-  privato.personaedanno  -  25/09/2014

IL DIRITTO AL TEMPO LIBERO – Cass. 21725/12 – Filippo BISANTI

Responsabilità civile – Disservizi dell"amministrazione giudiziaria – Aggravio delle condizioni di lavoro dell"esercente la professione forense – Responsabilità del Ministero dello Giustizia – Incremento delle spese per l"esercizio della professione forense – Danno patrimoniale – Non sussiste – Perdita del tempo libero – Lesione di diritto inviolabile della persona – Danno non patrimoniale – Non sussiste.

Il "tempo libero" non costituisce, di per sé, un diritto fondamentale della persona tutelato a livello costituzionale e sovranazionale, e ciò per la semplice ragione che il suo esercizio è rimesso alla esclusiva autodeterminazione della persona, che è libera di scegliere tra l'impegno instancabile nel lavoro e il dedicarsi, invece, a realizzare il proprio tempo libero da lavoro e da ogni occupazione.

 

La Corte di Cassazione conferma una sua precedente decisione: il diritto al tempo libero è un "diritto immaginario"!

Introduzione

L"evoluzione storico-giuridica del concetto di danno non patrimoniale e della relativa tecnica di individuazione e risarcimento ha contemplato differenti significativi passaggi[1].

Come noto, la norma sancita dall"art. 2059 c.c. prevede che il danno non patrimoniale sia risarcibile esclusivamente nei casi determinati dalla legge.

L"interpretazione strictu sensu legata al mero tenore letterale della disposizione ha costituito per decenni l"unica via percorribile per la concreta attuazione: il danno non patrimoniale, affinché fosse (almeno) intravveduto in astratto, doveva promanare da una inequivocabile voluntas legis. Pertanto, ancor prima di indagare sulla fondatezza della pretesa, il danno non patrimoniale doveva ancorarsi saldamente a una tipica previsione di legge.

L"alveo applicativo appariva – di conseguenza – particolarmente limitato: l"unica ipotesi di concreta sussunzione nell"art. 2059 c.c. era rinvenuta nell"art. 185 c.p., a mente del quale colui che ha commesso un fatto penalmente rilevante è obbligato al risarcimento del danno patrimoniale o non patrimoniale.

Il cambio di rotta è avvenuto con la novella lettura, costituzionalmente orientata, dell"art. 2059 c.c., a seguito delle note pronunce della Corte di Cassazione del 2003; ne è conseguito che "il danno non patrimoniale deve essere inteso come categoria ampia, comprensiva di ogni ipotesi in cui sia leso un valore inerente alla persona"; la restrittiva lettura della norma veniva abbandonata, statuendo che il rinvio alla legge contenuto nell"art. 2059 c.c. ben poteva essere riferito alla Costituzione, ovvero al suo massimo livello[2].

Nel prosieguo, la giurisprudenza di legittimità ha specificato [rectius - statuito] che il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate in cui tuttavia confluiscono fattispecie non necessariamente previste dalla norma, che rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori della persona presidiati da diritti inviolabili secondo la Costituzione[3].

Invero, nonostante la Suprema Corte fosse stata chiara, la Terza Sezione si è discostata dal precedente orientamento, delineando un danno non patrimoniale che, seppur unitario, contiene differenti voci di danno[4].

L"illustrazione – in brevi termini – del percorso giuridico in merito al danno non patrimoniale costituisce il prius indefettibile per la corretta comprensione del ragionamento logico-giuridico compiuto dalla Corte di Cassazione nel caso in esame.

L"apertura a un danno non patrimoniale svincolato dalla puntuale indicazione della propria fonte expressis verbis, divenendo altresì ricavabile dall"interpretazione ermeneutica della Costituzione, ha inevitabilmente contemplato l"esigenza di dare ordine a una materia che, in prima facie, consentirebbe un"illimitata risarcibilità di un numero indefinito di pregiudizi.

Nel vasto scenario del danno non patrimoniale, la sentenza della Suprema Corte individua [rectius – conferma] un"ulteriore tipologia di danno "immaginario", escluso dalla risarcibilità poiché non ritenuto meritevole di tutela[5].

