Amministrazione di sostegno  -  Paolo Cendon  -  20/02/2022

Cernusco sul naviglio, 1992, percorso legislativo dell'amministrazione di sostegno, un ricordo

Per cercare di sveltire il cammino parlamentare, era stato invitato – a un incontro di studi fra psichiatri e giuristi, nella villa/ospedale di quel ridente paesino a nord di Milano - un funzionario  importante del Ministero della Sanità. 

Giustificazione dell' invito, ad opera degli organizzatori: "Meriti individuali a parte, trattasi di persona che, come poche altre, sa in che modo va pianificato al giorno d'oggi l'itinerario di un progetto di legge. Proprio quello che a noi manca".

  Dopo il dibattito in aula generale, ecco infatti i convegnisti - il funzionario della capitale, il primario della casa di cura, i suoi collaboratori, alcuni rappresentanti di famiglie di infermi psichici, operatrici socialsanitarie di vario genere – rifugiarsi in una stanzetta accanto alla sala principale dei lavori. Come accelerare i tempi, chi coinvolgere nelle iniziative romane? Su quali manifestazioni puntare?

  Soprattutto, rimaneva da stabilire sotto quali sembianze ufficiali - di lì in avanti - il progetto avrebbe dovuto muovere i suoi passi a Roma.

 Il funzionario esordirà con pacatezza: "Ripresentarlo come modifica del codice civile non conviene; altrimenti va automaticamente in commissione Giustizia: e qui è facile che s'impantani un'altra volta". Dopo qualche istante di riflessione: "Meglio puntare sulla commissione Sanità della camera: il tragitto si annuncia lì assai più semplice; nonché tendenzialmente più veloce". 

  Momento di sconcerto fra gli astanti. "Più semplice, perché? - ha obiettato qualcuno - La commissione Sanità con i patrimoni da amministrare cosa c'entra?". 

  Il funzionario non ha perso la sua espressione benevola. "Innanzi tutto - ha spiegato - perché la commissione Sanità è composta da un minor numero di membri; tutto scorre lì abbastanza rapido. Sapete, in commissione Giustizia ci saranno non meno di quaranta parlamentari; personaggi che, per motivi vari, passano il tempo a litigare". Con aria esperta poi: "Senza contare che la commissione Giustizia è decisamente più prestigiosa. I suoi componenti avranno dieci volte più impegni ufficiali; sempre assenti, in giro per l'Italia a far politica. E i lavori collegiali ne soffrono".

  Un' occhiata intorno al tavolo, ed ecco l'affondo: "Occorrerà, beninteso, non lasciar capire che è in gioco una modifica del codice civile del '42. Si potrebbe dire, non so, che stiamo cambiando una qualche legge sanitaria; e magari farlo davvero, almeno a parole".

  Mormorii di perplessità fra gli astanti. Il funzionario non si è scomposto più di tanto: "Ovvio che, se ci si orienta in questo senso, il vostro progetto non può restare com'è adesso. Quella decina di norme di riforma dell'interdizione, ad esempio: non si potrebbe toglierne qualcuna?". Era lanciato oramai: "E anche il resto degli articoli: formulati in modo così tecnico, astruso. Un giorno magari, quando il clima sia cambiato! Momentaneamente ...". Così avanti per un paio di minuti; alla fine, del testo iniziale non era restato granché.

  Qualcuno dei presenti ha commentato che in quel modo potevano esserci, chissà, maggiori chances di approvazione; e che esisteva però un limite al travestitismo, anche nei percorsi delle commissioni romane. L'uomo del Ministero non ha battuto ciglio: "Facendo come dico io la proposta passa in sei mesi. Se no ...".

 




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