-  Redazione P&D  -  16/04/2013

ALLA MENSA DEI POVERI CIBO AVARIATO - Cass. pen. 16473/2013 - Carlo PRISCO

Idoneità per il consumo degli alimenti e responsabilità

Con la sentenza in epigrafe la Corte di Cassazione è tornata in questi giorni a occuparsi dell'applicazione dell'art. 5, comma primo lett. b) della legge 30 aprile 162, n. 283, ribadendo un orientamento già consolidato, ma tuttavia disatteso dalla Corte d'Appello di Perugia, in ordine alla vendita di cibi in cattivo stato di conservazione.

In particolare la S.C. sottolinea che non rileva la sussistenza della fattispecie al momento dell'acquisto, ovvero il suo successivo verificarsi, poiché, trattandosi di reato di pericolo, commette reato "chiunque detiene per le somministrazione un prodotto non conforme alla normativa deve rispondere a titolo di colpa per non aver fatto eseguire i controlli necessari ad evitare l'avvio dei prodotto al consumo".

E' insomma sufficiente la mera detenzione di alimenti che non rispettano i criteri previsti dalla legge per incorrere in responsabilità penale, poiché l'esercente dell'attività è tenuto a porre in essere le verifiche quale atto prodromico alla rivendita/distribuzione: "nel caso in esame non assume rilevanza l'accertamento in ordine al momento in cui il cibo era stato contaminato, essendo in ogni caso colui che destina il prodotto all'alimentazione obbligato a verificare la genuinità dello stesso prima dei suo impiego, rispondendo dei reato anche a titolo di colpa per omesso controllo".

Il secondo profilo rilevante della pronuncia riguarda l'identificazione del soggetto agente e anche in questo caso giungono conferme: "Il legale rappresentante del gestore di una società è responsabile per le deficienze della organizzazione di impresa e per la mancata vigilanza sull'operato dei personale dipendente, salvo che il fatto illecito non appartenga in via esclusiva ai compiti di un preposto, appositamente delegato a tali mansioni".

Insomma, chi gestisce l'attività (sia esso titolare dell'impresa o responsabile di un'associazione) ha il dovere di vigilare anche sulla condotta dei propri subordinati, non potendosi esimere dalla responsabilità penale soltanto per aver demandato ad altri il controllo, salvo che tale delega non sia istituzionalizzata mediante la designazione di una figura ad hoc.

Sotto il profilo probatorio, al fine di esimersi da responsabilità, l'imprenditore o l'organizzatore deve dimostrare "con prova certa, di avere delegato ad altri, tenuto conto delle caratteristiche e dimensioni della struttura operativa, il controllo degli alimenti".

L'apparato probatorio descritto dalla S.C. è particolarmente vincolante, atteso che si fa espresso riferimento anche ad una valutazione concreta di effettività della delega, che dovrà apparire fondata e sufficiente anche in ragione della struttura in cui si colloca e non soltanto alla luce di un criterio astratto. E' dunque lecito ipotizzare che, per esempio, non sarà sufficiente la mera prova di aver delegato ad un dipendente il controllo degli alimenti all'interno di un'azienda di grandi dimensioni, magari con numerosi magazzini alimentari e luoghi di somministrazione differenti e/o distanti tra loro: in tal caso potrebbe ritenersi comunque inidonea la designazione di un solo responsabile, ricadendosi nella responsabilità del titolare.




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