 

Il caso

 

Nella fattispecie in esame, l"avv. S.N.M. conviene in giudizio il Ministero della Giustizia innanzi al Tribunale di Milano, al fine di sentir pronunciata declaratoria di condanna al risarcimento di euro 458.000,00, a titolo di ristoro per i danni subiti a causa di sistematici disservizi degli uffici di cancelleria e degli ufficiali giudiziari, eziologicamente connessi a gravi carenze dell"amministrazione giudiziaria. Nella specie, espone che le precarie condizioni dell"apparato-giustizia hanno comportato la necessità di lavorare in condizioni di estremo disagio, sacrificando un"incalcolabile quantità di tempo, anche nei giorni festivi, per l"adempimento di incombenze che, per converso, gravano nei confronti del personale ausiliario degli organi giudicanti.

Prosegue asserendo che l"esigenza  [rectius - la volonta?] di sopperire a siffatte mancanze ha – di fatto –  incrementato i costi dell"esercizio della professione forense, estendendo i propri effetti pregiudizievoli anche in accezione non meramente patrimoniale: maggior tempo per espletare le quotidiane incombenze implica minor tempo libero.

Il Giudice di prime cure rigetta la domanda; la statuizione è confermata anche in appello.

Certo delle proprie ragioni, l"avv. S.N.M. ricorre per Cassazione prospettando, in primis, la violazione degli artt. 2697 c.c. e 23 Cost.: gli aggravi notevoli, in termini di tempo e di energie, non sono suscettibili di retribuzione e di elusione, dovendosi considerare prestazioni patrimoniali illegittime.

Il secondo motivo di doglianza si fonda sul fatto che le carenze de quibus siano indissolubilmente legate alla perdita del tempo libero, indispensabile per il recupero delle energie fisiche e psichiche; in assenza di momenti di svago, "la persona vive essenzialmente per lavorare".

Il thema decidendum si articola in due questioni ben distinte: gli incrementi dei costi per l"esercizio della professione forense costituiscono fonte di risarcimento – patrimoniale – imputabile al Ministero della Giustizia? Ancora, il tempo libero è diritto fondamentale, costituzionalmente protetto, e risarcibile ai sensi dell"art. 2059 c.c.?

 

Il diritto fondamentale dell"individuo quale risultato di un"interpretazione ermeneutica

 

La comprensione dell"argomentazione logico-giuridica compiuta dalla Corte di Cassazione postula il corretto inquadramento – giurisprudenziale e dottrinale – del concetto di danno non patrimoniale. 

Seppur brevemente, giova ripercorrere a grandi linee l"iter giuridico in tema di danno non patrimoniale, ove la dogmatica giuridica ha elaborato una moltitudine di teorie, criteri guida e quant"altro contribuisse all"individuazione di una via univoca per l"individuazione delle fonti del danno non patrimoniale.

L"assunto da cui non può prescindersi è che siffatta tipologia di danno, nonostante un"indefinibile – astratta – classificazione ex ante, assume comunque le caratteristiche di una fattispecie tipica.

Come noto, le sentenze di San Martino (Cass., sez. un., 11 novembre 2008, nn. 26972-26975), integrando le precedenti sentenze del 2003 (Cass. civ., sez. III, 31 maggio 2004, nn. 8827 e 8828),  hanno enucleato una serie di principi in tema di danno non patrimoniale: l"art. 2059 c.c. non si presta a un"interpretazione esclusivamente letterale, bensì è suscettibile di visione, espansiva, difforme: il termine "legge" ha una portata applicativa più ampia, che esula dalla mera caratteristica formale dell"atto-fonte.

Il risultato fu che anche la Costituzione rappresentò un bacino [rectius - il principale bacino] per l"individuazione di diritti fondamentali da cui far discendere la risarcibilità di un danno non patrimoniale.

Il riferimento alla Carta costituzionale ha condotto a includere nell"alveo dei danni non patrimoniali risarcibili anche la lesione di diritti fondamentali dell"individuo, imponendo, nel frattempo, il superamento di una soglia minima di tollerabilità e di serietà del pregiudizio.­­

Le sentenze di San Martino hanno quindi dato il via a un complesso lavoro di interpretazione ermeneutica da parte delle Corti di merito che, sollecitate da richieste di danno non patrimoniali sempre maggiori e variegate, sono state gravate dell"onere di decidere su questioni pressoché nuove. Di riflesso, il contenzioso giudiziario in tema, come prevedibile, è approdato in sede di legittimità, investendo la Corte di Cassazione del compito di statuire definitivamente la sussistenza, o meno, di un danno di natura non patrimoniale.

