-  Santuari Alceste  -  14/12/2015

CONCORSI NELLE SOCIETA IN HOUSE E AZIENDE SPECIALI: COMPETENZA DEL G.A. – Cons. St. 5643/15 – Alceste SANTUARI

Il ricorrente contesta un concorso per assunzione di dirigenti

Le società in house si distinguono da quelle a (sola) partecipazione pubblica

Per le società in house competente a decidere è il giudice amministrativo

Con la sentenza breve n. 7424/2015, il T.A.R. Lazio – Roma, Sez. II ha declinato la giurisdizione in tema di domanda di annullamento di avviso pubblico, per la selezione di vari profili professionali, indetto da una società in house, sulla base dei seguenti argomenti:

-non viene in rilievo l"art. 18 del d. l. n. 112/2008, conv. in l. n. 133/2008, in quanto si tratta di norma di diritto sostanziale, la quale non incide in alcun modo sui criteri di riparto della giurisdizione in materia di assunzione dei dipendenti, che rimane devoluta in entrambe le fattispecie, dalla stessa disciplinate, al giudice ordinario, trattandosi ugualmente di società non equiparabili alle pubbliche amministrazioni (Cass. , SS. UU. , n. 28330 del 2011);

- in base a Cass., SS. UU. , n. 28330 del 2011, la riserva della giurisdizione del giudice amministrativo in materia di procedure concorsuali, D. Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 63, comma 4, presuppone la finalità della instaurazione di un rapporto di lavoro pubblico, seppure contrattualizzato, alle dipendenze di una pubblica amministrazione e non può affatto configurarsi in funzione della insorgenza di un rapporto di lavoro privato alle dipendenze di una società per azioni;

-a non diversa conclusione si deve giungere anche con riguardo alle società in house, e in questa prospettiva non assume rilievo ostativo Cass. , SS. UU. , n. 26283 del 2013, la quale ha ritenuto sussistente la giurisdizione della Corte dei conti sull'azione di responsabilità esercitata dalla Procura presso la Corte medesima, quando tale azione sia diretta a far valere la responsabilità degli organi sociali per danni da essi cagionati al patrimonio di una società "in house", poiché né tale decisione, né quelle successive che ad essa si sono conformate, si spingono a qualificare tale tipologia di società pubblica quale ente pubblico tout court, stante la preclusione derivante dall"art. 4 della l. 20 marzo 1975, n. 70, art. 4, a tenore del quale per l"istituzione di un ente pubblico occorre l"intervento del legislatore (cfr. sent. ult. cit., par. 2)…" (recte, § 3, in cui si osserva che, sulla base della disciplina, in materia di società a partecipazione pubblica, attualmente frammentaria e disorganica, non è dato sottrarsi alla drastica alternativa per la quale, fin quando non si arrivi a negare la distinzione stessa tra ente pubblico partecipante e società di capitali partecipata, e quindi tra la distinta titolarità dei rispettivi patrimoni, la giurisdizione della Corte dei conti in tema di risarcimento dei danni arrecati dai gestori o dagli organi di controllo al patrimonio della società potrebbe fondarsi soltanto: o su una previsione normativa che eccezionalmente lo stabilisca, quantunque si tratti di danno arrecato ad un patrimonio facente capo non già ad un soggetto pubblico bensì ad un ente di diritto privato - previsione certo possibile, ma che allo stato non appare individuabile in termini generali nell'ordinamento - ; oppure sull'attribuzione alla stessa società partecipata della qualifica di ente pubblico, onde il danno arrecato al suo patrimonio potrebbe qualificarsi senz'altro come danno erariale. Soluzione, quest'ultima, che appare però ben difficilmente predicabile, perchè trova un solido ostacolo nel disposto della L. 20 marzo 1975, n. 70, art. 4, a tenore del quale occorre l'intervento del legislatore per l'istituzione di un ente pubblico; e pare difficile dubitare che siffatta norma esprima un principio di ordine generale, ove si consideri la molteplicità e la rilevanza degli effetti giuridici potenzialmente implicati nel riconoscimento della natura pubblica di un ente. Di modo che, se in via di principio può ammettersi che un siffatto riconoscimento sia desumibile anche per implicito da una o più disposizioni di legge, occorre nondimeno che la volontà del legislatore in tal senso risulti da quelle disposizioni in modo assolutamente inequivoco. Ma, quanto alle società a partecipazione pubblica, lungi dal ravvisarsi disposizioni normative che inequivocabilmente attribuiscano loro la qualifica di ente pubblico, s'è già visto come il legislatore si sia preoccupato a più riprese di ribadirne, in via generale e fatta salva l'applicazione di singole regole speciali, l'assoggettamento alla disciplina dettata dal codice civile per le società di diritto privato, con le già richiamate conseguenze in punto di riparto di giurisdizione …–n. di est. . A conclusioni difformi –nel senso cioè del riconoscimento della giurisdizione della Corte dei conti sull"azione di responsabilità del procuratore presso detta Corte le Sezioni Unite (v. punti da 4. a 6. sent. cit.) giungono con riferimento al fenomeno, definito "anomalo", delle società in house;

