Due donne, unite civilmente, scelgono di accedere ad un percorso di procreazione medicalmente assistita condividendo un progetto di genitorialità.
Al momento della registrazione della nascita del figlio avuto dalla donna che, recandosi all’estero, si è sottoposta alla fecondazione eterologa, è stata loro negata la possibilità di registrare, come “madre”, anche il nominativo dell’altra donna, madre “intenzionale”.
Rivoltesi al Tribunale di Venezia per ottenere quanto amministrativamente loro negato, il Giudice rimetteva gli atti al giudizio del Giudice della Legge sollevando la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 20 della legge 76/16 “nella parte in cui limita la tutela.. delle coppie di donne omosessuali unite civilmente ai solo diritti.. e doveri nascenti dall’unione civile”, e dell’art. 29, comma 2, del DPR 396/00 nella parte in cui “limita la possibilità di indicare il solo genitore legittimo nonchè quelli che rendono ..o hanno dato il consenso ad essere nomanti e non anche alle donne tra loro unite civilmente e che abbiano fatto ricorso (all’estero) a procreazione medicalmente assistita”.
Il dubbio di legittimità costituzionale sopra indicato è stato respinto dalla Corte Costituzionale sulla base delle seguenti considerazioni:
L’art. 30 Cost., inoltre, chiarisce la Corte, non implica necessariamente l’esistenza nella famiglia di figli il cui concepimento resta un atto di libertà e di volontarietà che deve sempre essere bilanciato con altri interessi parimenti costituzionalmente protetti (“particolarmente quando si discuta della scelta di ricorrere a tecniche di PMA le quali, alterando le dinamiche naturalistiche del processo di generazione degli individui, aprono scenari affatto innovativi rispetto ai paradigmi della genitorialità e della famiglia storicamente radicati nella cultura sociale”).
In modo coerente con quanto sopra chiarito dalla Corte si pongono le fonti europee in materia di famiglia ed, in particolare, la Carta di Nizza e la Cedu che, infatti, rinviano entrambe ed in modo esplicito alle singole legislazioni nazionali e al rispetto dei principi ivi affermati chiarendo – in particolare – la Corte Edu che “gli Stati non sono tenuto a registrare i dettagli del certificato di nascita di un bambino nato attraverso la maternità surrogata all’estero per stabilire la relazione legale genitore – figlio con la madre designata: l’adozione può anche servire come mezzo per riconoscere tale relazione purchè la procedura stabilità dalla legislazione nazionale ne garantisca l’attuazione tempestiva ed efficace”.
Conclusivamente, considerato che – osserva la Corte - l’annotazione sui certificati di nascita di una duplice genitorialità femminile non è in sé contraria a principi di ordine pubblico ma che, in ogni caso, la relativa esigenza risponde a interessi di carattere collettivo, la scelta dell’annotazione sull’atto di nascita della doppia genitorialità (madre biologica e madre intenzionale) è rimessa ad una esclusiva volontà legislativa.