-  Peron Sabrina  -  16/02/2017

T. Paola 9.1.2017 Diffamazione online e link di pubblicazione sentenza - Sabrina PERON

Il caso

 Con ordinanza in data 19.08.2016 data il Tribunale di Paola respingeva il ricorso cautelare promosso in via d"urgenza per ottenere la rimozione dalla pagina facebook e da un sito internet della resistente, un articolo ritenuto diffamatorio dalla società ricorrente (un istituto di credito).

In sede di reclamo, il Tribunale di Paola,  con ordinanza del 09.01.2017 che qui si pubblica, in parziale accoglimento del reclamo proposto, ha ordinato alla resistente/reclamata di: (i) "correggere" la notizia inserendo nella pagina on-line in cui l"articolo era stato diffuso via internet di un link che richiamasse  per estratto l"ordinanza, (ii) pubblicare un estratto dell"ordinanza nella sia versione cartacea sia in quella on-line di testate giornalistiche locali oltre che sul profilo facebook e sul sito internet della reclamata.

A quanto consta, si tratta di uno dei primi provvedimenti assunti in sede cautelare che dispone, come mezzo di riparazione, la pubblicazione del provvedimento tramite un link di richiamo.

 

L"informazione on-line

La rete – anche grazie al recente avvento dei social network – viene sempre più utilizzata sia per diffondere sia per reperire informazioni, che circolano e vengono reinserirete nel circuito della rete attraverso siti web, blog, social network e forum di discussione, etc. etc.

In proposito è stato osservato come l"uso «generalizzato dei motori di ricerca, dei social network e delle piattaforme digitali di condivisione dei contenuti ad accesso libero, ed alimentate dall"attività di uploading degli stessi utenti/fruitori di servizi, hanno amplificato a dismisura la facilità di immissione di contenuti (anche illeciti) e reso più agevole la loro reperibilità e percezione, ben oltre la popolarità dello spazio web dove i contenuti erano stati (eventualmente) originariamente collocati» (L. Bugiolacchi, (Dis)orientamenti giurisprudenziali in tema di responsabilità degli internet provider, RCP, 2010, 7/8, 1568).

Il rischio che corre è quello della formazione di false credenze in ordine alla verità delle informazioni in circolazione nella rete e/o nei mezzi di comunicazione tradizionali, che  - richiamandosi l"un l"altro - finiscono con l"attribuirsi veridicità reciproca, con un effetto di «cassa di risonanza», particolarmente elevato e particolarmente leviso nel caso in cui si immettano in circolazione notizie false (Cass. Civ., n. 10686/2008, DVD Foro it.).

In proposito come correttamente rilevato nel provvedimento qui in esame, «nel caso di diffamazione commessa tramite internet, la particolare diffusività del mezzo usato per propagare il messaggio denigratorio rende l"agente meritevole di un più severo trattamento penale, atteso che "la diffusività e la pervasività di internet sono solo lontanamente paragonabili a quelle della stampa ovvero delle trasmissioni radio-televisive" (cfr. ex multis Cass. Pen., n. 4741/2000). Ed invero, è proprio la potenzialità diffusiva del mezzo informatico che conduce ad affermare come la pubblicazione di un contenuto offensivo in rete trovi per ciò solo un"amplificazione della sua lesività, considerata l"idoneità del veicolo a raggiungere un numero indeterminato di destinatari (cfr. Cass. Pen., n. 41276/2015)».

A ciò si aggiunga che le notizie immesse on-line, rischiano di "galleggiare" in un eterno presente (Cass. Pen., n. 4501/2009, RCP, 2010, 1060), tanto che parla di una sorta di "eternità mediatica" delle notizie (Cass. Pen., n. 10594/2013 e T. Napoli 11184/2015, Ius Explorer, i quali osservano come per contro «la diffamazione realizzata attraverso i giornali» abbia «certamente impatto minore e durata limitata, atteso che, a meno di ulteriori ri-pubblicazioni, la sua diffusione (e la sua lesività) si esauriscono in breve spazio di tempo»).

