-  Mazzon Riccardo  -  10/12/2012

QUANDO UN PRODOTTO PUO' DIRSI DIFETTOSO? - Riccardo MAZZON

Un prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere, tenuto conto di tutte le circostanze,

"ai sensi dell'art. 5 d.P.R. n. 224 del 1988 integra la nozione di difettosità, in quanto costituisce un"ipotesi di mancato rispetto delle condizioni di sicurezza, l'assenza o carenza di istruzioni relative all'utilizzo di un prodotto. La circostanza che la responsabilità del produttore sia stata affermata sulla base delle previsioni del d.P.R. n. 22 del 1988 non esclude che, qualora si ravvisi comunque un comportamento colposo del produttore e la sussistenza di un fatto reato si possa riconoscere il risarcimento del danno morale" (Trib. Vercelli 7 aprile 2003, RCP, 2005, 1447; CIV, 2009, 5, 97; DResp, 2003, 1001 – conforme, in casi di produttore che aveva predisposto e allegato alla caffettiera istruzioni lacunose ed ambigue, in modo particolare quelle relative alla valvola, ossia la componente che garantisce la sicurezza complessiva del prodotto: Trib. Vercelli 5 febbraio 2003, GI, 2004, 546 - cfr. amplius, da ultimo, "Responsabilita' oggettiva e semioggettiva", Riccardo Mazzon, Utet, Torino 2012),

tra cui:

a) il modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, la sua presentazione,

"viola i principi informatori della materia, con riguardo alla responsabilità civile, la sentenza pronunciata secondo equità dal giudice di pace che, adito da un fumatore di sigarette "lights" per ottenere la condanna del produttore, ex art. 2043 c.c. al risarcimento del danno derivante dall'apposizione sui pacchetti di tale dicitura asseritamente ingannevole, abbia accolto la domanda senza un'adeguata motivazione sul carattere decettivo del messaggio, sul nesso di causalità tra la sua propagazione e il danno ingiusto lamentato, nonché sull"atteggiamento psicologico del convenuto. (La Suprema Corte ha precisato che, ai fini di quest'ultimo elemento, è sufficiente la colposa diffusione di un messaggio prevedibilmente idoneo ad insinuare nel consumatore il falso convincimento in ordine alle caratteristiche e agli effetti del prodotto)" (Cass. civ., sez. III, 17 dicembre 2009, n. 26516, FI, 2010, 3, 869 - conforme, nel senso che anche anteriormente all'entrata in vigore della normativa che ha introdotto l'esplicito divieto di apporre la dicitura «lights» sui pacchetti di sigarette, l'utilizzo di tale dicitura poteva costituire fatto astrattamente idoneo ad integrare la responsabilità aquiliana del produttore, ove avesse provocato la lesione di una posizione giuridica altrui, ritenuta meritevole di tutela da parte dell'ordinamento e non altrimenti giustificata: Cass. civ., sez. III, 13 febbraio 2007, n. 3086, FI, 2007, 11, 3144),

le sue caratteristiche palesi, le istruzioni e le avvertenze fornite (nella fattispecie, oggetto d'esame nella pronuncia che segue, con riguardo a un contratto di compravendita di piastrelle queste, non erano risultate idonee a essere utilizzate per esterni: in applicazione del principio che precede la Suprema Corte ha ritenuto la responsabilità del venditore, ancorché nella conferma d'ordine non si facesse menzione per quale utilizzazione erano state acquistate tali piastrelle, atteso che l'acquirente aveva preso visione e aveva avuto cognizione di quanto indicato nell'opuscolo pubblicitario dello stesso venditore produttore nel quale le piastrelle erano descritte come utilizzabili per esterni);

"i criteri legali di ermeneutica contrattuale sono governati da un principio di gerarchia interna in forza del quale i canoni strettamente interpretativi prevalgono su quelli interpretativi-integrativi - quale va considerato anche il principio di buona fede, sebbene questo rappresenti un punto di collegamento tra le due categorie - e ne escludono la concreta operatività, quando l'applicazione degli stessi canoni strettamente interpretativi risulti da sola sufficiente a rendere palese la comune intenzione delle parti stipulanti. Peraltro, nell'interpretazione del contratto, il dato testuale, pur assumendo un rilievo fondamentale, non può essere ritenuto decisivo ai fini della ricostruzione del contenuto dell'accordo, giacché il significato delle dichiarazioni negoziali può ritenersi acquisito solo al termine del processo interpretativo, il quale non può arrestarsi alla ricognizione del tenore letterale delle parole, ma deve estendersi alla considerazione di tutti gli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali, indicati dal legislatore, anche quando le espressioni appaiano di per sé "chiare" e non bisognose di approfondimenti interpretativi, dal momento che un'espressione "prima facie", chiara può non apparire più tale, se collegata ad altre espressioni contenute nella stessa dichiarazione o posta in relazione al comportamento complessivo delle parti" (Cass. civ., sez. II, 10 dicembre 2008, n. 29029, GDir, 2009, 7, 49);

b) l'uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato e i comportamenti che, in relazione ad esso, si possono ragionevolmente prevedere – si veda, a tal proposito, anche Tribunale di Milano 23 settembre 2008, n.11162, che rappresenta come, nell'ipotesi di responsabilità civile da prodotti difettosi, disciplinata dal d.P.R. 24 maggio 1988 n. 224, il danneggiato dbba provare il danno, il rapporto causale con l'uso del prodotto e che questo uso ha comportato risultati anomali rispetto alle normali aspettative, tali da evidenziare la mancanza della sicurezza che ci si poteva legittimamente attendere, ai sensi dell'art. 5 d.P.R. citato, mentre il produttore è tenuto a dimostrare che il difetto non esisteva quando il prodotto è stato messo in circolazione (fattispecie relativa allo svuotamento di una protesi mammaria, avvenuta circa due anni dopo il suo inserimento nel corpo della danneggiata) (sez. III, sent. n. 20985 dell'8 ottobre 2007):

"per giurisprudenza costante (si veda, per tutte, Cass. 15 marzo 2007 n. 6007) si segnala, infatti, che "È erroneo ritenere che la responsabilità del produttore introdotta dalla disposizione dell'art. 1 d.P.R. n. 224/1988, al fine di uniformare la legislazione nazionale alla direttiva comunitaria del 25 luglio 1985 n. 374, presupponga solo la prova del nesso di causalità tra la detenzione del prodotto o la sua utilizzazione e l'evento e che sia accertato il predetto nesso, essendo, quindi, a carico del produttore che pretenda di sottrarsi alla predetta responsabilità l'onere di dedurre e provare che il prodotto non era difettoso o che ricorressero le altre cause di esclusione della responsabilità analiticamente indicate dall'art. 6 della medesima legge" (Trib. Milano, sez. X, 23 settembre 2008, n. 11162, GiustM, 2008, 9, 61; CIV, 2009, 5, 97; CIV, 2009, 11, 97) -;

c) il tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione.

Un prodotto non può essere considerato difettoso per il solo fatto che un prodotto più perfezionato sia stato in qualunque tempo messo in commercio.

Un prodotto è sempre difettoso qualora non offra la sicurezza offerta, normalmente, dagli altri esemplari della medesima serie.

 




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