-  Valeria Cianciolo  -  18/10/2016

Questione di legittimità costituzionale dellart. 263 c.c. e maternità surrogata - di Valeria Cianciolo

Nota a Corte d"Appello di Milano, ordinanza 25 luglio 2016

Pres. ed est. La Monica

È una motivazione ben argomentata dalla sezione famiglia della Corte d"Appello di Milano, a latere di una questione invece più di nicchia sottoposta alla Consulta nel caso di un bimbo nato in India da una anonima madre indiana per conto della coppia italiana che poi lo aveva riconosciuto come figlio naturale: la questione della possibile incostituzionalità dell"impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità del figlio minorenne, nella parte in cui non prevede che possa essere accolta dal giudice solo ove risponda all"interesse del minore stesso.

E la questione in esame non concerne la liceità della pratica della surrogazione, ma i diritti del bambino da tale pratica nato - prospettiva efficacemente sintetizzata nella decisione di una Corte californiana (caso Re Buzzanca, Superior Court of California- Family Law Division 27.08.97) con le parole "..the baby is here. All the matter is what is best for him now that he is here and not how he is arrived..."-

"..il riferimento all'ordine pubblico non può, tuttavia, dare carta bianca e giustificare ogni tipo di rimedio, poichè l'obbligo di prendere in considerazione il superiore interesse del bambino incombe sullo Stato a prescindere dalla natura del legame genitoriale, sia esso genetico o di altro tipo.." afferma la Corte d"Appello meneghina richiamando la ben nota sentenza della Corte EDU, sentenza Paradiso/Campanelli (punto 80).

La scelta di introdurre il divieto, allora, non trova aggancio in Costituzione, ma è il risultato di una valutazione di natura essenzialmente morale in merito alla superiorità/preferibilità di quel modello di famiglia. Ma, come ricorda la Corte EDU, considerazioni di ordine morale non sono sufficienti a giustificare il divieto. È per questo motivo che il legislatore non avrebbe dovuto stabilire sanzioni (penali o amministrative, poco conta) allo scopo di difendere precetti morali.

Il Tribunale ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 263 cod. civ., nella parte in cui non prevede che l'impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità del figlio minorenne possa essere accolta solo quando sia ritenuta dal giudice rispondente all'interesse del minore stesso, in riferimento agli artt. 2, 3, 30 e 31 della Costituzione, e in riferimento all'articolo 117, comma 1, della Costituzione in relazione all'art. 8 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo, firmata a Roma il 04.11.1950 e resa esecutiva con L. 4 agosto 1955, n.848 e ha disposto la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

In attesa che la Corte Costituzionale si pronunci, facciamo qualche considerazione.

La scelta procreativa non dipende dalle convinzioni morali e religiose del legislatore ma da quelle dei genitori. Spetta a loro decidere in forza del principio di autodeterminazione e della libertà di coscienza.

Il legislatore (o un giudice, fa lo stesso) non può imporre il proprio codice morale anche se è condiviso dalla maggioranza dei cittadini.

Di fronte a questioni eticamente controverse, il legislatore può scegliere due strade alternative: lasciare che ciascuno sia libero di scegliere i propri valori e fini, e di agire conseguentemente, a condizione che non siano sacrificati interessi di altre persone oppure  sostenere che il diritto abbia lo scopo di conservare la moralità del gruppo sociale adeguandosi alle visioni etico/religiose prevalenti.

Sappiamo bene che proibire spesso significa relegare alla clandestinità e dunque, ci sembra utile tratteggiare lo sfondo di questo dibattito per contestualizzarlo.

Al momento, assistiamo a dei provvedimenti che suscitano frequenti controversie, non realizzano un adeguato bilanciamento fra i vari interessi in ballo e si pongono in contrasto con alcuni principi supremi dell"ordinamento: laicità, pluralismo, eguaglianza.

Paradossalmente oggi non è complicato risolvere "l"attribuzione della paternità" che tanto ha fatto tribolare gli interpreti… si rammenti il brocardo «mater semper certa, pater numquam»!

La dissociazione tra padre genetico e padre giuridico, infatti, non costituisce un problema e la sua legittimazione a seguito dell"inseminazione eterologa risulta socialmente accettabile. Peraltro, sotto il profilo giuridico, possiamo utilizzare lo schema del riconoscimento del figlio, che nell"ipotesi di fecondazione eterologa con donazione di spermatozoi è preventivo e irreversibile.

Rispetto alla paternità, una dissociazione intimamente profonda come quella tra madre genetica e madre biologica, non si configura affatto, poiché con la mediazione delle biotecnologie la figura del padre biologico – colui che feconda la madre a seguito di un rapporto sessuale – viene semplicemente meno.

E dunque, per la soluzione della dissociazione della maternità la storia del diritto non conosce precedenti.

Quante dissociazioni della e/o nella maternità?




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