-  Bernicchi Francesco Maria  -  15/03/2017

Lesioni personali e scriminante del rischio consentito sportivo - Cass. Pen. 11991/2017 - F.M. Bernicchi

Si prende in esame una recentissima sentenza della Corte di Cassazione (sez. V Penale, sentenza 28 novembre 2016 – 13 marzo 2017, n. 11991) relativa alla scriminante del rischio consentito in ambito sportivo e il reato di lesioni personali.

Il fatto, in breve: la Corte d"Appello di Caltanissetta riformava, parzialmente, la decisione di primo grado che aveva condannato gli imputati assumendo che il reato di lesioni non era stato contestato a tutti, ma solo a uno di loro e, per il resto, confermava le disposizione per i delitti di lesioni personali cagionati alle due vittime durante una partita di calcio.

Contro detta decisione del giudice di seconde cure veniva proposto ricorso in Cassazione per evidente vizio di motivazione e, per quel che maggiormente ci interessa, la violazione di legge per il mancato riconoscimento della scriminante atipica del rischio consentito atteso che "le condotte attribuite agli imputati si sarebbero verificate durante la partita di calcio come sviluppo fisiologico di un"azione di gioco concitata costituendo, pertanto, un illecito sportivo."

I giudici di Piazza Cavour, sul punto, evidenziano le seguenti considerazioni: detta scriminante prevede precisi presupposti e limiti che "sono stati individuati nella realizzazione di un evento lesivo tramite una volontaria violazione delle regole di gioco, tale da superare la precondizione su cui si fonda. la partecipazione alla gara stessa, del rispetto della lealtà sportiva."

In motivazione è stato precisato che l"area del rischio consentito è delimitata in rapporto all"osservanza delle regole tecniche del gioco praticato. La, violazione delle stesse, peraltro, va valutata in concreto, con riferimento all"elemento psicologico dell"agente, il cui comportamento può essere - pur nel travalicamento di quelle regole - colposo ossia involontaria evoluzione dell"azione fisica legittimamente esplicata o, al contrarie consapevole e dolosa intenzione di ledere l"avversario, approfittando delle circostanze del gioco (cfr. Cass. sez. 5, 20.1.2005, n. 19473, rv. 231534.)

Seguendo tale principio giuridico e applicando tali condivisi principi al processo in esame deve annotarsi che nella fattispecie concreta, per come congruamente ritenuta accertata nella fase di merito, pur essendo l"azione di gioco sicuramente terminata con l"impossessamento del pallone da parte del portiere, che si era gettato in terra per difenderlo, gli imputati lo avevano colpito più volte, di gran lunga, esorbitando dal rispetto delle regole di gioco e denotandosi, così, dal loro concreto e ripetuto agire violento l"elemento intenzionale del delitto di lesioni in danno di G. . Mentre per quanto attiene le lesioni in danno delle altre parti lese, furono cagionate come reazione al loro intervento in difesa del compagno di squadra e, quindi, in un contesto ormai avulso da ogni fisiologica dinamica di gioco e sportiva.

 

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuno in favore della cassa delle ammende. Li condanna, altresì, alla refusione delle spese sostenute dalla parte civile, che liquida in complessivi Euro tremila.




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