-  Mazzon Riccardo  -  14/05/2014

CONDOMINIO MINIMO, SUPERCONDOMINIO, CONSORZI, EDILIZIA POPOLARE: VALGONO I PRINCIPI DEL CONDOMINIO - RM

I principi comuni al condominio tout court sono applicabili anche in caso di condominio minimo; la disciplina dettata dal codice civile per il condominio di edifici, infatti, trova applicazione anche in caso di condominio minimo, cioè di condominio composto da due soli partecipanti, tanto con riguardo alle disposizioni che regolamentano la sua organizzazione interna, non rappresentando un ostacolo l'impossibilità di applicare, in tema di funzionamento dell'assemblea, il principio maggioritario, atteso che nessuna norma vieta che le decisioni vengano assunte con un criterio diverso, nella specie all'unanimità, quanto, "a fortiori", con riferimento alle norme che regolamentano le situazioni soggettive dei partecipanti,

 "tra cui quella che disciplina il diritto al rimborso delle spese fatte per la conservazione delle cose comuni" (Cass., Sez. U., 31 gennaio 2006, n. 2046, GCM, 2006, 1; VN, 2006, 2, 768; GC, 2007, 11, 2605).

Detti principi, inoltre, sono applicabili anche in caso di super condominio; infatti, nel caso di una pluralità di edifici, costituiti in distinti condomini, ma compresi in una più ampia organizzazione condominiale (cosiddetti supercondomini) legati tra loro dall'esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni, (quali il viale d'accesso, le zone verdi, l'impianto di illuminazione, la guardiola del portiere, il servizio di portierato ecc.), in rapporto di accessorietà con i fabbricati,

"si applicano a dette cose, impianti e servizi le norme sul condominio negli edifici, e non quelle sulla comunione in generale" (Cass., sez. II, 7 luglio 2000, n. 9096, GC, 2001, I, 449; RN, 2001, 135; CorG, 2001, 211; GI, 2001, 453; GCM, 2000, 1516; RGE, 2000, I, 750; ALC, 2001, 421).

Inoltre, la legge legge n. 220 dell'11 dicembre 2012 ha introdotto, in tal ambito, l'articolo 1117-bis del codice civile che, esplicitamente, dispone come le disposizioni del capo inerente alla regolamentazione del condominio si applichino, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari - o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici - abbiano parti comuni ai sensi dell'articolo 1117, stesso codice (si veda anche, in argomento, il paragrafo 25.15.1., capitolo venticinquesimo del volume "La responsabilità nel condominio dopo la riforma", Riccardo Mazzon, 2013).

Ancora, detti principi sono applicabili anche in caso di consorzio, costituito tra proprietari di immobili, per la manutenzione di strade ed opere comuni, realizzate a seguito dell'attuazione di un piano di lottizzazione: esso, in effetti, costituisce una figura atipica e, quindi, il rapporto consortile è disciplinato anzitutto dalle pattuizioni contenute nell'atto costitutivo e nello statuto del consorzio; soltanto qualora, in tali atti, manchi una disciplina specifica, sono applicabili le disposizioni più confacenti alla regolamentazione degli interessi coinvolti dalla controversia che, nel caso in cui il consorzio abbia ad oggetto la gestione dei beni e dei servizi comuni di una zona residenziale, devono individuarsi nelle norme concernenti il condominio, con la conseguenza che, ai sensi dell'art. 1118 comma 2 c.c.,

"il consorziato non può, rinunziando al diritto sui beni in comune, sottrarsi al contributo alle spese per la loro conservazione" (Cass., sez. I, 10 gennaio 2005, n. 286, GCM, 2005, 1; VN, 2005, 259, 867; DGA, 2005, 656).

Quanto all'edilizia economica popolare, premesso che l'esistenza di un condominio «di fatto», tra assegnatari di case di abitazione, realizzate dall'Iacp (Istituto autonomo case popolari), non determina nei singoli partecipanti l'obbligo del versamento dei contributi condominiali ai sensi dell'art. 1123 c.c. in quanto, la gestione autonoma delle parti comuni dell'edificio è legittimamente esercitata, ai sensi dell'art. 24 del d.P.R. n. 1035 del 1972,

"solo se preventivamente autorizzata dall'Ente a seguito di apposita richiesta formulata dal 60% degli assegnatari" (Cass., sez. II, 5 febbraio 2008, n. 2760, GCM, 2008, 2, 161),

è stato notato come in tema di edilizia popolare ed economica, l'art. 14 del regolamento della gestione Ina casa, per l'amministrazione degli alloggi di sua proprietà, assegnati con promessa di futura vendita (in G.U. n. 169 del 17 luglio 1959), contiene una elencazione meramente esemplificativa delle parti comuni, la quale non preclude all'ente costruttore la facoltà di attribuire determinate aree come pertinenze a singoli alloggi siti al piano terra; ne consegue che gli assegnatari di alloggi privi di pertinenze non possono vantare alcun diritto soggettivo a che le parti non edificate restino integrabilmente comuni, fino a quando non sia completata l'assegnazione di tutti gli alloggi compresi nello stesso complesso edilizio, mentre solo con l'esaurimento di tutte le assegnazioni tra le aree non espressamente comprese fra quelle trasferite in proprietà individuale agli assegnatari, a titolo di pertinenze dei rispettivi alloggi,

"restano definitivamente destinate all'uso comune, dal quale non possono essere distolte senza il consenso unanime dei condomini" (Cass., sez. I, 3 settembre 1994, n. 7631, ALC, 1995, 81, GCM, 1994, 1124).

 




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