-  Rigazio Sara  -  31/03/2014

MINIMO SALARIALE E SOGLIA DI POVERTA: IL CASO SENNE v. MAJOR LEAGUE BASEBALL – Sara RIGAZIO

 Il 17 febbraio di quest"anno Aaron Senne, Michael Liberto e Oliver Odle[1] – ex giocatori professionisti di baseball della Minor League (MiLB) – hanno depositato una denuncia presso il tribunale del Northern District della California, Corte Distrettuale Federale degli Stati Uniti, contro il commissario della Major League Baseball (MLB), Allan Selig, per violazione delle norme statali e federali che disciplinano i minimi salariali e la regolamentazione dell"orario di lavoro[2].

Secondo Senne e gli altri, infatti, la MLB, dalla quale la lega minore dipende, avrebbe creato un vero e proprio sistema, collaudato negli anni, unicamente finalizzato allo sfruttamento dei giovani atleti e privo di qualsiasi tutela sotto il profilo contrattuale. Nello specifico, i giocatori si sottopongono ad un carico di lavoro settimanale di circa 50 ore (talvolta superandolo), ricevendo un corrispettivo che oscilla tra i 3.000 e i 7.500 dollari per l"intera stagione (pari a circa 5 mesi) e, dunque, ben al di sotto di quanto previsto sia a livello statale che federale. Per avere un"idea della questione, basti pensare che l"introito medio annuo di un lavoratore di fast food è compreso tra 15.000 e 18.000 dollari. Il dato colpisce ancor più ove si pensi che il salario minimo di un giocatore militante nella Major League ammonta a circa 500.000 dollari l"anno.

Una serie di ulteriori obblighi contrattuali, tra i quali quello di presentarsi agli allenamenti anche durante il c.d. spring training – ovvero il periodo nel quale non sono previste competizioni ufficiali – pur non percependo alcun compenso, ha indotto, dunque, Senne e gli altri a farsi portavoce di una class action in nome di tutti gli atleti che militano o hanno militato nella Minor League, per rivendicare condizioni lavorative migliori e in linea con gli standard nazionali.

Invero, dall"analisi dei documenti depositati dai legali della parte attrice, emerge un quadro decisamente scoraggiante, tanto che lo stesso U.S. Department of Labor, in un"indagine conoscitiva condotta nel 2013, ha dichiarato che nel caso della MiLB la violazione dei principi basilari in tema di diritti dei lavoratori è "endemic to the industry".

Sul punto, occorre precisare che la Minor League Baseball riunisce una serie di leghe professionali operanti nelle Americhe (U.S., Canada, Messico, Venezuela, Porto Rico e Repubblica Dominicana) che competono ad un livello inferiore rispetto alla Major League. Ad eccezione della lega messicana, le squadre sono affiliate con un team della serie superiore attraverso il c.d. Player Development Contract (PDC), di durata variabile. Tale sistema di affiliazione è noto altresì come "farm system" ovvero "farm teams", espressione coniata nel 1938 dal manager dei St. Louis Cardinals, Branch Rickey, secondo il quale le squadre delle piccole città appartenenti alla lega minore rappresentavano una vera e propria "fucina" per i vivai giovanili della serie superiore, al pari di "growing players down on the farm like corn".

Va, peraltro, rilevato che il controllo e la gestione dell"intera carriera di questi atleti da parte della Major League sono resi possibili da una clausola contrattuale, inserita in ciascun accordo della lega minore – la c.d. reserve clause – che cede nelle mani dei teams tutti i diritti dei giocatori, annullandone, di fatto, qualsiasi pretesa. La ragione essenziale per la quale la MLB ha continuato indisturbata su questa linea consiste nella storica antitrust exception di cui il baseball gode sin dal 1922. Seppure parzialmente venuta meno con l"emanazione del Coort Flood Act del 1998, tale esenzione risulta ancora operativa per la Minor League, con la conseguenza che agli atleti è precluso il ricorso alle corti per violazione delle disposizioni dello Sherman Act con riguardo alla fissazione illegittima dei compensi.

Un ulteriore fattore da tenere in considerazione, inoltre, va ricercato nell"assenza delle unions – organizzazioni sindacali – a differenza di quanto accade, invece, per la serie superiore ove opera, con successo, la Major League Baseball Players" Association (MLBPA).

In tal senso l"istanza depositata da Senne e gli altri rappresenta una novità nel panorama attuale nord-americano giacché aggira l"ostacolo della violazione antitrust richiamando, diversamente, la violazione del Fair Labor Standards Act (FLSA), testo di legge promulgato nel 1938 dal Presidente Roosvelt con il chiaro intento di tutelare i lavoratori da "excessively low wages and excessively long hours".

Sul fronte opposto la Major League ha già ribattuto argomentando che non soltanto gli atleti accettano volontariamente quanto statuito nell"accordo sottoscritto ma, altresì, che non esiste alcuno squilibrio tra le parti giacché nessuna disposizione vieta agli stessi, ove lo desiderino, di avvalersi dell"assistenza di un agente sportivo.

Come v"era da attendersi, la vicenda ha suscitato una forte eco mediatica. Se l"outcome della Corte è del tutto imprevedibile, in considerazione del fatto che si tratta ancora delle fasi preliminari del processo, tuttavia il dato certo sembra essere che, ad oggi, il baseball non gode di alcuna esenzione con riguardo alla regolamentazione delle tariffe minime salariali e, dunque, il caso Senne v. MLB sembra essere destinato ad occupare un posto di rilievo nella hall of fame dei leading cases del diritto sportivo nord-americano.



[1] Aaron Senne è stato scelto dal team dei Florida Marlins (ora Miami Marlins) nel draft del 2010. Senne ha in seguito sottoscritto un contratto con la stessa squadra, senza alcuna assistenza da parte di un agente. Ha ricevuto un bonus di 25.000 dollari per la durata settennale del contratto e due semestri pagati al college. Successivamente Senne è stato utilizzato dalla squadra ricevendo un corrispettivo di 1.100 dollari al mese per la durata del campionato 2011. Pur superando il limite delle 40 ore settimanali di lavoro, Senne non ha mai ricevuto alcun compenso extra. Analoga situazione anche per Michael Liberto e Oliver Odle, rispettivamente impiegati dalle squadre del Kansas City Royals e dei San Francisco Giants.

[2] Case 3:14-cv-00608-JCS Document1 Filed 02/07/14, UNITED STATES DISTRICT COURT NORTHERN DISTRICT OF CALIFORNIA, SAN FRANCISCO DIVISION. CLASS ACTION COMPLAINT FOR VIOLATIONS OF FEDERAL AND STATE WAGE AND HOUR LAWS. JURY TRIAL DEMANDED.




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