-  Gasparre Annalisa  -  27/05/2016

Stalking in danno di prostituta: il fine non giustifica i mezzi – Cass. pen. 20711/16 – Annalisa Gasparre

Un buon "samaritano" ha avvicinato una prostituta per "redimerla". Pare abbia esagerato, perché la donna l"ha fatto condannare per stalking.

In effetti, l"imputato ha dichiarato di aver fatto pressione sulla donna perché intenzionato a riportarla sulla "retta via". Ma la conseguenza della sua condotta è stata quella di chi si è sentito in pericolo, tanto da chiedere l"aiuto della Polizia.

La sentenza è interessante perché spinge a riflettere sul dibattuto rilievo che hanno le reazioni soggettive della vittima, profilo molto criticato e, d"altra parte, sull"irrilevanza dei motivi, anche se questi possono avere un peso nella quantificazione dell"elemento soggettivo o rilevare come indici da cui ricavare l"elemento soggettivo oggetto di accertamento.

I giudici sottolineato che la ragione evocata di convincere la donna a smettere di prostituirsi non azzera la gravità del comportamento.

Sul tema, oltre ai numerosi contributi su questa Rivista, per un"analisi completa, volendo, Gasparre, Il reato di stalking tra profili teorici e applicazioni giurisprudenziali. Un viaggio tra procedure e diritto, Key Editore, 2015.

 

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 21 marzo – 18 maggio 2016, n. 20711 - Presidente Vessichelli – Relatore Morelli

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Bologna del 17.2.15 che condannava D.L.A. in ordine al reato di atti persecutori in danno di S.M.C..
1.1. La Corte d'Appello, richiamate interamente le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, evidenzia l'attendibilità della parte offesa e l'esistenza di elementi di riscontro, costituiti dalla deposizione di un agente di PG che intervenne in un bar, su richiesta della S., trovandola in grave agitazione e motivo delle condotte del D.L., nonché delle stesse ammissioni da parte dell'imputato, il quale ha dichiarato di avere effettivamente fatto pressione sulla donna perché voleva redimerla, trattandosi di una prostituta.
2. Propone ricorso l'imputato personalmente deducendo violazione e falsa applicazione degli artt.42 e 612 bis c.p. e assenza di motivazione.
Si evidenzia che i fatti ascritti all'imputato risalgono ad un breve periodo, fra il luglio 2014 e il 12 settembre 2014, che la parte lesa non aveva mutato abitudini di vita, tanto è vero che le ulteriori condotte in suo danno oggetto di un distinto processo sempre a carico si sono verificate nei medesimi luoghi, ed infine che difetta l'elemento soggettivo del reato, in quanto il D.L. era mosso esclusivamente dall'intento di redimere la donna.
Eventuali condotte aggressive in danno della parte lesa potranno essere diversamente rubricate come ingiuria o minaccia.

Considerato in diritto

1. II ricorso è inammissibile in quanto reitera censure in fatto già oggetto dell'appello e in ordine alle quali la sentenza impugnata replica con adeguate argomentazioni, rispetto alle quali difetta, nel ricorso, una critica puntuale.
1.1. In tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili i motivi che si limitano a riprodurre le censure dedotte in appello, anche se con l'aggiunta di frasi incidentali di censura alla sentenza impugnata meramente assertive ed apodittiche, laddove difettino di una critica argomentata avverso il provvedimento  e l'indicazione delle ragioni della loro decisività rispetto al percorso logico seguito dal giudice di merito. (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013 Rv. 254584) 1.2. Pur denunciando formalmente violazione di legge, il ricorso costituisce, con tutta evidenza, reiterazione delle difese di merito ampiamente e compiutamente disattese dai Giudici di appello, oltre che censura in punto di fatto della sentenza impugnata, inerendo esclusivamente alla valutazione degli elementi di prova ed alla scelta delle ragioni ritenute idonee a giustificare la decisione, attività che rientrano nel potere discrezionale dei giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, se sorretto come nel caso in esame, da adeguata e congrua motivazione esente da vizi logico-giuridici. (sez.2 n°42595 del 27.10.09, Errico; Sez. 2, n. 9242 del 08/02/2013 Rv. 254988).
1.3. Quanto ai rilievi svolti circa l'elemento soggettivo del reato, va evidenziato che nel delitto di atti persecutori, che ha natura di reato abituale di evento, l'elemento soggettivo è integrato dal dolo generico, il cui contenuto richiede la volontà di porre in essere più condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell'abitualità del proprio agire, ma non postula la preordinazione di tali condotte, elemento non previsto sul fronte della tipicità normativa, potendo queste ultime, invece, essere in tutto o in parte anche meramente casuali e realizzate qualora se ne preseti l'occasione ( Sez.5 n.43085 del 24.9.15 Rv.265230).
Irrilevante, quindi, che il ricorrente abbia agito, a suo dire, con l'intento di convincere la parte offesa a smettere di prostituirsi.
2. La natura dei reati impone particolari cautele nella diffusione del presente provvedimento, per il cui caso si dispone che siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d. lgs. 196/03.

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Dispone che in caso di diffusione dei presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d. Igs. 196/03.




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