-  Gasparre Annalisa  -  31/03/2014

APPUNTI IN TEMA DI PATTI SULL'OGGETTO DEL CONTRATTO - Annalisa GASPARRE

Oggetto del contratto è la prestazione dedotta, cioè la tipologia (qualitativa e quantitativa) di attività che le parti si impegnano ad adempiere, fermo restando la riconducibilità dell'oggetto all'esistenza dei requisiti previsti per l'oggetto del contratto che deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile.

In quest'accezione dell'oggetto del contratto, le parti ben possono stabilire determinai specifici assetti, in parte in deroga alla disciplina generale prevista dalla legge in tema di adempimento delle obbligazioni contrattuali.

Nel perimetro di tale assetto di interessi, le parti si obbligano reciprocamente - in ragione e nella misura dell'autonomia privata riconosciuta dall'ordinamento nel settore in parola - secondo un meccanismo che prevede, come regola generale, l'obbligo di risarcire la parte che subisca l'inadempimento contrattuale da parte dell'altro contraente (responsabilità contrattuale).

L'ordinamento - in virtù del principio generale della libertà delle parti - consente che i contraenti possano derogare al principio di responsabilità nei termini indicati dall'art. 1229 c.c. La norma consente che, in via preventiva, le parti possano convenire che, laddove una di esse versi in una situazione di inadempienza suscettibile di responsabilità e, conseguenti obblighi risarcitori, la parte inadempiente non sia obbligata al risarcimento oppure che il ristoro sarà limitato ad un tetto prestabilito (rispettivamente, clausola di esonero e clausola di limitazione della responsabilità contrattuale).

Con questo rimedio preventivo al potenziale inadempimento, le parti dispongono degli ordinari rischi dell'esecuzione della prestazione, calibrando i costi dell'operazione contrattuale: è ben possibile che possano verificarsi imprevisti che, pur non rendendo impossibile la prestazione per causa non imputabile al difensore, aggravino il rapporto e le condizioni dell'adempimento. In questo consapevole riparto di rischi dell'affare, ad esempio, una parte può convenire di accordare all'altra un esonero di responsabilità in cambio di una tariffa più conveniente. Tuttavia, se è probabile che ci siano ragioni oggettive alla deroga sul riparto dei rischi del contratto, non è necessario accertare quale sia stato l'oggetto di scambio determinante il patto.

L'apertura alla possibilità di porre patti che escludono o limitano la responsabilità contrattuale non è assoluta; infatti, il disposto codicistico pone due sbarramenti (in questo senso può definirsi l'art. 1229 c.c. come norma imperativa con nullità testuale).

Il primo limite riguarda i patti che escludono o limitano preventivamente la responsabilità del debitore per dolo (volontario inadempimento) o colpa grave (grossolana negligenza), sancendone la nullità e, così, lasciando spazio dispositivo alle parti in ordine alla responsabilità contrattuale solo per il caso di colpa lieve. Colpa grave è stata definita dalla giurisprudenza come quella caratterizzata da "profonda imprudenza, estrema superficialità o inescusabili negligenza e disattenzione".

La ratio è quella per cui, pur dando spazio all'autonomia contrattuale ed alle ragioni che determinano le parti nel senso di escludere o limitare la responsabilità contrattuale, si vuole imporre un minimo livello di impegno diligente del debitore nell'interesse del creditore e garantire l'interesse generale a prevenire gli inadempimenti. Il codice non consente infatti di lasciare impunite quelle condotte inadempienti connotate da insanabile contraddizione con l'assunzione di impegni negoziali e la tutela minima della parte creditrice. Una clausola nulla di questo genere può salvarsi parzialmente, riducendo la propria portata, nel senso che, se apposta, non salva il debitore che sia rimasto inadempiente per dolo o colpa grave, ma lo esonera se il suo inadempimento deriva da colpa lieve.

Un classico limite all'autonomia privata è quello posto dalla seconda regola ricavabile dalla norma in esame: il rispetto dell'ordine pubblico. Quale che sia il grado di colpa del debitore, è fatto divieto stipulare patti di esonero o di limitazione della responsabilità che costituiscano violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico. Una clausola nulla per violazione dell'ordine pubblico è radicalmente priva di effetti.

