono influenzato dai convegni che continuo a fare sull"AdS, ma ci sono davvero certe cose che contano più di altre emotivamente, nei bilanci che si fanno o nei riscontri un po" di tutto, persone, istituzioni, aggeggi giuridici…

Volete sapere qual è il momento in cui quando parlo di fragilità umana, in giro per l"Italia, e tento di capire e di illustrare quelle che secondo me sono le chiavi di volta dell"amministrazione di sostegno, sapete qual è il momento in cui più sento di dire cose che davvero chi mi ascolta sta pensando, sentendo tanto quanto me e anzi di più?

E" quando dico che quello che più è cambiato, con l"AdS, è il modo di approcciarsi a chi è in difficoltà, nel passaggio che sempre più mostra di consumarsi da una concezione "paternalistica" del rapporto con chi sta male, a una concezione "promozionale".

Non più cioè andargli vicino, battergli la mano sulla spalla, e dirgli "Poveretto, è dura vero essere ciechi, sordi, in carrozzina, down, spastico, peccato davvero, ti è andata male questa volte, sei un po" fregato, però di assisteremo, allevieremo le tue pene …", bensì stare al proprio posto, non toccarlo affatto, non subito almeno, e dirgli invece: "Guarda,  lo so che sei come me, perché anche tu vuoi qualcosa, hai le tue cose, sogni una traiettoria, vuoi che succeda questo e quello, ti svegli e immagini, awake and sing, ti lasci andare, sgrani le tue aspettative". Continuare ancora: "Poi vedo che ti accorgi che c"è ancora quella tagliola che ti blocca, quell"impedimento, è qualcosa di esterno da te però, sufficiente a frustrarti in certe faglie, o in quasi tutte magari, la tua anima è quella dentro però, il tuo orizzonte, ti vivi così, sei quello, vediamo come organizzarci allora per rimuoverlo quell"ostacolo, se ci riusciamo sarà meglio per te, ma quello che penso di te non cambierà poi tanto".

Cosi Brittany secondo me: quello che uno sente e vuole per sé è una cosa che si ascolta, che si cerca di capire, di immaginare nei dettagli, arredandola dei particolari di cui abbiamo bisogno, sicché si sta a sentire, sia sta  zitti, si sta lì, l"altro parla, tu stai lì, cerchi solo di comprendere, magari al momento non ce la fai, ti dici che tu non ti comporteresti così – poi però aggiungi che è probabilmente solo colpa del fatto che non hai recepito tutto, ti sono scappati dei particolari, non hai saputo metterti abbastanza nei panni del"altro.

Insomma, chiedi scusa – come insegna Bergman ("Il posto delle fragole") – e basta, ti è addirittura andata meglio, stai bene e cammini con le tue gambe, non hai capito neanche tanto dell"altro! Cosa ti metti a parlare di dignità degli altri, con aria un po" saccente, aulica, perché lo fai, cosa ti spinge, chi credi di essere?!

A me è sempre parso - non so se andrò all"Inferno per questo - che l"unica cosa che Gesù Cristo poteva fare dopo tre giorni che era lì, appeso alla croce, con la corona di spine, pieno di buchi spaventosi, col costato trafitto, solo e senza via d"uscite … era morire. Quello che era e che pensava e che voleva,  mi è rimasto comunque nel cuore; non c"era bisogno che vivesse fino a lunedì, nel sangue e nella paura. Ok domenica è una buona mediazione, adesso tira il fiato anche tu, tanto per me non sei morto.




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