-  Gobbi Cristiano  -  01/07/2011

Cass. sez. trib., 30 maggio 2011, n. 11933, pres. Lupi, rel. Di Blasi - IRAP: IL GIUDICE TRIBUTARIO DEVE EFFETTUARE UNA DISAMINA SERRATA DEGLI ELEMENTI DELL'ORGANIZZAZIONE AZIENDALE - Cristiano GOBBI

L'Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Genova, pubblicata in data 11 giugno 2008 con la quale la settima sezione riconosceva il diritto al rimborso IRAP alla società professionale AR.I.A., architetti e ingegneri associati.
In particolare l'impugnante si querelava della insufficiente motivazione della sentenza sul fatto controverso e decisivo, nonché della violazione dell'art. 2697 c.c.
L'intimato non svolgeva difese.

In relazione alle questioni di fatto che devono sussistere perchè possa vantarsi il diritto al rimborso la Cassazione si allinea con la pregressa giurisprudenza di legittimità.

In questo senso, a norma del combinato disposto dell'art. 2 del d.lg. 15 dicembre 1997, n. 446, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l'esercizio delle attività di lavoro autonomo è escluso dall'applicazione dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata: il requisito dell'autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:
a) sia sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.

Ben più interessante è l'analisi della fattispecie prevista dall'art. 360 c.p.c., 1° co., n. 5.
Qui rifacendosi al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui "ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento", la Corte finisce per censurare la motivazione della sentenza della Commissione regionale.

In particolare sorprende l'estremo rigore argomentativo che la Suprema Corte richiede al giudice tributario.

Nel caso di specie viene rilevato che la decisione è pervenuta alle rassegnate conclusioni affermando che dalla documentazione prodotta emergeva che l'attività era stata esercitata senza apprezzabile struttura organizzativa, "risultando tra l'altro valori di beni strumentali modesti e costi per collaboratori inesistenti in alcuni esercizi e modesti in altri", senza indicare e valutare i concreti elementi presi in considerazione nel percorso decisionale e senza dare contezza delle ragioni logiche e giuridiche alla cui stregua in una struttura associativa, quale quella in considerazione, era a ritenersi insussistente il presupposto impositivo IRAP.

In particolare la Corte fa valere la contraddittorietà della motivazione posto che:
a) nessun concreto elemento è stato indicato, idoneo ad escludere l'esistenza di una autonoma organizzazione, nel caso di che trattasi, di uno studio associato di professionisti, malgrado la peculiarità della considerata forma associativa, trovi, normalmente, la propria ragion d'essere nel conseguimento di benefici, non fruibili in ipotesi di svolgimento della professione esclusivamente personale, strettamente connessi al vincolo contratto con terzi;
b) nessun dato concreto è stato offerto per dare contezza dell'affermazione secondo cui i "costi per collaboratori" sarebbero "inesistenti in alcuni esercizi e modesti in altri", nonostante, alla stregua dei richiamati principi, l'impiego di personale dipendente e/o di collaboratori sia normalmente rilevante agli effetti di che trattasi e, d'altronde, la circostanza che il relativo utilizzo non sia avvenuto in tutti gli esercizi, non esonerava dal motivare, in base a quali elementi e considerazioni, per gli altri esercizi, l'effettivo impiego doveva, egualmente, essere ritenuto irrilevante.

Su tali premesse, il Collegio ha ritenuto sussistere i presupposti per la relativa trattazione in Camera di Consiglio e la definizione della controversia (ai sensi degli artt 375 e 380 bis c.p.c.), e giudicava accoglibile l'impugnazione per manifesta fondatezza.

La causa è stata infine rinviata ad altra sezione della CTR della Liguria.




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