-  Anceschi Alessio  -  02/11/2015

RECUPERO DEL CREDITO PROFESSIONALE: L'APPARENTE DIVERGENZA TRA IL PROCEDIMENTO SOMMARIO DI COGNIZIONE ED IL PROCEDIMENTO SPECIALE: Alessio ANCESCHI

Fino al 2009 esistevano pacificamente tre procedure per recuperare il credito professionale del legale:

a) rito ordinario,

b) procedimento per decreto,

c) rito speciale previsto dall'art. 28, l. 794/1942.

In quell'anno si è aggiunto l'ulteriore rito sommario di cognizione previsto dall'art. 702 bis c.p.c.

Come noto, il d.lgs. 1.9.2011 n. 150 sulla semplificazione dei riti speciali di cognizione ha modificato il rito applicabile al procedimento speciale previsto dall'art. 28, l. 794/1942 rendendo applicabile il rito sommario di cognizione previsto dall'art. 702 bis c.p.c. con talune differenze specificate dall'art. 3 e 14, d.lgs. 150/2011.

Dottrina e giurisprudenza hanno evidenziato le differenze di fondo esistenti tra il procedimento ordinario di cognizione (art. 702 bis c.p.c.) ed il rito speciale adattato alla riforma del 2011 (art. 28, l. 794/1942 mod. d.lgs. 150/2011) che possono essere sostanzialmente così riassunte:

 

                                  Rito sommario di cognizione       Rito speciale modificato

a) Competenza           Tribunale in comp. monocratica       Tribunale in comp. collegiale

b) Appellabilità           appellabile                                    non appellabile

c) Aspetti procedurali possibilità di conv. nel rito ord.          impossibilità di conv. nel rito ord.

 

Tra gli aspetti processuali e sostanziali occorre inoltre evidenziare che mentre nel rito sommario di cognizione il cliente deve necessariamente farsi assistere da un avvocato, nel rito speciale può stare in giudizio personalmente e che il rito speciale è applicabile unicamente in ordine al recupero del credito professionale per attività svolta in sede giudiziale civile (e per l'attività stragiudiziale connessa ad essa).

Una parte della dottrina (Bulgarelli A.: "Recupero credito dell'avvocato, un bivio e due strade, Trib. Treviso 13.12.2012", Altalex) giunge a considerare che a seguito della riforma del 2011 esistano oggi 4 strade diverse per recuperare il credito professionale dell'avvocato oltre al rito ordinario e quindi in totale ben 5 riti diversi, ritenendo il rito speciale di cognizione alternativo al procedimento speciale, con le sue peculiari limitazioni.

Tale orientamento, a ben vedere, non appare in alcun modo condivisibile o quantomeno necessita di alcune specifiche precisazioni.

A questo riguardo occorre evidenziare che, prima della riforma del 2011, il procedimento speciale era ricalcato sul procedimento per decreto, pur con le sue connotazioni peculiari sia sotto il profilo processuale che sostanziale. In particolare, la proposizione dell'opposizione al provvedimento concernente la liquidazione delle spettanze professionali nel rito speciale (artt. 29 e 30, l. 794/1942 ora abrogati) non introduceva un procedimento ordinario, così come avveniva nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo bensì consentiva unicamente una trattazione "sommaria" in camera di consiglio, definito con procedimento non impugnabile (Cass. civ. 11.5.2006 n. 10939; Cass. civ. 1.12.2000 n. 15388).

Secondo la dottrina e la giurisprudenza dominanti, le limitazioni previste dal procedimento speciale si estendevano anche al procedimento per decreto, sicché l'opposizione al decreto ingiuntivo promosso dall'avvocato nei soli casi in cui fosse richiesto il pagamento del compenso relativo ad un'attività giudiziaria civile (quindi nei limiti di applicazione del rito speciale) doveva risolversi secondo lo speciale procedimento "sommario" previsto dagli abrogati artt. 29 e 30, l. 794/1942 (Cass. civ. 7.2.2007 n. 2623; Cass. civ. 31.8.2005 n. 17565; Cass. civ. 7.8.2002 n. 11882; Cass. civ. 11.10.2001 n. 12409) e fosse quindi inappellabile a prescindere dal tipo di provvedimento utilizzato (sentenza od ordinanza).

In pratica, a prescindere dal fatto che l'avvocato utilizzasse il procedimento per decreto od il rito speciale, l'opposizione proposta dal cliente doveva essere decisa nelle forme (e nei limiti) previsti dagli artt. 29 e 30, l. 794/1942, salvo che ovviamente, nel primo caso (procedimento per decreto) il credito professionale non riguardasse un'attività diversa da quella svolta in sede giudiziale civile. Nel secondo caso (procedimento speciale) ciò avrebbe viceversa comportato la declaratoria di improcedibilità.