A quasi sei anni dalle pronunce de quibus lo scenario si presenta vasto e articolato: sono state avanzate domande di risarcimento di danno non patrimoniale per danno da perdita dell"animale d"affezione; danni da immissioni intollerabili[6]; danno da tardiva cancellazione di ipoteca; danno da infiltrazioni d"acqua in abitazione; danno da ricerca di veicolo illegittimamente rimosso da organi di polizia stradale[7].

In prima facie, le eterogenee istanze risarcitorie potrebbero apparire ingiustificate; per converso, è innegabile che la definizione di un "diritto fondamentale dell"individuo" ben si presti a eccessiva soggettivazione del singolo, interessato, in concreto, a vedersi riconosciuta – e risarcita – una propria doglianza.

Atteso che la percezione soggettiva di un pregiudizio è fisiologicamente differente, sul piano sociale non sarà mai interamente ingiustificata, poiché è precluso (e sarebbe pretestuoso) affermare con certezza che qualcosa non rechi sofferenza a una persona; l"infondatezza atterrà esclusivamente al piano giuridico della pretesa[8].

La soluzione del quesito: il tempo libero non costituisce un diritto fondamentale della persona

Ancor prima di soffermarsi sulla questione primaria sottoposta all"attenzione della Corte, giova ravvisare come il primo motivo di doglianza del ricorrente, concernente la presunta prestazione patrimoniale, illegittima, scaturente dalla necessità di sopperire ai disservizi dell"apparato-giustizia, viene brevemente trattato.

La sentenza non pone alcun dubbio in merito al fatto che le eventuali spese saranno comunque poste a carico del cliente.

Pertanto, il tema saliente della quaestio iuris, per converso, investe la qualificazione del tempo libero fra i diritti fondamentali dell"individuo; l"accertamento consta di tre fasi: 1) che l"interesse leso – e non il pregiudizio sofferto – abbia rilevanza costituzionale; 2) che la lesione dell"interesse sia grave, nel senso che l"offesa superi una soglia minima di tollerabilità; 3) che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualità della vita o alla felicità[9].

Per quanto attiene il primo dogma della giurisprudenza, l"interesse leso deve avere rilevanza costituzionale: ictu oculi, non si rinviene nessuna norma costituzionale in grado di giustificare il tempo libero quale diritto fondamentale.

La ricerca di un ancoraggio Costituzionale è possibile, ma i risultati prestano il fianco a ragionevole confutazione.

Una prima – ipotetica –  giustificazione si potrebbe rinvenire nel fatto che durante l"assenza dal lavoro l"individuo possa porre in essere attività connesse allo sviluppo e crescita della propria personalità (art. 2 Cost.). L"impostazione de qua è infondata: difatti, non può considerarsi fatto noto che chiunque, nel proprio tempo libero, si dedichi esclusivamente allo sviluppo della propria persona; esistono altresì pratiche futili e meno rilevanti. Di conseguenza, l"interesse al tempo libero non può essere considerato un diritto fondamentale, alla luce del fatto che il relativo pregiudizio non è sempre causalmente connesso al sacrificio di libertà di momenti dedicati allo sviluppo della persona.

L"indagine compiuta ha ricercato la ratio ispiratrice per annoverare il tempo libero nel campo dei diritti fondamentali nell"art. 2 della Costituzione.

Altra tesi ha ricercato il fondamento nell"art. 13 della Carta costituzionale: il diritto al tempo libero potrebbe essere sussunto nel più ampio – e tipicamente costituzionalizzato – diritto di libertà personale[10].

Ne costituirebbe una facoltà, ovvero una di quelle possibili forme e modalità di esercizio del diritto soggettivo: la libertà personale promana dal divieto che le relative limitazioni possono pervenire esclusivamente dalla legge e si esplica, a fortiori, nel diritto "di fare tutto ciò che la legge non vieta e, al contempo, di non tenere quelle condotte che – di converso –  la legge non impone". In siffatta interpretazione, il "diritto al tempo libero, ricompreso nel più ampio genus della libertà personale, è indubbiamente un diritto inviolabile o – per essere più precisi – è una di quelle molteplici facoltà che determinato il contenuto di un diritto inviolabile: pertanto, se dovesse venire inciso oltre la soglia minima della normale tollerabilità come ricostruibile in virtù dei principi di solidarietà politica, economica e sociale e con riguardo alla compiuta valutazione della contemporanea coscienza collettiva, il suo titolare necessariamente subirebbe un danno risarcibile ex art. 2059 c.c., purché in grado di offrirne in giudizio la prova anche per via indiretta e presuntiva".

