-  Miceli Carmelo  -  23/04/2013

FUNZIONAMENTO ISVAP E OMBRE DI MOBBING - Cons. di Stato n. 1879/2013 - Carmelo MICELI

L" esegesi di identificazione dei tratti caratterizzanti del mobbing procede a passo incessante, coinvolgendo anche l" ambito di operatività dell" Isvap (sia consentito il rinvio ai precedenti articoli in materia da parte dello scrivente). La sentenza attenzionata conferma la valenza trasversale delle condotte mobbizzanti e dei riflessi areddituali, nel panta rei della variegata  casistica, ricordando che "i concetti giuridici non hanno pace" (Irti) con la calzante avvertenza di Wittgenstein: "come una parola funzioni, non lo si può indovinare. Si deve stare a guardare l" impiego della parola, e imparare di lì".

L" intervento in questa sede, attiene all" utilità dell" indagine giudiziaria volta ad accertare la rilevanza di gravi carenze organizzative dell" ente pubblico (secondo una nozione a geometrie variabili) nella genesi del quadro persecutorio e mortificante della personalità lavorativa: in altri termini, lo sviamento del potere strutturale, identificabile nella violazione degli standards di buona amministrazione, presenta una matrice euristica dell" iniziale percezione del fenomeno vessatorio di cui trattasi (che secondo taluni, si aggira ancora come un fantasma nelle nostre aule giudiziarie). La decisione in commento offre pertanto spunti di interesse, poichè la verifica processuale (nella sua naturale vocazione di controllo del potere) convive con il riscontro di vizi del modello procedimentale, sede di confronto e incontro di interessi dipendenti dal potere autoritativo. Tale dialettica non può più essere concepita come organicamente estranea alla soddisfazione materiale delle aspettative del cittadino, intraneo alla formazione sociale "amministrativa" su cui si appuntano doveri di solidarietà, anche in vista della realizzazione della personalità umana del proprio impiegato (perdonate il termine ormai desueto). A ben vedere, la riconoscibilità delle sue istanze legittime costituisce una non trascurabile garanzia della funzione pubblica, orientata all" esercizio (o mancato esercizio) della potestà regolatoria e conformativa. Il fatto poi che tale deficit organizzativo (con inevitabili risvolti esterni sugli utenti) intercetti, nel caso specifico, anche le vicende di  Autorità indipendenti, depone forse a riprova del fallimento della degenerazione tecnica culminata in tali enti, nati dalla "crisi della legge" (v. sul punto Clarich) e per esigenze di neutralità dal condizionamento politico, e finite in una sorta di mercato dove tutto è diventato liquido (sia pure con qualche timido "ritorno" degli Stati fra amletismo e indebolimento del potere decisorio). Ma prima che Shakespeare mi rapisca con il mistero del celebre monologo, mi affretto ad estrarre gli aspetti salienti del decisum in argomento.

In una composizione unitaria della disciplina normativa, si sottolinea che il perdurante carattere di pubblico impiego dei rapporti di lavoro instaurati con l"ISVAP non esonera quest"ultimo dal rispetto dei principi posti con d.lgs. n. 165/2001 in materia di auto-organizzazione degli uffici: principi direttamente riconducibili all"imparzialità ed economicità dell"azione dei pubblici poteri, previste dalla Costituzione e riprese nella normativa che codifica il "giusto procedimento" (in dottrina si segnala Roehrssen, Il giusto procediimento nel quadro dei principi costituzionali). Tale assunto è altresì confortato dal dato positivo e da una plausibile inferenza logico-giuridica dallo stesso: il suddetto d.lgs.  rimarca –all"art. 1, comma 1– l" idée directrice (per dirla con Hauriou) del testo di disciplinare "l"organizzazione degli uffici", oltre che "i rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche"; al successivo comma 2, delinea la nozione di "amministrazione", come comprensiva di tutti "gli enti pubblici non economici nazionali" e quindi anche dell"ISVAP, tenuto conto delle funzioni di vigilanza in materia assicurativa, nonché di consulenza e segnalazione nei confronti del Parlamento e del Governo (in aderenza all" indicazione fornita all" inizio dell" articolo, che insiste su una declinazione pluralistica del concetto di p.a., "a geometrie variabili", che superi la rigidità della forma e guardi invece alla sostanza dello scopo e dell" agire).

 

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Non può non condiversi allora la trama motivazionale approntata dal Supremo Consesso  quando, in armonia a un indirizzo ormai corale, afferma che non può "non ritenersi che debba essere assicurato per l"intero apparato pubblico, affidato o meno a norme privatistiche per la disciplina del rapporto di lavoro, il rispetto dei principi di imparzialità e buon andamento, di cui all"art. 97 della Costituzione: principi che debbono comunque estrinsecarsi nell"obbligo di valutazioni comparative per l"individuazione del soggetto più idoneo all"espletamento delle funzioni da svolgere, a forme di partecipazione degli interessati ai processi decisionali e all"esternazione delle ragioni giustificatrici delle scelte, anche quando gli atti di conferimento degli incarichi dirigenziali rivestano natura di determinazioni negoziali (e a maggior ragione, deve ritenersi, quando tale conferimento abbia natura pubblicistica e si esprima in provvedimenti amministrativi; cfr., per il principio, Cass., sez. lavoro, 14 aprile 2008, n. 9814; Cass.civ., sez. lavoro, 30 settembre 2009, n. 20979)". Tanto delineato, ne deriva, che l"autonomia organizzativa conferita all"ISVAP non esime, pertanto, quest"ultimo dallo scindere la fase di individuazione delle esigenze operative, da soddisfare con l"istituzione di un nuovo ufficio, dall"individuazione del personale più idoneo a dirigere lo stesso o ad esservi addetto. Invero, nella sua prima occupazione di terra giuridica (Schmidt non se la prenda per l" evocazione), l" autorità indipendente deve pur sempre muoversi alla luce della Grundnorm, nella sua valenza propulsiva e precettiva, nella spinta evolutiva che la carta Fondamentale imprime al sistema juris: il nomos costituzionale, nelle sue necessarie interazioni, non può certo essere eliso da supposte autonomie regolatorie (con rispetto parlando dello scatenato tecnicismo e delle sue manifestazioni elitarie!)

Va ulteriormente evidenziato come, il principio di buon andamento dell"amministrazione, siccome inglobato dal più volte citato art. 19 del d.lg. n. 165, imponga al riguardo valutazioni separate, ispirate a diverse ragioni di interesse pubblico: ragioni indirizzate, da una parte, alle più razionali modalità di perseguimento delle finalità dell"Ente e, dall"altra, all"ottimale allocazione delle risorse di personale disponibili.

In conclusione, permane un inchiodante interrogativo: chissà se il penetrante controllo giurisdizionale, sempre più ficcante sull" angolazione sostanziale del potere, induca a un rivolgimento dell" italico costume amministrativo (lato sensu inteso), presidiandone canali operativi e sostanze organizzative al lume dell" efficienza e del merito, o se ancora dobbiamo sentirlo canticchiare.. "ci fosse stato..ma non sono mai stato così!".

 




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