-  Mazzon Riccardo  -  12/06/2014

IL RISPARMIO E L'USO RAZIONALE DELL'ENERGIA IN AMBITO CONDOMINIALE - Riccardo MAZZON

Attraverso l'articolo 5 della legge n. 220 dell'11 dicembre 2012 (con modifica entrata in vigore dopo sei mesi dalla data di pubblicazione della medesima sulla Gazzetta Ufficiale n. 293 del 17 dicembre 2012), il legislatore ha previsto che i condomini, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell'articolo 1136, possono disporre le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, abbiano ad oggetto le opere e gli interventi previsti per la produzione di energia, mediante l'utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune (cfr. paragrafo 5.1., capitolo quinto, del volume: "La responsabilità nel condominio dopo la riforma", Riccardo Mazzon, 2013).

Inoltre, con evidenti finalità d'armonizzazione, prevede l'articolo 28 della legge n. 220 dell'11 dicembre 2012 (sempre con modifica entrata in vigore dopo sei mesi dalla data di pubblicazione della medesima sulla Gazzetta Ufficiale n. 293 del 17 dicembre 2012) che, all'articolo 26, comma 2, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, le parole: «semplice delle quote millesimali rappresentate dagli intervenuti in assemblea» sono sostituite dalle seguenti: «degli intervenuti, con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell'edificio»; ulteriormente, che all'articolo 26, comma 5, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, le parole: «l'assemblea di condominio decide a maggioranza, in deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice civile» sono sostituite dalle seguenti: «l'assemblea di condominio delibera con le maggioranze previste dal secondo comma dell'articolo 1120 del codice civile».

In effetti, l'articolo 123 del Decreto Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, prevede che, ai nuovi impianti, lavori, opere, modifiche, installazioni, relativi alle fonti rinnovabili di energia, alla conservazione, al risparmio e all'uso razionale dell'energia, si applichino le disposizioni di cui all'articolo 17, commi 3 e 4, del decreto medesimo, nel rispetto delle norme urbanistiche, di tutela artistico-storica e ambientale.

Gli interventi di utilizzo delle fonti di energia di cui all'articolo 1 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, in edifici ed impianti industriali non sono soggetti ad autorizzazione specifica e sono assimilati a tutti gli effetti alla manutenzione straordinaria di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a). L'installazione di impianti solari e di pompe di calore da parte di installatori qualificati, destinati unicamente alla produzione di acqua calda e di aria negli edifici esistenti e negli spazi liberi privati annessi, è considerata estensione dell'impianto idrico-sanitario già in opera.

Quanto agli interventi in parti comuni di edifici, volti al contenimento del consumo energetico degli edifici stessi ed all'utilizzazione delle fonti di energia di cui all'articolo 1 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, ivi compresi quelli di cui all'articolo 8 della legge medesima, sono valide le relative decisioni prese a maggioranza delle quote millesimali (ma si rammenti che l'articolo 29 della legge n. 220 dell'11 dicembre 2012 -con modifica entrata in vigore dopo sei mesi dalla data di pubblicazione della medesima sulla Gazzetta Ufficiale n. 293 del 17 dicembre 2012- prevede che, all'articolo 26, comma 2, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, le parole: «semplice delle quote millesimali rappresentate dagli intervenuti in assemblea» sono sostituite dalle seguenti: «degli intervenuti, con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell'edificio»; ulteriormente, che all'articolo 26, comma 5, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, le parole: «l'assemblea di condominio decide a maggioranza, in deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice civile» sono sostituite dalle seguenti: «l'assemblea di condominio delibera con le maggioranze previste dal secondo comma dell'articolo 1120 del codice civile»).

Gli edifici pubblici e privati, qualunque ne sia la destinazione d'uso, e gli impianti non di processo ad essi associati devono essere progettati e messi in opera in modo tale da contenere al massimo, in relazione al progresso della tecnica, i consumi di energia termica ed elettrica; a tal fine (e secondo quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 4 della legge 9 gennaio 1991, n. 10) sono regolate, con riguardo ai momenti della progettazione, della messa in opera e dell'esercizio, le caratteristiche energetiche degli edifici e degli impianti non di processo ad essi associati, nonché dei componenti degli edifici e degli impianti.