- la procedura di cui si discute appare assimilabile non già ad una "procedura concorsuale di assunzione", mediante valutazione comparativa, quanto alla selezione di una rosa di qualificati profili professionali per l"attribuzione di incarichi temporanei di collaborazione a progetto, ovvero di lavoro subordinato a tempo determinato, in relazione a specifiche commesse: di qui, la ritenuta sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario e non di quella del giudice amministrativo.

Contro tale decisione è stato presentato appello e il Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza 11 dicembre 2015, n. 5643, ritenendo l"appello fondato, si è pronunciato come segue:

-        non si può registrare una sostanziale identificazione fra le società pubbliche (anche a controllo pubblico totalitario) e l"in house. Queste due figure devono essere invece tenute distinte in quanto i due "requisiti Teckal", di cui alla sentenza della Corte di giustizia 18 novembre 1999 – C 107-98, vale a dire il controllo analogo e l"attività prevalentemente svolta a favore dell"Ente affidante sussistono certamente per l"in house – anzi, ne rappresentano il tratto distintivo - ma non anche per le società pubbliche;

-        non hanno influenza ai fini del decidere le considerazioni svolte sulla nozione di organismo di diritto pubblico. "La nozione di organismo di diritto pubblico non è stata enucleata allo scopo di risolvere problemi inerenti al riparto di giurisdizione, né per operare identificazioni soggettive sostanziali, ma al diverso (e qui irrilevante) fine di delimitare in senso adeguato il perimetro entro cui applicare la normativa in tema di procedure ad evidenza pubblica. Del resto, tutti gli organismi in house di pubbliche amministrazioni sono anche necessariamente organismi di diritto pubblico, mentre non è vero il contrario (cioè non è vero che per il solo fatto che un organismo sia qualificabile come organismo di diritto pubblico ai fini della contrattualistica pubblica, per ciò stesso sarà anche qualificabile come pubblica amministrazione ai fini del riparto di giurisdizione in tema di assunzione del personale dipendente).";

-        richiamando in particolare Cass., SS. UU. , 25 novembre 2013, n. 26283, punti 4. e 5., i giudici di Palazzo Spada hanno inteso rimarcare i requisiti che qualificano le società in house: queste della società hanno solo la forma esteriore ma costituiscono in realtà articolazioni in senso sostanziale della pubblica amministrazione da cui promanano e non soggetti giuridici ad essa esterni e da essa autonomi (si vedano a tale riguardo anche Cass., SS. UU., nn. 5491, 7177 e 16622 del 2014, tutte sul riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e Corte dei conti, e inoltre Cons. Stato, sez. VI, n. 2515 del 2015, p. 4.3., sull"organismo in house come mera articolazione organizzativa interna dell"ente);

-        le considerazioni svolte si applicano (a maggior ragione) anche alle aziende speciali: anche a voler imputare la selezione del personale all"Azienda speciale, senza intermediazione del Comune, il risultato non può essere che il medesimo, nel senso cioè della devoluzione della controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che ai sensi dell'art. 7, comma 2, c.p.a., "Per pubbliche amministrazioni, ai fini del presente codice, si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo"; tale norma è già di per sé idonea a radicare la giurisdizione del G. A. in relazione ad atti di soggetti che, pur avendo una natura privatistica, come nel caso degli enti pubblici economici, sono tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo, come senz'altro avviene nel caso di specie";

I giudici amministrativi trovano conferma di questo assunto nel "testo dell'art. 1, comma 1-ter della L. 7 agosto 1990, n. 241 (ulteriormente rafforzato dalla l. cd. anticorruzione 6 novembre 2012, n. 190), secondo cui "I soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei criteri e dei principi di cui al comma 1" (ovvero dei principi del procedimento amministrativo); ed è altrettanto indubbio che un'azienda speciale, se qualificabile come soggetto privato, è preposto (anche) all'esercizio di attività amministrative." Ne consegue che – a giudizio del Consiglio di Stato – "già dal combinato disposto degli artt. 7, comma 2, c.p.a. e 1, comma 1-ter, della L. n. 241 del 1990 può ritenersi radicata la giurisdizione del Giudice Amministrativo."