Alla luce di tale (oramai pacifico) orientamento deve pertanto interpretarsi il limite posto dall'art. 3, d.lgs. 150/2011 al procedimento speciale modificato dalla medesima riforma, che rende inapplicabile allo stesso i co. 2° e 3° dell'art. 702 ter c.p.c. impedendo la conversione nel rito ordinario.

Occorre infatti evidenziare che la specifica ed espressa finalità della riforma del 2011 è quella della "semplificazione dei riti speciali" e non la loro sovrapposizione o la mera loro modificazione. La riforma ha putroppo scelto di "adeguare" il rito speciale al procedimento sommario di cognizione piuttosto che al ricorso per decreto, sul quale era costruito in precedenza, creando probabilmente qualche smarrimento nell'interprete, ma ciò non deve essere letto come un totale stravolgimento della disciplina sostanziale sul quale era ordinati in precedenza.

Certamente, piuttosto che creare incertezza e confusione, sarebbe stato preferibile abrogare semplicemente il rito speciale, anche alla luce dell'introduzione del nuovo strumento previsto dall'art. 702 bis c.p.c.

Il fatto però che ciò non sia stato fatto (ovverosia che il rito speciale non sia stato abrogato) non significa che il nuovo rito speciale, risultante dalla modifica operata dal d.lgs. 150/2011, si sovrapponga al rito speciale di cognizione ma piuttosto che si affianchi ad esso con tutte le conseguenze del caso. Alla luce di tale lettura (logica, sistematica e storicamente orientata) deve anche interpretarsi il limite posto dall'art. 3, d.lgs. 150/2011 che è o dovrebbe essere meramente apparente in quanto non costituirebbe un limite all'azione dell'avvocato, bensì un limite all'eccezione del cliente / convenuto alla luce della connaturata "sommarietà" della liquidazione del credito professionale dell'avvocato per le prestazioni svolte in sede giudiziale civile il cui accertamento si deve limitare unicamente alla verifica della corrispondenza del compenso richiesto ai parametri tariffari (ora disciplinati dal D.M. 55/2014), limitando la declaratoria di improcedibilità alle sole (rare e circoscrite ipotesi eccezionali) in cui risulti "effettivamente" controverso l'an debeatur.

Deve quindi ritenersi che, sulla scia dell'orientamento previgente, il nuovo rito speciale non si affianchi a quello previsto dall'art. 702 bis c.p.c.ma si sovrapponga ad esso, esattamente come, in precedenza, esso non si affiancava ma si sovrapponeva al procedimento per decreto.

Da ciò ne consegue che in tutti i casi in cui il legale agisca per il recupero del proprio credito professionale spettante per l'attività prestata in sede giudiziale civile (e per l'attività stragiudiziale connessa ad essa) trovi applicazione il rito speciale previsto dall'art. 28, l. 794/1942 (mod. d.lgs. 150/2011), con tutti i suoi limiti (art. 3, d.lgs. 150/2011), comunque più apparenti che reali, ovvero nient'altro che il rito sommario di cognizione "puro" (poichè ne viene impedita la conversione, oltreché l'appellabilità) a prescindere dal fatto che la causa sia stata astrattamente introdotta faendo riferimento all'art. 28, l. 794/1942 piuttosto che all'art. 702 bis c.p.c.

Questa è peraltro l'unica lettura coerente all'interpretazione logica, sistematica e "storica" della riforma del 2011.

Non si tratta quindi di due riti alternativi bensì di un unico rito "unificato", secondo i dettami e le finalità della riforma del 2011.

L'unica ipotesi in cui il procedimento sommario di cognizione "classico" risulti effettivamente applicabile nella sua piena estensione (e quindi senza i limiti sanciti dall'art. 3, d.lgs. 150/2011 e dell'inappellabilità) è quello in cui il legale agisca per il recupero di un credito professionale diverso da quello conseguente all'attività giudiziale (penale, stragiudiziale, amministrativo, giurisd. speciali).

Allo stesso modo, infatti, avveniva prima della riforma del 2011 con riferimento alla possibilità di applicare il rito ordinario all'opposizione a decreto ingiuntivo, piuttosto che i limiti sanciti dagli artt. 29 e 30, l. 794/1942.

Alla domanda di quanti siano oggi i riti applicabili per il recupero del credito professionale dell'avvocato la risposta è quindi 3 e non 5.

Sulla domanda di quali siano la risposta è invece: "dipende". Sempre e comunque il procedimento ordinario e quello per decreto, nei limiti ivi previsti. Il terzo procedimento sarà invece il procedimento sommario di cognizione "puro" (quindi, nella sostanza, il rito speciale previsto dall'art. 28, l. 794/1942 mod. d.lgs. 150/2011) per i crediti derivanti dall'attività giudiziale civile ed il procedimento sommario ordinario (art. 702ter c.p.c.) in tutti gli altri casi.

 

 

 

 




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