-  Bacchin Giorgia  -  15/12/2015

NIENTE ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER IL CONIUGE DOTATO DI CAPACITA LAVORATIVA – Cass. 11870/15 – Giorgia BACCHIN

Con la sentenza in esame la Suprema Corte torna ad affrontare la questione dell"attribuzione dell'assegno di mantenimento al coniuge economicamente più debole che vuole mantenere lo stesso tenore di vita di cui godeva in costanza di matrimonio.

Nel caso di specie la moglie, in sede di divorzio, chiedeva le fosse attribuito l"assegno di mantenimento in quanto, durante il matrimonio, essendo stata  casalinga, aveva goduto di un tenore di vita medio riconducibile unicamente al reddito di lavoro dipendente del marito mentre invece, allo stato attuale, non era in grado - in quanto impossidente e priva di lavoro - di mantenere le stesse condizioni di vita.

Lamentava inoltre che il marito, il quale nel frattempo aveva avuto una figlia con un"altra donna, si era licenziato dal lavoro unicamente per far apparire un peggioramento della sua situazione economica tanto che, a suo dire, continuava a lavorare presso terzi percependo in ogni caso l'indennità di disoccupazione e godendo di una situazione economica certamente migliore della sua.

Tanto il Tribunale quanto la Corte di Appello, rilevando che l"istante non aveva dimostrato sufficientemente i propri assunti, respingevano la domanda sottolineando, tra l"altro, che la donna risultava dotata di idonea capacità lavorativa.

Quest"ultima proponeva, quindi, ricorso per Cassazione lamentando che la Corte territoriale non aveva adeguatamente considerato il tenore di vita tenuto dalla coppia in costanza di matrimonio, che non aveva valutato il comportamento dell'ex marito e, infine, che aveva violato l'obbligo di disporre accertamenti tramite la polizia tributaria.

Quanto al primo punto, uniformandosi ai principi più volte affermati in merito ai criteri di attribuzione dell'assegno di divorzio, la Corte ribadisce che "per poter valutare la misura in cui il venir meno dell'unità familiare ha inciso sulla posizione del richiedente è necessario porre a confronto le rispettive potenzialità economiche, intese non solo come disponibilità attuali di beni ed introiti, ma anche come attitudini a procurarsene in grado ulteriore".

In tale ottica, quindi, la Suprema Corte, evidenziata la totale carenza di elementi probatori da cui desumere l'impossibilità oggettiva della ricorrente di procurarsi mezzi adeguati per conseguire un tenore di vita analogo a quello mantenuto in costanza di matrimonio, conferma il rigetto dell'istanza. 

Quanto, poi, all"omesso accertamento tramite la polizia tributaria, la Corte precisa che il Giudice del merito, ove ritenga "aliunde" raggiunta la prova dell'insussistenza dei presupposti che condizionano il riconoscimento dell'assegno di divorzio, può direttamente procedere al rigetto della relativa istanza in quanto trattasi di potere rientrante nella sua discrezionalità e non di adempimento imposto dalla proposizione della richiesta.

Precisa, infine, che lo strumento di cui sopra non può avere finalità meramente esplorativa in quanto spetta alla parte, in ossequio ai principi sull'onere della prova, fornire al Giudice una serie di elementi che possano indurre a ritenere plausibile che le disponibilità e i redditi del soggetto siano, in realtà, superiori a quanto risultante dalla documentazione ufficiale.




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