-  Belotti Andrea  -  08/09/2012

STUDI DI SETTORE E ACCERTAMENTO INDUTTIVO – Cass. 13824/12 – Andrea BELOTTI

"In tema di accertamento induttivo dei redditi, l'Amministrazione finanziaria può - ai sensi dell'art. 39 del D.P.R. n. 600 del 1973 - fondare il proprio accertamento sia sull'esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, desumibili «dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio dell'attività svolta», come nella specie, sia sugli studi di settore, nel quale ultimo caso l'Ufficio non è tenuto a verificare tutti i dati richiesti per uno studio generale di settore, potendosi basare anche solo su alcuni elementi ritenuti sintomatici per la ricostruzione del reddito del contribuente."

Questa la sostanza della pronuncia della Suprema Corte che qui si propone, a seguito del ricorso dell'Agenzia delle Entrate contro la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 257/05/09, con la quale il giudice di secondo grado osservava che la società accertata teneva una contabilità affetta da vizi non rilevanti e tali da non giustificare l'accertamento induttivo nella fattispecie adottato. Rileva innanzitutto la Corte come il giudice di secondo grado in realtà ometteva di esplicitare il procedimento argomentativo attraverso il quale perveniva al giudizio di rigetto dell' appello dell'agenzia. Ma soprattutto la ricorrente lamentava violazione di legge, poiché la CTR non teneva conto che l'accertamento si basava sulle gravi irregolarità riscontrate in sede di verifica, analiticamente documentate, ad esempio che nella specifica attività di macelleria parecchi animali non erano stati registrati, le fatture emesse erano di numero inferiore a quelle prescritte, i ricavi erano stati calcolati sui prezzi praticati ed esposti, la parte aveva rifiutato di fornire le rese effettive e si era tenuto conto della metodologia prevista per l'attività di macelleria. E accogliendo tale eccezione la Suprema Corte afferma che "la doglianza è fondata, posto che in tema di accertamento induttiva dei redditi, l'Amministrazione finanziaria può - ai sensi dell'art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 - fondare il proprio accertamento sia sull'esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, desumibili «dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio dell'attività svolta», come nella specie, sia sugli studi di settore, nel quale ultimo caso l'Ufficio non è tenuto a verificare tutti i dati richiesti per uno studio generale di settore, potendosi basare anche solo su alcuni elementi ritenuti sintomatici per la ricostruzione del reddito del contribuente (Cfr. anche Cass. Sentenza n. 16430 del 27/07/2011). Del resto in tema di accertamento tributario, la necessità che lo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli studi di settore testimoni una "grave incongruenza", espressamente prevista dall'art. 62-sexies del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, aggiunto dalla legge di conversione 29 ottobre 1993, n. 427, ai fini dell'avvio della procedura finalizzata all'accertamento, deve ritenersi implicitamente confermata, nel quadro di una lettura costituzionalmente orientata al rispetto del principio della capacità contributiva, dall'art. 10, comma l, della legge 8 maggio 1998, n. 146, il quale, pur richiamando direttamente l'art. 62 -sexies cit, non contempla espressamente il requisito della gravità dello scostamento, come nel Sentenza n. 26635 del 18/12/2009."




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