Nella formulazione così operata, il tempo liberò non assurge a diritto fondamentale autonomo quanto, piuttosto, a elemento costitutivo di un diritto fondamentale.

Tesi indubbiamente meritevole di trattazione, ma non di accoglimento.

In concreto, il tempo libero, come ben indicato dalla Cassazione, è rimesso all"esclusiva autodeterminazione della persona, che è libera di scegliere tra l"impegno instancabile nel lavoro e dedicarsi, invece, ai propri interessi. Tale intrinseca natura del tempo libero giustifica il rigetto della domanda: nessuna norma e/o regola deontologica obbliga l"avvocato ad assumere un numero elevato di incarichi; la piena autonomia organizzativa di cui gode implica – di riflesso – l"esclusiva titolarità del diritto – e dovere – di equilibrare il tempo dedicato al lavoro e il tempo da riservare ai momenti di svago e/o riposo. Non sussiste alcuna forma di lesione del tempo libero eziologicamente connessa ai disservizi dell"apparato giustizia: innanzi alle mancanze del sistema, l"esercente la professione forense è chiamato a rivalutare specificamente ogni mandato, valutando ex ante l"opportunità di farsene carico, atteso che oramai le incombenze sottese, anche per problematiche strutturali del settore della giustizia, contemplano una maggior spendita di tempo per essere espletate.

E" pertanto, allora, lo stesso ricorrente che non soppesando questa fisiologica mancanza, per scelta personale pregiudica il proprio tempo libero.

Inoltre, le incombenze connesse alla pratica forense potrebbero essere altresì espletate da personale ausiliario dell"avvocato (segretaria, praticante), così da coadiuvare il professionista negli adempimenti "accessori".

L"instancabile impegno nel lavoro, accentrando integralmente su di sé i relativi oneri, è degno di plaudo, ma rimane comunque una scelta personale, autodeterminata e non imposta.

Il secondo dicta della Cassazione contempla il fatto che la lesione dell"interesse sia grave, nel senso che l"offesa superi una soglia minima di tollerabilità.

Il criterio della soglia minima di tollerabilità permette una critica alla pretesa dell"avvocato: pur configurando il tempo libero quale diritto fondamentale risarcibile, risulterebbe precluso, in concreto, dimostrare l"effettiva entità della lesione: nel caso in esame viene quantificata una perdita giornaliera di circa un"ora e mezza, ma non si comprende appieno il procedimento estimatorio e valutativo compiuto per estrapolare, con indubbia certezza, siffatto dato.

Ancora, sarebbe insuscettibile di puntuale computo, tenuto conto dell"oggettiva impossibilità di determinare, con assoluta certezza, il termine dell"ordinaria attività e l"inizio della perdita del tempo libero[11].

La Corte di Cassazione, per ultimo, precisa come il danno non debba essere futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualità della vita o alla felicità.

A parere di chi scrive, il danno lamentato dal patrocinante rientra in entrambe le categorie: la perdita del tempo libero deriva da un aggravio delle condizioni organizzative degli uffici giudiziari; la lamentela investe, implicitamente, evenienze quali quelle di passare buona parte della mattinata in fila per ritirare copie e richiedere notifiche, per provvedere a tutte le quotidiane incombenze dell"attività lavorative. De visu, quanto descritto non ostacola in alcun modo l"esercizio della pratica forense, bensì la rende più gravosa. Innanzi a tale eventualità il buon avvocato deve adoperarsi per ottimizzare il proprio impegno, soppesando le singole incombenze e individuando il modus operandi opportuno (anche mediante gli strumenti già citati in precedenza).

In merito alla presenza di un diritto immaginario, la Corte osserva come "il danno da perdita di tempo, il danno da mancanza di un tempo ricreativo dell'organismo e della psiche umana, il danno da forzata rinuncia a degli spazi temporali della propria esistenza (...) che ciascun individuo ha l'insopprimibile libertà di utilizzare in attività che siano per lui fonte di compiacimento e di benessere. Si tratta, evidentemente, analogamente al preteso diritto al riposo, di elementi che - pur rappresentando elevati valori della vita spirituale - non assurgono al livello di possibile fonte di un danno risarcibile".