Già s'è notato come, con evidenti finalità d'armonizzazione, l'articolo 28 della legge n. 220 dell'11 dicembre 2012 (sempre con modifica entrata in vigore dopo sei mesi dalla data di pubblicazione della medesima sulla Gazzetta Ufficiale n. 293 del 17 dicembre 2012) preveda che, all'articolo 26, comma 2, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, le parole: «semplice delle quote millesimali rappresentate dagli intervenuti in assemblea» sono sostituite dalle seguenti: «degli intervenuti, con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell'edificio»; ulteriormente, che all'articolo 26, comma 5, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, le parole: «l'assemblea di condominio decide a maggioranza, in deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice civile» sono sostituite dalle seguenti: «l'assemblea di condominio delibera con le maggioranze previste dal secondo comma dell'articolo 1120 del codice civile».

Pertanto, per le innovazioni relative all'adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato, l'assemblea di condominio deciderà, dall'entrata in vigore della legge n. 220 dell'11 dicembre 2012, non più a maggioranza, ma, sempre in deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice civile (cfr. anche il capitolo ventunesimo del volume: "La responsabilità nel condominio dopo la riforma", Riccardo Mazzon, 2013), con le maggioranze previste dal secondo comma dell'articolo 1120 del codice civile: a tal proposito, la recente pronuncia che segue precisa come, in tema di condominio, nel caso in cui l'assemblea deliberi - a maggioranza delle quote millesimali – oggi, con le maggioranze previste dal secondo comma dell'articolo 1120 del codice civile - ed in conformità agli obiettivi di risparmio energetico di cui alla legge n. 10 del 1991 - la sostituzione dell'impianto di riscaldamento centralizzato a gasolio con autonomi impianti a gas metano, non occorre, ai fini della validità della delibera, che questa sia corredata del progetto e della relazione tecnica di conformità, poiché la legge distingue la fase deliberativa da quella attuativa, attribuendo alla prima la mera valutazione di convenienza economica della trasformazione ed alla seconda gli aspetti progettuali, ai fini della rispondenza del nuovo impianto alle prescrizioni di legge: una volta deliberata la sostituzione, il condominio, e per esso l'amministratore, deve provvedere a tutte le opere necessarie, tranne quelle rientranti nella disponibilità dei singoli condomini, perché questi, sia pure dissenzienti,

"possano provvedere ad allacciare le varie unità immobiliari al nuovo sistema di alimentazione" (Cass., sez. II, 20 febbraio 2009, n. 4216, GCM, 2009, 2, 278; GC, 210, 10, 2319; conforme - Cass., sez. II, 25 maggio 2001, n. 7130, GCM 201, 1056; RGE 201, I, 799 - conforme, in quanto le norme in considerazione, nell"ambito delle operazioni di trasformazione degli impianti di riscaldamento, destinate al risparmio di energia, distinguono una fase deliberativa "interna" -attinente ai rapporti tra i condomini, disciplinati in deroga al disposto dell"art. 1120 c.c.- da una esecutiva "esterna" - relativa ai successivi provvedimenti di competenza della p.a. - e solo per la seconda impongono gli adempimenti di cui si tratta: App. Roma 9 maggio 2007, CIV, 2008, 12, 73; - conforme: Cass., sez. II, 29 gennaio 2002, n. 1166, GCM, 202, 158 RGE, 202, I, 663; conforme: Trib. Bari, sez. II, 14 novembre 2006, n. 2806, Giurisprudenzabarese.it, 2006; - conforme: Cass., sez. II, 18 agosto 2005, n. 16980, GCM, 2005, 10; FI, 2006, 5, 1482).

Gli impianti di riscaldamento al servizio di edifici di nuova costruzione, il cui permesso di costruire, sia rilasciato dopo il 25 luglio 1991, devono essere progettati e realizzati in modo tale da consentire l'adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore per ogni singola unità immobiliare: in particolare, è stato anche deciso che, in tema di condominio, è legittima la soppressione dell'impianto centralizzato di riscaldamento deliberata con la maggioranza prevista dall'art. 26 l. n. 10 del 1991, qualora l'assemblea dopo avere espresso la volontà di modificare il relativo impianto, senza approvare il progetto accompagnato dalla relazione tecnica prevista dall'art. 28 della citata legge, abbia successivamente proceduto alla relativa fase esecutiva, deliberando la trasformazione del bene comune in impianti autonomi unifamiliari, secondo un progetto tecnico che aveva previsto l'installazione di canne fumarie singole e collettive,

