Varie  -  Faccioli Marco  -  28/08/2015

LEZIONI SUL DECRETO INGIUNTIVO TELEMATICO - N. 7 - LE NUOVE PROVE SCRITTE: LA MAIL A FIRMA LEGGERA, LE PEC, SMS E LE ALTRE COMUNICAZIONI DIGITALI (di Marco Faccioli)

Partiamo con una semplice e chiara definizione di quella che è la mail ordinaria (ovvero quella non certificata) e della possibilità, per i fini che qui ci interessano, di poterla sfruttare come documento utile alla richiesta di un decreto ingiuntivo.

"(...) La posta elettronica costituisce un documento informatico sottoscritto con firma elettronica "semplice", dato che il mittente, per poter creare ed inviare detta e-mail, deve eseguire un"operazione di validazione, inserendo il proprio username e la propria password".

Lo ha stabilito, nel lontano 2003, il Tribunale di Cuneo, con un provvedimento innovativo con cui, facendo leva sull"altrettanto allora innovativo art. 10, comma 2, del Testo Unico Documentazione Amministrativa, DPR 445 del 28.12.2000 ("Il documento informatico, sottoscritto con firma elettronica, soddisfa il requisito legale della forma scritta"), concedeva un decreto ingiuntivo a fronte di un credito la cui prova è stata data unicamente a mezzo e-mail (cfr. Tribunale Cuneo, decreto 15.12.2003 n. 848).

Era la prima, o comunque una delle prime rondini, oggi irreversibilmente divenute primavera, della possibilità di utilizzare il "carteggio elettronico" come prova scritta nel procedimento monitorio. Naturalmente, nell'era cartaceozoica (passatemi il neologismo), le mail, native digitali, dovevano essere stampate ed allegate nel fascicolo documenti da presentare al giudice, oggi invece, molto più agevolmente, vanno "stampate in formato .PDF" e successivamente allegate nella busta telematica.

Sebbene oggi l'utilizzo della mail ordinaria come prova scritta (spesso e volentieri nei procedimenti monitori mi capita di utilizzarla ai fini della richiesta della provvisoria esecutorietà, dal momento che, solitamente, gli imprenditori si scambiano mail con espliciti riconoscimenti dei propri debiti/crediti) sia prassi scontata, appare comunque interessante, facendo un passo indietro, analizzare succintamente il ragionamento giuridico, tutt'ora validissimo, che aveva portato ad un simile risultato in punto alla cosiddetta "firma leggera".

1) L"e-mail rappresenta un "documento informatico" che, ai sensi dell"art. 8 TUDA sopra citato, è valido e rilevante a tutti gli effetti di legge;

2) Il documento informatico, se sottoscritto con firma elettronica (da NON confondere assolutamente con quella DIGITALE, sono due cose completamente diverse), soddisfa il requisito legale della forma scritta (la posta elettronica è infatti un documento sottoscritto da firma elettronica perché il mittente, per poter creare e spedire il messaggio, una normalissima mail utilizzando gmail.com per intenderci, deve eseguire un"operazione di validazione, consistente nell"inserimento nel sistema del proprio username e della propria password);

3) In un ricorso per decreto ingiuntivo pertanto ne deriva che la prova del credito può essere utilmente data anche mediante la produzione di e-mail. Il provvedimento del Tribunale di Cuneo che, come detto, ha concesso il decreto, è stato salutato con favore da parte di certa dottrina, che ha fatto proprie le tesi esposte nel ricorso.

Tutto quanto sopra scritto in merito alla "firma leggera" della e.mail ordinaria vale, naturalmente all'ennesima potenza, per la "posta elettronica certificata", ovvero per quel tipo particolare di posta elettronica il cui funzionamento è regolamentato dalla legge, che permette di dare a un messaggio di posta elettronica il medesimo valore legale di una raccomandata A/R . Il contenuto di una PEC può inoltre essere certificato e firmato elettronicamente, oppure criptato al fine di garantirne l'autenticazione e l'integrità dei dati.

Per una più approfondita analisi della PEC e delle sue funzioni, si rinvia al link

http://it.wikipedia.org/wiki/Posta_elettronica_certificata

laddove, con un linguaggio tecnico ma allo stesso tempo comprensibile per i non addetti ai lavori, vengono spiegate caratteristiche e metodi d'impiego della PEC.

Se, come abbiamo visto, non sorgono problemi ad ottenere un decreto ingiuntivo producendo e.mail ordinarie e PEC, che accade invece nel caso in cui informazioni utili al procedimento monitorio sono contenute in altre odierne forme di comunicazione?

Mi riferisco a sms su smart phone o su whatsapp, chat su social network, etc. Oggigiorno infatti, essendo la comunicazione e la trasmissione di qualsivoglia tipo e genere di dato (anche tra imprenditori) estremamente veloce e conciso (twitter docet), è prassi comune che anche informazioni commerciali/contrattuali passino sempre più attraverso questi comodissimi canali.

I moderni cellulari ed i pc permettono di fotografare lo schermo con la cronologia dei messaggi, ed altrettanto dicasi per le chat nei principali social network, ragione per cui non vi sono particolari problemi a fornire la prova scritta al giudice relativa allo scambio di informazioni utili per l'emissione di un decreto ingiuntivo.

Si faccia un esempio semplicissimo, ovvero uno scambio di sms tra Tizio e Caio, il primo creditore ed il secondo debitore.

 

"Sono ancora in attesa della restituzione della somma di € 1.000,00 come da accordi già presi" (Tizio)

§

"Mi scuso per il ritardo, provvederò a restituirti tutto il dovuto entro la fine di questo mese" (Caio)

 

Orbene, nelle concise parole del breve carteggio elettronico di cui sopra, all'occhio del giurista non possono sfuggire due particolari: il primo è la presenza di un espresso riconoscimento di debito (i 1.000,00 € che Caio deve a Tizio), il secondo è l'indicazione di un termine preciso per l'adempimento (ovvero la fine del corrente mese indicata da Caio). A parere di chi scrive detti sms (fatte salve le precauzioni di cui a breve) costituiscono a pieno titolo una prova scritta da presentare al giudice in fase monitoria, oltretutto chiedendo anchesì la provvisoria esecuzione del decreto stante il riconoscimento del debito fatto dal debitore Caio.

Avvertenze: il consiglio che mi sento di dare a chi presenta un ricorso per decreto ingiuntivo producendo sms o cronologie di chat su social network è sempre quello di verificare nel modo più scupoloso possibile la riconducibilità dell'utenza (sia essa, nel primo caso, quella della sim del numero di cellulare, e nel secondo, il profilo nominativo di un social network) alla persona del debitore.




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