Forse la domanda avrebbe dovuto essere formulata in termini diversi: altra corrente dottrinale ha ipotizzato la relazione che "più tempo perso = minor tempo a disposizione per poter svolgere il proprio lavoro professionale con maggiore redditività e guadagno. Il maggior tempo, però, consumato nelle cancellerie potrebbe essere addebitato al cliente e, in ogni caso, è parte fondamentale del rischio di cui ogni professionista deve tener conto. E non è detto che avere maggiore tempo a disposizione costituisca il mezzo eziologicamente rilevante al fine di ottenere il risarcimento del danno patrimoniale sofferto dal professionista"[12].

 

I precedenti

La decisione della Corte di Cassazione oggetto di nota pone un esplicito riferimento a un precedente caso analogo[13], il cui ricorrente si identifica nuovamente nell"avv. S.N.M.

A seguito di illegittima sospensione di linee telefoniche urbane protrattasi per due giorni, nonché per errate informazioni fornite dal tecnico del gestore di telefonia, era stata avanzata una richiesta di risarcimento danni, oltre in chiave patrimoniale, anche per la perdita del tempo libero.

Nella sentenza, la Suprema Corte evidenzia come i diritti inviolabili dalla valenza costituzionale siano quelli non solo positivizzati, ma anche derivanti dai documenti sovranazionali, quali interpretati dai giudici nella loro attività ermeneutica.

I diritti de quibus, riconosciuti e garantiti, costituiscono il fondamento della dignità della persona umana; la ricerca operata dalla Corte si estende dal diritto nazionale e passa in rassegna il diritto e la giurisprudenza internazionale.

L"esito dell"indagine è inequivocabile e perentorio: "la normativa costituzionale da un lato, le norme della Convezione europea sui diritti dell"uomo, così come interpretati dalla Corte di Strasburgo, lo stesso Trattato di Lisbona con l"allegata – e giuridicamente vincolante – Carta di Nizza, la Carta sociale Europea aggiornata nel 1999, dall"altro, non consentono di ritenere il diritto al tempo libero come diritto fondamentale dell"uomo e, nella sola prospettiva costituzionale, come diritto costituzionalmente protetto e ciò per la semplice ragione che il suo esercizio è rimesso alla esclusiva autodeterminazione della persona, che è libera di scegliere tra l"impegno instancabile nel lavoro e il dedicarsi, invece, a realizzare il suo tempo libero da lavoro e da ogni occupazione".

In siffatta chiave di lettura, la Corte di Cassazione propende per ritenere il rigetto della domanda un sintomo di rafforzamento dei principi già enunciati dalle sentenze di San Martino: la tutela risarcitoria è ammessa allorquando sia leso un diritto inviolabile della persona. I "fastidi della vita quotidiana" rientrano esclusivamente nell"ambito dei diritti immaginari, utopici, quali il diritto alla qualità della vita, allo stato di benessere, alla serenità: in definitiva, il diritto di essere felici.

Già all"epoca la Corte era stata chiara: il tempo libero era un diritto immaginario privo di fondamento costituzionale.

Le evenienze prospettate dall"attore integravano esclusivamente fastidi della vita e pertanto lesivi di diritti immaginari[14].

Conclusioni

 

La disciplina dei diritti inviolabili è destinata a proseguire nel proprio, complesso, percorso interpretativo.

L"abbandono della lettura ristretta e formale dell"art. 2059 c.c., come prevedibile, ha permesso l"astratta configurabilità di una moltitudine di danni non patrimoniali, atteso che la percezione dei pregiudizi subiti è estremamente soggettiva: l"interruzione del servizio di energia elettrica durante la visione di una partita di calcio potrebbe generare grave nocumento nel tifoso più appassionato, come, nel contempo, la tardiva cancellazione di un"ipoteca può essere causa di conseguenze rilevanti per taluni.

L"accezione estesa del danno non patrimoniale come promanante altresì da lesioni di diritti inviolabili dell"individuo ha – indubbiamente – incrementato le domande risarcitorie in sede civile; tale conseguenza, però, può essere accolta positivamente.

La classificazione ex ante dei diritti inviolabili è preclusa per ovvie ragioni logiche, lasciando alla giurisprudenza il compito di decidere, volta per volta, se la pretesa dedotta in giudizio sia fondata e meritevole di tutela.