"con un risparmio energetico rispetto al consumo necessario per il funzionamento dell'impianto centralizzato" (Cass., sez. II, 11 maggio 2006, n. 10871, GCM, 2006, 5; RGE, 2007, 3, 956; CIV, 2008, 12, 73, conforme Cass., sez. II, 26 maggio 1999, n. 5117, GCM, 1999, 1176; FI, 1997, I, 2857; ALC, 1997, 804 , conforme - Cass., sez. II, 1 luglio 1997, n. 5843, GCM, 1997, 1098 - contra, ritenendo è illegittima la deliberazione dell'assemblea del condominio di un edificio adottata a maggioranza delle quote millesimali - anziché con il consenso unanime di tutti i condomini richiesto dall'art. 1120, comma 2, c.c. - con la quale si prevede la trasformazione dell'impianto di riscaldamento centralizzato in impianti unifamiliari e si autorizza ogni condomino a provvedere autonomamente ad installare l'impianto che ritiene più opportuno, senza alcun riferimento al rispetto delle prescrizioni della l. n. 10 del 1991 per la riduzione dei consumi energetici: Cass., sez. II, 26 maggio 1999, n. 5117, GCM, 1999, 1176).

Negli edifici di proprietà pubblica o adibiti ad uso pubblico è fatto obbligo di soddisfare il fabbisogno energetico degli stessi favorendo il ricorso a fonti rinnovabili di energia o assimilate salvo impedimenti di natura tecnica od economica.

La progettazione di nuovi edifici pubblici deve prevedere la realizzazione di ogni impianto, opera ed installazione utili alla conservazione, al risparmio e all'uso razionale dell'energia.

In ambito processuale, è stato deciso sussistere domanda nuova - inammissibile in appello - per modificazione della "causa petendi" quando i nuovi elementi, dedotti innanzi al giudice di secondo grado, comportino il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, modificando l'oggetto sostanziale dell'azione ed i termini della controversia, in modo da porre in essere, in definitiva, una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio; in particolare, la Suprema Corte ha ritenuto sussistente un mutamento della "causa petendi" tra la domanda proposta con l'atto di citazione, e rigettata, avente ad oggetto la declaratoria di nullità della delibera condominiale con la quale, in violazione dell'art. 1120 c.c., era stata approvata a maggioranza semplice la trasformazione dell'impianto di riscaldamento da centralizzato in autonomo, con richiamo all'art. 26 della legge n. 10 del 1991, asseritamente inapplicabile nella specie, esulando l'oggetto della delibera dall'ambito delle ipotesi in esso previste, e l'atto di appello, fondato su argomentazioni incentrate sulla mancata dimostrazione dell'utilità sociale dell'innovazione,

"in relazione al conseguimento di risparmio energetico, per mancanza di una relazione tecnica e di un progetto unitario accompagnato dalla relazione tecnica" (Cass., sez. II, 3 agosto 2001, n. 10737, GCM, 201, 1545).

Autorizzato il distacco delle diramazioni di alcune unità immobiliari dall'impianto centrale di riscaldamento e venuta meno la possibilità che i medesimi locali fruiscano del riscaldamento, l'impianto non può considerarsi "destinato al servizio" dei predetti piani o porzioni di piano,

"con la conseguenza che i proprietari di queste unità abitative non devono ritenersi tenuti a contribuire alle spese per un servizio che nei confronti dei loro immobili non viene prestato" (Cass., sez. II, 9 gennaio 1999, n. 129, GC, 2000, I, 243; FI, 2000, I, 2006 – cfr. anche Cass., sez. II, 20 febbraio 1998, n. 1775, GCM, 1998, 379; GI, 1998, 234 nonché Cass., sez. II, 20 novembre 1996, n. 1214, GCM, 1996, 1556; FI, 1996, I, 3665; GC, 1997, I, 371 conforme - Cass., sez. II, 12 novembre 1997, n. 11152, GCM, 1997, 2142).

Chi abbia ottenuto il distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato ha l'onere di chiedere al condominio di poter (nuovamente) allacciare la propria unità immobiliare all'impianto comune e di sopportarne la relativa spesa:

"e di sopportarne la relativa spesa" (Cass., sez. II, 28 gennaio 2004, n. 1558, GCM, 2004, 1).

Il condomino non può operare innovazioni sul tratto, di pertinenza del proprio appartamento, dell'impianto comune di riscaldamento, in guisa da impedire l'utilizzazione dell'impianto da parte degli altri condomini: nella specie, era stato

"interrotto il percorso delle tubature" (Cass., sez. II, 2 maggio 1996, n. 4023, GCM, 1996, 652; ALC, 1996, 729).

Il condominio può deliberare, con la maggioranza qualificata di cui al comma 1 dell'articolo 1120 del codice civile, che il dismesso impianto centralizzato di riscaldamento sia mantenuto in esercizio solo per il riscaldamento dei locali condominiali,

"trattandosi di una attività che, senza alternarne la consistenza e la destinazione originaria, attua il potenziamento ed il migliore godimento della cosa comune" (Cass., sez. II, 1 marzo 1995, n. 2329, GCM, 1995, 480; ALC, 1995, 606).

