-  Converso Rosaria  -  09/12/2012

ACCERTAMENTO INDUTTIVO PER MANCATA CONSEGNA O MESSA A DISPOSIZIONE DI SCRITTURE INVENTARIALI - Cass. Trib. 21785/12 - Rosaria CONVERSO

Tra i compiti istituzionali affidati all"Agenzia delle Entrate rientra l"attività di controllo del corretto adempimento degli obblighi fiscali dei contribuenti. Tale attività è finalizzata a contrastare i fenomeni evasivi ed elusivi e a favorire l"adempimento spontaneo del contribuente(tax compliance). Da un lato, quindi, l"Agenzia ha il compito di contrastare i comportamenti fiscalmente non corretti e, dall"altro, di provocare un effetto dissuasivo che stimoli al massimo l"adesione spontanea.

Per verificare il regolare adempimento degli obblighi tributari, l"Agenzia delle Entrate adotta diversi strumenti di controllo: i controlli automatizzati e formali delle dichiarazioni fiscali, gli inviti al contraddittorio e i questionari, le attività istruttorie esterne (per esempio, controlli mirati e verifiche fiscali), le indagini finanziarie e l"attività di tutoraggio nei confronti delle imprese di più rilevante dimensione.

Utilizzando questi metodi spesso si giunge alla rettifica della posizione reddituale del contribuente, che viene formalizzata attraverso l"avviso di accertamento, atto con il quale l"Agenzia delle Entrate chiude il controllo e rappresenta il risultato dell"attività istruttoria e dei singoli metodi accertativi utilizzati: per le persone fisiche, in genere, si ha l"accertamento sintetico del reddito complessivo; per gli imprenditori, sempre in via esemplificativa, l"accertamento contabile o induttivo.

Il caso esaminato dai Giudici della V sezione, Tributaria, della Suprema Corte (Cass. Civ., 5 dicembre 2012, n. 21785), riguarda un accertamento induttivo del reddito d"impresa, quale conseguenza della mancata "allegazione" delle scritture inventariali. La materia è regolata dall"art. 39 del DPR 600/73, laddove è previsto che l"accertamento induttivo delle imposte sui redditi possa essere basato sulla documentazione extracontabile, utile a far emergere le attività non dichiarate dal contribuente. I documenti validi ad attestare l"incompletezza, la falsità o l"inesattezza degli elementi indicati in dichiarazione possono essere rappresentati da appunti personali e/o, comunque, informali, o da annotazioni personali, oppure, ancora, da agende o brogliacci tenuti dall"imprenditore. Tali prove contribuiscono a ricostruire e riepilogare la situazione economica, patrimoniale e finanziaria del contribuente, assumendo quella caratteristica di "gravità, precisione e concordanza", prevista dal citato art. 39, necessaria per la legittimazione dell"attività del fisco. Secondo quanto affermato dalla Corte, la contribuente aveva l'obbligo - prescritto ex lege - di consegnare tutta la contabilità, comprese, ovviamente, le scritture inventariali. Pertanto, non avendo messo a disposizione l'inventario e le distinte inventariali, l'Agenzia delle Entrate era - per ciò stesso - autorizzata a ritenere inattendibile la contabilità e, quindi, a procedere all'accertamento induttivo ai sensi e per gli effetti di cui all"art. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 600 del 1973.

Il detto accertamento non soffre di speciali limitazioni legislative o "di fatto" nella applicazione presuntiva delle percentuali di ricarico nemmeno nel caso in cui l"Agenzia delle Entrate proceda nei confronti di un"impresa cooperativa.




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