Se è vero che la ratio del limite all'inadempimento doloso o gravemente colposo è quello di limitare l'esonero al debitore che sia solo in colpa lieve, ci si domanda come tale limitazione operi nei casi di responsabilità oggettiva, cioè in assenza di qualsiasi imputazione di tipo oggettivo. Il punto sembra essere quello di come si possa coniugare la volontà ordinamentale di aggravamento della responsabilità (che prescinde da imputazioni soggettive) e l'autonomia privata che, stando alla regola generale, può derogare la regola legale di responsabilità, atteso che non è dato attribuire carattere imperativo alle norme che prevedono fattispecie di responsabilità obiettiva. Non pare vi siano ragioni contrarie per ritenere lecite clausole di esonero o limitazione nei casi di responsabilità obiettiva, pur rimanendo nei confini disciplinati dall'art. 1229 c.c.; anzi, sembrerebbe che la natura della norma, favorevole alla regola dell'autonomia privata, confermi la validità delle clausole di esonero anche per la responsabilità che il legislatore ha voluto sganciata da profili soggettivi (responsabilità obiettiva).

La norma in esame riguarda, come si è visto, un rapporto contrattuale o obbligatorio e, quindi, la responsabilità contrattuale. Si discute però se siano ammissibili patti atti ad escludere o limitare la responsabilità aquiliana, stipulata nell'eventualità che tra gli stipulanti possano sorgere rapporti di natura extracontrattuale. Si pensi a due imprese operanti su terreni confinanti, entrambe esercenti un'attività pericolosa, che si accordino per regolare gli effetti di possibili futuri incidenti connessi all'esercizio dell'attività produttiva. Non sembra che le regole della responsabilità extracontrattuale abbiano natura inderogabile, così potendosi aprire alla possibilità di ammettere patti che escludono o limitano la responsabilità. Il problema, semmai, è quello di guardare alla possibile contraddizione con i principi dell'ordine pubblico e, quindi, per quei danni alla persona che non accettano limitazioni. In settori come quello delle attività industriali pericolose il confine con le norme a tutela dell'ordine pubblico sarà immanente e, quindi, frequente la limitazione di patti di esonero, anche per la contaminazione dei rapporti privatistici con normative pubblicistiche (anche penali).

Limitrofa alla clausola di esonero della responsabilità è la clausola penale che può limitare la responsabilità del debitore ma anche esonerare il creditore dal provare l'ammontare del danno da inadempimento. Infatti con la prima clausola si limita la riparazione ad una soglia, a prescindere dall'entità del danno effettivamente provato secondo le regole ordinarie mentre con la clausola penale si predetermina il risarcimento dovuto, a prescindere da quale sia l'entità del danno effettivo.

Sempre ai confini con le clausole menzionate dall'art. 1229 c.c. sono altre clausole che non limitano l'area della responsabilità come quelle descritte, ma limitano l'area del debito, fissando un massimale. Il problema di discernere tra le due categorie si pone quando i patti che delimitano l'oggetto del contratto abbiano ad oggetto diretto l'entità delle prestazioni indennitarie (esempio contratto di assicurazione) o comunque quelle che incidono direttamente sulla determinazione dell'ammontare del risarcimento. Nel primo caso, la clausola che limita il rischio assicurato definisce l'oggetto della prestazione contrattuale e non incide sul regime di responsabilità: limitata è l'entità dell'indennizzo, cioè della prestazione contrattuale. Altro problema frequente è quello relativo alle cassette di sicurezza delle banche in cui siano stipulate clausole di esclusione della responsabilità per valori eccedenti un determinato ammontare. Secondo la giurisprudenza, la clausola non integra un patto limitativo dell'oggetto del contratto ma un patto limitativo del debito assunto dalla banca, perché fissa un massimale all'entità del danno dovuto. Qualche riserva a tale ricostruzione giurisprudenziale è posta da chi ha rilevato che ad essere oggetto di limitazione è anche il diritto dell'utente a conservare nella cassetta cose aventi valore eccedente l'ammontare previsto, di talché sarebbe difficile sostenere che il patto non limiti anche l'oggetto del contratto (e, quindi, rientri nella disciplina ex art. 1229 c.c.).




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