Ictu oculi, già all"epoca delle prime pronunce, era evidente che la disciplina del danno non patrimoniale fosse destinata a ricadere nell"ambito della casistica: il precedente giudiziario, se accolto, ben rileverà nella valutazione preliminare della fondatezza della proponenda domanda.

Alla luce di siffatte ragioni, la pretesa risarcitoria dell"avv. S.N.M. non solo non deve apparire pretestuosa, bensì è da ritenersi pioniera[15].

La percezione di essere stati lesi del proprio tempo libero, come nel caso trattato, merita indubbiamente una esaustiva e chiara trattazione da parte dell"interprete, unico organo realmente in grado di statuire se un diritto fondamentale esista e debba essere riconosciuto, nonché garantito.

Sollevare questioni nuove, non manifestamente infondate, è determinante per l"evoluzione e chiarificazione degli istituti giuridici, soprattutto se particolarmente complessi e oscuri quale è il settore del risarcimento dei danni non patrimoniali.

La dialettica contrapposta fra differenti visioni rappresenta la chiave di volta per la soluzione, ponderata, di ogni controversa quaestio iuris: come evidenziato nella disamina del caso, in tema di tempo libero non sono mancati orientamenti dottrinali che almeno in forma prodromica hanno generato qualche dubbio riguardo la relativa esclusione nell"alveo dei diritti fondamentali.

Ben quindi ha fatto l"avv. S.N.M. dapprima a dogliarsi del pregiudizio subito del proprio tempo libero a seguito dell"interruzione, ingiustificata, del servizio di telefonia, per poi proporre analoga istanza allorquando i disservizi dell"amministrazione giudiziaria hanno assunto una rilevanza tale da ritenerlo "uomo che vive essenzialmente per lavorare".

Di riflesso, l"opera ermeneutica della Corte di Cassazione è improntata a un preciso obbiettivo: evitare la creazione (anche se sarebbe più opportuno utilizzare il termine "riconoscimento") di pretestuosi –  nuovi – diritti inviolabili che nulla hanno a che fare con il fondamento della persona[16]. E" indiscusso il fatto che ogni singolo individuo, nel corso della propria esistenza, dovrà affrontare, quotidianamente disagi e tenui fastidi non potendo, di certo, muovere un qualsivoglia rimprovero per una situazione fisiologicamente connessa all"esigenza di una società organizzata.

In conclusione, il Supremo Consesso prosegue nella sua attività ermeneutica, senza tralasciare la strada maestra per individuare e risarcire i diritti fondamentali della persona sottesi ai principi costituzionali, arrestando tentativi fantasiosi di travalicare la ratio ispiratrice della risarcibilità del danno non patrimoniale.



[1] Per un completa disamina dell"argomento, A. Di Majo, Discorso generale sulla responsabilità civile, in N. Lipari e P. Rescigno (a cura di), La responsabilità e il danno, Milano, 2009, 3 ss; A. Minozzi, Studio sul danno non patrimoniale (Danno morale), Milano, 1909, 90-104.

[2] Cass.civ., sez. III, 31 maggio 2003 n. 8827-8828, in Foro It, 2003, I, 2272, n. L. La Battaglia, E. Navarretta in DR, 2003, 816; n. F.D. Busnelli, G. Ponzanelli, A. Procida Mirabelli Di Lauro in CG, 2003, 1024; n. M. Franzoni in RC, 2003, 675.

[3] V. Carbone, La legge Balduzzi: le responsabilità del medico e della struttura pubblica in Diritto e giurisprudenza commentata, Roma, 2013, V, 8.

[4] Cass. civ., sez. III, 20 novembre 2012, n. 20292, in DR, 2013, II, 129.

[5] Per un"esaustiva disamina in merito al concetto di diritto inviolabile, E. Navarretta, Il danno non patrimoniale e la responsabilità contrattuale, in E. Navarretta (a cura di), Il danno non patrimoniale. Principi, regole e tabelle per la liquidazione, Milano, 2010, 155.

[6] C. Baldassarre, G. Ponzanelli, Danno non patrimoniale non biologico: immissioni intollerabili, in DR, 2012, 1180.

