-  Ferrara Eufemia  -  15/05/2012

RESPONSABILITA DELLENTE NEI CONFRONTI DEL SANITARIO PER CONTAGIO DI EPATITE - Cass. 6562/2012 - Eufemia FERRARA

La pronuncia della Suprema Corte pone l"attenzione sulla responsabilità degli enti sanitari nei confronti dei sanitari che svolgono l"attività all"interno della struttura ospedaliera.

La Suprema Corte si è recentemente pronunciata in una vicenda che vedeva coinvolti la Seconda Università degli Studi di Napoli e l"Azienda Ospedaliera Universitaria della Seconda Università degli studi di Napoli per il risarcimento dei danno connesso all"invalidità permanente sofferto dal medico odontoiatra in regime libero professionale affetto da epatite C.

La Corte d"Appello di Napoli escludeva la fondatezza delle domande, proposte dagli eredi del sanitario, nei confronti degli Enti, stante la mancanza del prescritto nesso causale tra il comportamento omissivo addebitato agli enti convenuti e il danno residuato al sanitario.

Gli eredi del sanitario proponevano ricorso in Cassazione.

Ancora, nel caso in esame la Corte di Appello di Napoli aveva osservato che doveva escludersi la legittimazione passiva degli enti convenuti, atteso che la legge n. 245 del 1990 aveva istituito la Seconda Università di Napoli, stabilendo lo scorporo dell"Ateneo Federico II di Napoli della I facoltà di medicina, lungi dall"onerare il nuovo Ateneo dalle pregresse situazioni debitorie, aveva previsto il subentro dello stesso solo nei rapporti relativi al funzionamento della I facoltà di medicina che fossero in corso alla data dell"inizio dell"anno accademico (1992-1993) e che analoghe considerazioni dovevano svolgersi per la relativa Azienda ospedaliera, la quale era subentrata esclusivamente nei rapporti di lavoro a tempo determinato in essere con l"Università all"atto della sua costituzione e fino alla loro scadenza.

La Corte di Cassazione, ha ritenuto non condivisibile quanto espresso dalla Corte d"Appello in quanto incompatibile con il significato letterale delle espressioni utilizzate dal legislatore in materia di successione dei rapporti contrattuali in caso di cessione e di trasferimento di complessi aziendali e, comunque, di passaggio di attività e di funzioni pubbliche.

Infatti, i Supremi Ermellini hanno osservato che la tesi adottata dalla Corte d"Appello risulta incompatibile con il fenomeno della successione fra gli enti con riferimento alle situazioni contrattuali trasferite, alla luce delle disposizioni generali dell"art. 2112 c.c. esteso dall"art. 31 del decreto legge n. 368 del 2001 anche al trasferimento o conferimento di attività svolte dalla pubblica amministrazione, con enti pubblici o loro aziende e strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, e dello stesso art. 2558 c.c..

Con la conseguenza, dunque, come già osservato dalla Corte di Cassazione, che il cessionario può esercitare i poteri disciplinari inerenti al rapporto di lavoro per fatti antecedenti la cessione dell"azienda (Cass. 20221/2007), che l"imprenditore cessionario può ben succedere nel credito del cedente avente ad oggetto la negligente esecuzione della prestazione (Cass. 4873/1995), o ancora che il procedimento disciplinare, sospeso al tempo del trasferimento, può essere riattivato e concluso dall"amministrazione subentrante (Cass. 758/2006).

Altresì, tale principio è ben precisato nell"art. 2112 c.c. il quale stabilisce che in caso di trasferimento d"azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario conservando tutti i diritti che ne derivano e, pertanto, il cessionario subentra per l"effetto del trasferimento in tutte le posizioni attive e passive del cedente.

Cosi, la Suprema Corte, in merito al caso in esame, ha osservato che, alla luce della disposizione dell"art. 2 comma 12 della legge n. 245 del 1990, la nuova università deve subentrare in tutti i rapporti giuridici inerenti al funzionamento delle strutture trasferite e, pertanto l"ente subentrante succede nel complesso delle posizioni attive e passive inerenti ai rapporti contrattuali strumentali alla realizzazione delle funzioni trasferite, ancorché trovino "titolo in fatti e situazioni maturati nel periodo precedente alla cessione".

I ricorrenti, ancora, impugnavano la sentenza della Corte d"Appello sostenendo che nel caso in esame non poteva escludersi la responsabilità sua contrattuale che extracontrattuale degli enti convenuti per il contagio dell"epatite C sofferta dal sanitario, dal momento che la scienza medica conosceva sin dagli anni 70 l"epatite A e B e successivamente dei virus e la loro trasmissione per l"infezione., ragion per cui se fossero stati utilizzati strumenti protettivi per evitare il contagio dell"epatite B, si sarebbe evitato anche il contagio dell"epatite C.

Al contrario i sanitari utilizzavano guati e mascherine di carta che non costituivano un efficace barriera rispetto al contagio di sangue infetto, essendo sprovvisti di occhiali e visiere mai fornite dal policlinico, sicché doveva ritenersi del tutto probabile che il contagio fosse avvenuto a causa del servizio reso.

La Corte di Cassazione ha ritenuto meritevole di accoglimento le ragioni di parte ricorrente sia in merito alla responsabilità da addebitare all"ente e sia in merito alla circostanza che l"adozione di adeguati strumenti precauzionali per la prevenzione della già nota epatite B avrebbe impedito anche la trasmissione dell"epatite C che "potendo la responsabilità da omissione sorgere, secondo l"ordinario criterio della colpa, ogni volta che il danno può essere evitato, con giudizio ex ante fondato sulla prevedibilità dello stesso", doveva, nella fattispecie, constatarsi che le tre infezioni A, B, e C costituiscono tre eventi lesivi, per cui la responsabilità civile va accertata sia relativamente al nesso causale che alla colpevolezza, con riferimento od ognuno dei tre virus e, quindi, alla prevedibilità degli stessi.

Le Sezioni Unite hanno già osservato che nel caso non sussistono, in realtà tre eventi lesivi, come se si trattasse di tre serie causali autonome e indipendenti, ma di un unico evento lesivo, cioè la lesione dell"integrità fisica, il nesso causale è unico (Cass. 576/2008).

Pertanto, la Corte di Cassazione nel caso in esame ha precisato che già a partire dalla data di conoscenza dell"epatite B sussiste in capo all"ente la responsabilità che per il contagio degli altri virus, che non costituiscono eventi autonomi e diversi, ma solamente forme di manifestazioni patogene dello stesso evento lesivo dell"integrità fisica da virus veicolati da sangue infetto.

Pertanto, la Corte di Cassazione ha ritenuto di rinviare ai Giudici di merito l"accertamento per l"omissione di cautele doverose in relazione all"attività pericolosa svolta dall"ente pubblico, che ha comportato il contagio da sangue infetto al sanitario durante lo svolgimento delle mansioni lavorative e se, una condotta doverosa, ove fosse stata tenuta avrebbe impedito il verificarsi dell"evento.

 




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