-  Caporale Sabrina  -  27/02/2014

RESPONSABILITA MEDICA: TERMINI DAI QUALI INIZIA A DECORRERE LA QUERELA – Cass. pen. 9194/2014 – S. CAPORALE.

Sottoposto a procedimento penale, perché indagato del reato di lesioni colpose in danno di un minore, in qualità di suo medico curante, l"uomo veniva accusato di ritardata diagnosi di sordità in danno del medesimo.

Sennonché, con sentenza del 14 giugno 2012 la Corte d'appello di Milano, in riforma della precedente sentenza emessa dal giudice di primo grado, dichiarava non doversi procedere nei confronti dello stesso, perché l'azione penale non poteva essere iniziata per tardività della querela. Ebbene, la Corte territoriale riteneva che la querela presentata dai genitori del minore, fosse giunta oltre i termini previsti per legge.

Cosicché per la cassazione della predetta sentenza proponeva, ricorso dinanzi alla Suprema Corte romana, il Procuratore Generale della Repubblica, presso il medesimo Ufficio di Corte d'appello.

Sul punto, la riflessione e il giudizio della Corte.

Il ricorso è fondato e deve essere, pertanto, accolto !

«Va anzitutto premesso – affermano i giudici della Corte - che l'accertamento svolto dal giudice di merito sulla tempestività, o tardività, della querela involge anche un accertamento di fatto che, se condotto con corretti criteri logico giuridici, si sottrae al controllo di legittimità. Nel caso in esame l'accertamento di fatto condotto dal giudice di merito non è posto in discussione; con il ricorso si contesta invece la correttezza dei criteri utilizzati dal giudice di merito per individuare il momento iniziale del decorso del termine per la proposizione della querela che, per giurisprudenza costante, coincide con quello in cui il titolare del diritto di querela viene a completa conoscenza del fatto reato nei suoi elementi costitutivi di natura oggettiva e soggettiva. Questa conoscenza – aggiunge - non può essere limitata, come sostanzialmente ritiene la sentenza impugnata, alla sola consapevolezza dell'esistenza di conseguenze della patologia che ha riguardato la persona ma deve quanto meno estendersi alla possibilità che, su questa patologia, abbiano influito errori diagnostici o terapeutici dei medici che hanno seguito il caso. Diversamente difetterebbe la consapevolezza dell'astratta esistenza di un'ipotesi di reato che non si realizza solo con il verificarsi di un evento materiale ma richiede che la persona offesa abbia coscienza, sia pure sommaria, della violazione di regole cautelari nel trattamento della patologia e dell'influenza causale di questa violazione sull'evento dannoso verificatosi».

«In questo senso va interpreta la giurisprudenza di legittimità, dalla quale si evince che il termine inizia a decorrere quando la persona offesa abbia la piena cognizione di tutti gli elementi di natura oggettiva e soggettiva che consentono la valutazione dell'esistenza del reato (Cass., Sez. IV, 7 aprile 2010, n. 17592 del 07/04/2010; Cass., sez. IV, 30 gennaio 2008, n. 13938; Cass., sez. 3, 19 dicembre 2005 n. 3943; sez. 5, 19 dicembre 2005 n. 5944; 6 febbraio 2003 n. 11781; sez. 2, 24 luglio 2002 n. 29923; sez. 5, 20 gennaio 2000 n. 3315)».

Alla luce di siffatte premesse, aggiungono gli ermellini «non è possibile, in tema di lesioni colpose astrattamente riconducibili a responsabilità medica, che la mera conoscenza delle conseguenze subite in esito al trattamento terapeutico costituisca consapevolezza dell'esistenza del reato perché difetta ancora, nella persona offesa, la consapevolezza della circostanza che il medico ha violato le regole dell'arte medica cagionando le lesioni».

Orbene, poiché, nel caso in esame «la Corte territoriale si è limitata all'accertamento della consapevolezza dell'esistenza degli esiti della malattia senza indagare funditus se i querelanti fossero a conoscenza degli errori diagnostici e terapeutici ipotizzati e senza verificare se questa conoscenza sia intervenuta solo dopo l'espletamento della consulenza medico legale di parte», non può che affermarsi l"ammissibilità del ricorso de quo e il conseguente annullamento della sentenza impugnata.




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