[7] L. Frata, Non esiste un diritto fondamentale al "tempo libero"… nemmeno per l"avvocato!, in NGC, 2013, IV, 338-339; celebre il precedente dettato da GdP Catania, 25 aprile 1999, ove è stato riconosciuto un risarcimento di 700.000 lire per un taglio di capelli inferiore di dieci centimetri rispetto a quello desiderato, che avrebbe comportato il rinvio delle nozze per nocumento della sposa, con consequenziale necessità di rinunciare all"abito già scelto (!).

[8] C. Bona, Studio sul danno non patrimoniale, Milano, 2012, 83; l"Autore richiama la teoria performativa di J. Austin: "il successo di un criterio non sembra dipendere tanto da una sua oggettività in senso ontologico. Ad attribuire successo ad un criterio non è il fatto che sia in qualche misura oggettivo per la sua idoneità di riflettere una realtà che esiste fuori da noi. Quel che conta è che il criterio divenga condiviso, divenga epistematicamente oggettivo. Il fenomeno, volendo, può essere spiegato ricorrendo all"idea della performatività. John Austin ha coniato il termine performativo per indicare gli enunciati che non descrivono qualcosa, ma lo fanno. Si tratta di casi in cui "dire qualcosa è fare qualcosa; o con cui col dire o nel dire qualcosa noi facciamo qualcosa". Austin come esempi di performativi ha riportato casi nei quali l"enunciato crea realtà giuridiche. Così, ad esempio, dire "sì prendo questa donna come mia legittima sposa" nel coso di un matrimonio crea il rapporto matrimoniale; dire "lascio il mio orologio in eredità a mio fratello" in un testamento apre (con la morte del de cuius) la successione". Latu sensu il concetto è riferibile allo studio in esame: il concetto di tempo libero fra i diritti fondamentali dell"individuo non è la risultanza di un processo di riconoscimento, quanto, piuttosto, di una precisa statuizione dell"interprete. Quando un diritto fondamentale viene affermato in giudizio, esiste giuridicamente, altrimenti rimarrà un"entità rilevante – sul piano soggettivo – esclusivamente per la parte che lo ha introdotto in causa.

[9] Cass. civ., sez. III, 13 novembre 2009, n. 24030.

[10] A. Gala, Il diritto al tempo libero non è un diritto inviolabile?, in DR, 2012, II, 166; l"Autore evidenzia come "il Supremo Collegio, va ribadito, con l"intento condivisibile e lodevole di contenere entro limiti dogmaticamente e logicamente accettabili la nozione di danno non patrimoniale, abbia in questa occasione utilizzato un procedimento logico-argomentativo sistematicamente disorganico e dunque non conveniente, affermando, per di più, un principio di diritto potenzialmente pericoloso; infatti, il ritenere che il tempo libero degli individui non possa costituire oggetto di un loro diritto inviolabile sembra riproporre un atteggiamento ermeneutico proprio di epoche passate e lontane, nelle quali sia l"impostazione politico-culturale che l"assetto istituzionale dello Stato tradivano una marcata e pregiudiziale ostilità verso le formule normative che garantivano le libertà, finendo così per rendere, da un punto di vista pratico, del tutto ineffettive ed inoperanti".

[11] Difatti, si pensi al caso del disservizio causato dalle lunghe code nei Tribunali per il deposito di un atto: quale sarebbe il criterio distintivo di un tempo ragionevole rispetto a una perdita di tempo? Inoltre, quale sarebbe il criterio per stabilire l"effettivo momento in cui inizia la reale perdita di tempo? Ictu oculi è valutazione discrezionale, soggettiva, priva di qualsivoglia fondamento empirico.

[12] G. Ponzanelli, Disservizi dell"amministrazione giudiziaria e danno non patrimoniale, in DR, 2013, III, 297.

[13] Cass. civ., 27 aprile 2007 n. 9422, in DR, 2012, 166.

[14] G. Ponzanelli, Il danno non patrimoniale bagatellare: tre decisioni, in RCP, 2011, 1509.

[15] Nel medesimo senso G. Ponzanelli, 2013, cit., 297. 

[16] C. Bona, cit., 84; secondo la teoria performativa, in realtà, "in ambito giuridico, non diversamente rispetto a quanto accade in altri ambiti, si possono veramente fare cose con parole. Parlare e scrivere di valore crea, in un certo senso, il valore; anche nell"ambito del danno non patrimoniale il valore del bene è un entità ontologicamente soggettiva ed intrinseca dell"osservatore".




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