Da ultimo per una migliore comprensione del caso in esame, vengono in rilievo i seguenti orientamenti:

-    la diffamazione «si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono l'espressione ingiuriosa e, dunque, nel caso in cui frasi o immagini lesive siano state immesse sul web, nel momento in cui il collegamento viene attivato» (Cass. Pen., n. 12695/2014);

-    la «tutela costituzionale assicurata dall'art. 21, comma 3, Cost. alla stampa si applica al giornale o al periodico pubblicato, in via esclusiva o meno, con mezzo telematico, quando possieda i medesimi tratti caratterizzanti del giornale o periodico tradizionale su supporto cartaceo e quindi sia caratterizzato da una testata, diffuso o aggiornato con regolarità, organizzato in una struttura con un direttore responsabile, una redazione ed un editore registrato presso il registro degli operatori della comunicazione, finalizzata all'attività professionale di informazione diretta al pubblico, cioè di raccolta, commento e divulgazione di notizie di attualità e di informazioni da parte di soggetti professionalmente qualificati. Ne consegue che, ove sia dedotto il contenuto diffamatorio di notizie ivi pubblicate, il giornale pubblicato, solo o anche, con mezzo telematico non può essere oggetto, in tutto o in parte, di provvedimento cautelare preventivo o inibitorio, di contenuto equivalente» (Cass. Civ. S.U, n. 23469/2016, Ius Explorer). Per contro invece, è stato ritenuto legittimo il sequestro preventivo di un «sito, qualificato blog anche dal suo gestore, che sia stato utilizzato per commettere il reato di diffamazione e manchi degli elementi necessari a individuare una testata giornalistica telematica (assenza del carattere della periodicità regolare delle pubblicazioni, della testata e della registrazione), non rilevando in senso contrario la natura dell'attività informativa svolta dal sito medesimo, né la circostanza che il gestore fosse iscritto all'ordine dei giornalisti» (Cass. Pen., n. 12536/2016, Ius Explorer).

 

La decisione

Facendo applicazione dei principi giurisprudenziali sopra sinteticamente illustrati, il Tribunale di Paola ha ritenuto fondata la sussistenza de periculum in mora richiesto per i provvedimenti da emettersi in via d"urgenza. Difatti, la permanenza in rete delle notizie diffamatorie, considerata anche la «specifica attività della società ricorrente" (un istituto di credito), non solo è causa di danno risarcibile, ma comporterebbe anche una successiva difficile determinazione dello stesso «quanto meno sotto l"aspetto della perdita di chance commerciali, in caso di permanenza in rete di notizie diffamatorie». Con specifico riguardo alla reputazione professionale e commerciale degli istituti di credito, posto ovviamente che la lesione alla reputazione può riguardare qualsiasi «persona fisica o anche entità giuridica o di fatto, quale una fondazione, un"associazione o una società» (Cass. Pen., n. 43184/2912, DVD Foro it.), l"ordinanza richiama il precedente del Tribunale di Teramo, che ha ritenuto dover accogliere la «richiesta di tutela cautelare urgente avanzata da una banca che lamenti la lesione del diritto all'onore, decoro e reputazione derivante dalla presenza, in un sito internet, di notizie incomplete sull'accertamento giudiziario di una truffa posta in essere dalla banca medesima» (Trib. Teramo, 11.12.1997, FI, 1998, I, 594).

Con riguardo, invece, alla sussistenza del fumus boni iuris, Il Tribunale – sia pure in sede di ricognizione sommaria – ha accertato la verità di quanto riferito per la maggior parte dei passi dell"articolo segnalati come diffamatori, tuttavia ha ritenuto che l"aver erroneamente indicato, nell"articolo e nel titolo, che i locali banca erano stati oggetto di perquisizione da parte della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, anziché al Nucleo di Polizia Valutaria Guardia di Finanza di Reggio Calabria, fosse idoneo a «ingenerare nel lettore l"idea che le condotte criminose imputabili alla banca presentassero specifici connotati mafiosi (fattispecie, questa, che non risulta affatto dimostrata); il che certamente conferisce all"inesattezza una capacità offensiva non giustificata».