La sostituzione del bruciatore dell'impianto di riscaldamento di un edificio condominiale, nei casi in cui il bruciatore sostituito era guasto o obsoleto, deve essere ricondotta alle modifiche migliorative, e non alle innovazioni, se ha lo scopo di consentire l'uso di una fonte di energia più redditizia e meno inquinante, mentre deve considerarsi atto di straordinaria manutenzione, in quanto diretto a ripristinare la funzionalità dell'impianto senza alcuna modifica sostanziale e funzionale dello stesso; nella specie, si trattava della

"sostituzione di un bruciatore alimentato da gasolio con un bruciatore alimentato da gas metano" (Cass., sez. II, 18 maggio 1994, n. 4831, GC, 1995, I, 515).

Non è innovazione la realizzazione di opere che rendano l'impianto di riscaldamento dello stabile conforme alla normativa in materia di prevenzione degli incendi, non eccedendo i limiti della conservazione e del godimento della cosa comune ed, in ogni caso, non alterandone la destinazione originaria, con la conseguenza che per l'approvazione della relativa delibera è sufficiente, in seconda convocazione,

"un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio ed almeno un terzo del valore dell'edificio (art. 1136 comma 3 c.c.)" (Cass., sez. II, 22 aprile 1992, n. 482, GCM, 1992, 4 – cfr. anche Trib. Milano 10 marzo 1997, GIUS, 1997, 1757; Trib. Milano 10 marzo 1997, GIUS, 1997, 1757; Trib. Udine 30 dicembre 1996, ALC, 1997, 266; Trib. Trani 6 marzo 1996, ALC, 1996, 399; Pret. Macerata 13 gennaio 1996, FI, 1996, I, 3666).

Prima dell'entrata in vigore della legge n. 10 del 1991, l'eliminazione dell'impianto di riscaldamento centralizzato, al fine di sostituirlo con impianti autonomi, richiedeva il consenso unanime dei condomini configurando, non una semplice modifica, ma una radicale alterazione della cosa comune, nella sua destinazione strutturale od economica, obiettivamente pregiudizievole per tutte le unità immobiliari già allacciate o suscettibili di allacciamento (alterazione illegittima, ai sensi dell'articolo 1120, comma ultimo, del codice civile:

"è viziata da nullità "per illiceità dell'oggetto" la delibera approvata a maggioranza (prima dell'entrata in vigore della l. 9 gennaio 1991 n. 10) che decide di non eseguire i lavori di manutenzione e di adattamento dell'impianto comune di riscaldamento centralizzato, poiché ritenuti troppo onerosi, in quanto pregiudica i diritti dei condomini dissenzienti che vengono privati del godimento della cosa comune" (Cass., sez. II, 7 febbraio 1998, n. 132, GI, 1999, 26; GCM, 1998, 276; FI, 1998, I, 113; conforme, quanto all'impianto centralizzato dell'acqua calda: Cass., sez. II, 23 marzo 1991, n. 3186, ALC, 1991, 50; conforme: Cass., sez. II, 10 giugno 1991, n. 6565, GCM, 1991, 6; conforme App. Firenze 17 gennaio 1998, GIUS, 1998, 1624; conforme Cass., sez. II, 16 febbraio 1993, n. 1926, GCM, 1993, 320; cfr. anche Cass., sez. II, 2 febbraio 1998, n. 982, GCM, 1998, 205; FI, 1998, I, 1104; App. Genova 19 febbraio 1991, ALC, 1991, 508; Cass., sez. II, 6 dicembre 1986, n. 7256, FI, 1988, I, 906; Trib. Milano 7 febbraio 1991, ALC, 1991, 508; conforme, anche se dettata da motivi tecnici: Trib. Firenze, 20 ottobre 1988, ALC, 1989, 527; conforme Trib. Roma 5 novembre 1987, FI, 1988, I, 907; Cass., sez. II, 9 aprile 1980, n. 2288, GCM, 1980, 4; GC, 1980, I, 1889; Trib. Lecce 30 aprile 1990, ALC, 1991, 508; Pret. Firenze 20 dicembre 1988, GM, 1990, 800; Cass., sez. II, 30 novembre 1984, n. 6269, GCM, 1984, 11 – in tema di locazione: Cass., sez. III, 24 giugno 1993, n. 701, GCM, 1993, 1077); in tema di provvedimento cautelare: Trib. Roma 11 novembre 1987, FI, 1988, I, 906).




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