Tuttavia, i giudici di Palazzo Spada hanno inteso rafforzare le loro argomentazioni in favore del radicamento della giurisdizione del G.A. evidenziando che "sotto il profilo sostanziale" "le aziende speciali, così come le società in house, come recentissimamente affermato dalle stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Sentenza 25 novembre 2013, n 26283, ribadito con Ordinanza 2 dicembre 2013, n. 26936), possono essere considerate come enti che rappresentano delle vere e proprie articolazioni della Pubblica Amministrazione, atteso che gli organi di queste sono assoggettate a vincoli gerarchici facenti capo alla Pubblica Amministrazione, i cui dirigenti sono dunque legati alla Pubblica amministrazione da un rapporto di servizio come avviene per i dirigenti preposti ai servizi direttamente erogati dall'ente pubblico".

Si ricorda che "entrambe le pronunce della Suprema Corte sono state emesse affermando la responsabilità erariale degli amministratori di tali enti, e dunque relativamente a tale diversa problematica, ma le considerazioni che sono state poste alla base di tali decisioni (ovvero il concetto, si ribadisce, che tali enti sono nient'altro che forme peculiari di articolazione della stessa P.A.) ne legittimano l'estensione anche al tema oggetto del presente appello, ovvero alla natura delle procedure selettive per l'assunzione dei dipendenti". Poiché, dunque, afferma la Sezione, "si tratta di procedure poste in essere da soggetti qualificabili come Pubbliche Amministrazioni, per le quali vige il principio del concorso pubblico, esse sono in tutto e per tutto assimilabili alle procedure concorsuali dell'ente pubblico (il Comune) cui l'Azienda Speciale è strumentale; con la conseguenza che la selezione in oggetto, anche se fosse giuridicamente imputabile all'Azienda Speciale, non può che importarne regime giuridico e disciplina e, quindi, per ciò che qui interessa, non può che comportare il rispetto del principio di imparzialità amministrativa nell'assunzione (e non la logica imprenditoriale), con connessa giurisdizione del G.A. per le relative contestazioni.

Peraltro, è opportuno ricordare che la stessa Consulta ha ribadito più volte (da ultimo, Corte cost. 23 luglio 2013, n. 227) l'indefettibilità del concorso pubblico come canale di accesso pressoché esclusivo nei ruoli delle pubbliche amministrazioni (fattispecie riguardante proprio società in house, dunque parificate a tali fini alle PP. AA.).

Da ultimo, il Consiglio di Stato ha considerato le previsioni dell' art. 18 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, così come modificato dalla legge di conversione, L. 6 agosto 2008, n. 133, che ha affermato che le società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica, sono obbligate a dotarsi, mediante "propri provvedimenti", di criteri e modalità per il reclutamento del personale conformi ai principi richiamati dall' art. 35, comma 3, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 in materia di reclutamento del personale. La Sezione, al riguardo, ha sottolineato che "il legislatore ha inteso introdurre, a carico delle predette società a partecipazione pubblica vincoli di trasparenza, imparzialità, pubblicità ed economicità in particolare per il reclutamento del personale che, di regola, l'art. 97 della Costituzione impone per le PP.AA. e gli enti pubblici strettamente intesi."

In ultima analisi, considerando "l"organismo in house rappresenta sotto ogni aspetto" alla stregua di "un"articolazione in senso sostanziale dell"amministrazione pubblica di riferimento, ne consegue l"applicabilità al caso in esame dei richiamati articoli 1, comma 2, e 63, comma 4, con tutto ciò che ne deriva in punto di estensione, all"organismo in house, delle previsioni in punto di giurisdizione riferibili all"amministrazione pubblica di riferimento."

Dalla "sostanziale identificazione" tra la società in house e la "pubblica amministrazione", di cui la prima costituisce articolazione in senso sostanziale, strumento operativo, quasi organo, discende "insomma la riconducibilità della fattispecie, sul piano soggettivo, al campo di applicazione di cui al citato art. 63, comma 4, del d. lgs. n. 165 del 2001."




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