Tuttavia con riguardo all"applicazione della misura cautelare, il Tribunale ha accertato che «non si verte in tema di pubblicazioni a mezzo stampa; il testo menzionato parrebbe infatti veicolato su un sito privo delle caratteristiche di periodicità e registrazione proprie degli stampati di cui alla l. n. 47/1948», ragion per cui non potrebbero trovare applicazione le guarentigie di cui all"art. 21 Cost., che l"evoluzione della più recente giurisprudenza ha esteso anche alle testate telematiche (cfr. Cass. Civ. S.U, n. 23469/2016, cit., e Cass. Pen., n. 12536/2016, Ius Explorer, solo per citare le più recenti).

Ciò posto, il Tribunale ha osservato come, pur non risultando, dunque, «applicabile la disciplina di cui all"art. 1  R.D.Lgs. n. 561/1946, impeditiva del sequestro, e quindi di ogni provvedimento che ne realizzi le finalità,  come deve affermarsi per la rimozione, l"oscuramento o la cancellazione di un articolo dal web sino a che non sia intervenuta una sentenza definitiva dell"autorità giudiziaria" e pur dovendosi richiamare la "possibilità di procedere alla rimozione di pagine dalla rete (sino alla disabilitazione di un sito web con conseguente impedimento di accesso alle informazioni in precedenza ivi contenute), prevista dagli artt. 15, 16 e 17 d.lgs. n. 70/2003», nel caso di specie – considerata la portata lesiva circoscritta dell"errore in cui era incorso l"articolista – «la misura richiesta della rimozione dell"articolo», non fosse «proporzionata allo spessore dell"offesa arrecata».

Per tale ragione (ed anche in virtù della natura atipica dei rimedi esplicabili in sede di procedimento ex art. 700 c.p.c.), il Tribunale di Paola ha preferito seguire l"orientamento giurisprudenziale che, per i casi di diffamazione a mezzo stampa di testata telematica, ritiene che la «pubblicazione della sentenza di condanna ex art. 120 c.p.c., su quotidiani nazionali con particolare diffusione sul territorio», possa «contribuire a riparare il danno, unitamente all"inserimento alla pagina on-line in cui l"articolo è diffuso via internet, di un link che richiami il dispositivo della sentenza» (Trib. Milano, 17.12.2012, RCP, 2013, 1274). Del resto, «se un diritto all"aggiornamento della notizia negli archivi on line delle testate giornalistiche sussiste con riferimento al contenuto di articoli non diffamatori, che hanno dato conto di fatti veri, poi superati dagli sviluppi della vicenda di cui la cronaca giudiziaria si era occupata, a maggior ragione questo diritto deve essere riconosciuto con riferimento al contenuto di un articolo giornalistico che una sentenza passata in giudicato ha ritenuto diffamatorio, con la conseguente condanna dell"autore, del direttore responsabile e dell"editore del quotidiano al risarcimento del danno arrecato con la pubblicazione» (App. Milano, 27.01.2014, Ius Explorer).

 

In virtù di tali presupposti, il Tribunale di Paola ha ordinato alla reclamata di inserire, nella pagina on-line in cui l"articolo veniva diffuso, un link che richiami l"estratto del provvedimento.

Il Tribunale ha altresì ordinato (a cura della reclamante e a spese della parte reclamata), la pubblicazione per estratto dell"ordinanza sia sulla versione cartacea sia su quella on-line di alcune testate locali, nonché sul profilo facebook della reclamata e sul sito della stessa, per due volte consecutive ed a caratteri doppi rispetto al normale (anche se con riguardo alla pubblicazione nella pagina facebook e sul  sito della reclamata, non è chiaro come possa provvedervi direttamente la reclamante).

Infine, ha ordinato alla reclamata di astenersi dall"inserire e diffondere nella propria pagina facebook e nel proprio sito contenuti offensivi e diffamatori al pari di quelli sopra riconosciuti idonei ad arrecare pregiudizio alla banca reclamante.




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