-  Marra Angelo D.  -  11/09/2016

Disabilità e rischio sismico: manifesto per un gruppo di lavoro permanente sui terremoti - Angelo D. Marra

 

Introduzione

Ogni volta che si verifica un evento sismico torna in chi scrive il prepotente interrogativo: cosa accade alle persone con disabilità in caso di terremoto?

Questa sensibilità viene senz'altro, da un lato, dal contesto ambientale - chi scrive abita in una delle zone d'Italia a più elevato rischio sismico – e, dall'altro, dalla cronaca che, quando per la prima volta si è pensato di avvicinarsi al tema specifico, induceva a effettuare amare riflessioni dopo il terremoto aquilano e lo tsunami del dicembre 2006. A questi tristi eventi si aggiungevano in seguito la catastrofe di Haiti e, da ultimo, il terremoto che in Giappone ha gravemente danneggiato la centrale nucleare di Fukushima. Inoltre in quest"arco di tempo (segnatamente nel 2008) si compiva il centenario del terremoto, con conseguente maremoto, che sconvolse le zone di Reggio e Messina il 29 dicembre del 1908.

Adesso, riprendiamo il tema – già trattato in altre sedi – dopo il sisma che, nell"agosto 2016, ha colpito l"Italia Centrale.

Tutti gli eventi menzionati sollecitavano a riflettere sulle modalità per garantire la sicurezza delle persone con disabilità in caso di sisma, considerato anche il fatto che chi scrive è una persona con disabilità in sedia a rotelle.

In una parte di questo scritto lancerò un"idea concreta per passare "dalle parole ai fatti" che spero vedrà partecipare molti. Non possiamo rimanere a discutere di terremoti e gestione del rischio:

Bisogna agire ed in questo anche Persona&Danno può fare la propria parte!

 

Considerazioni iniziali

 

Una prima riflessione di tipo empirico in merito alle possibilità che una persona con disabilità ha di sopravvivere a un evento catastrofico, pur senza alcuna pretesa di esaustività, porta comunque a formulare conclusioni negative poiché l'esame di numerose esperienze ci porta a ritenere che, invece di adottare modelli organizzativi di ragionevole riduzione del rischio, nel caso delle persone con disabilità si preferisca semplicemente esentare il soggetto dalle esercitazioni, ponendo in secondo piano la valutazione delle esigenze di sicurezza.

Da studente liceale chi scrive non ha mai fatto un"esercitazione in tutti e cinque gli anni di scuola; altre persone con disabilità, quando i compagni di scuola erano impegnati a svolgere l'esercitazione, erano invitate a restare sedute (teoricamente in loro "soccorso" avrebbe dovuto venire un assistente che, però, risultava sistematicamente assente…). Questi episodi, anche se non pretendono di avere valenza scientifica, sono però indice di una diffusa trascuratezza che certamente non giova alla riduzione del rischio.

Inoltre - e su versante diametralmente opposto - generiche ragioni di sicurezza spesso inducono alcuni docenti a esentare gli alunni con disabilità dallo svolgimento delle attività durante le ore di Educazione Fisica, tant"è che l"art. 30 della Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità stigmatizza questo comportamento laddove, riferendosi alle attività sportive, si preoccupa di affermare che anche le persone con disabilità devono partecipare alle medesime durante le ore scolastiche.

Il risultato di questo atteggiamento è che la sicurezza è ignorata o messa in secondo piano quando si tratta di far partecipare le persone con disabilità ad attività di prevenzione e viene, invece, utilizzata in maniera pretestuosa - e sostanzialmente in virtù di preconcetti - come ragione per escludere le persone con disabilità dallo svolgimento delle attività curricolari. Sicurezza a senso unico, dunque, e mai concretamente a favore delle persone con disabilità.

A questo si aggiunga che, dal punto di vista legale, la sicurezza è a volte posta quale limite alle istanze di accessibilità provenienti da persone disabili; tuttavia appare lecito dubitare della correttezza dell'antitesi tra accessibilità e sicurezza che è sottesa alla ricostruzione in questione.

Infine alla situazione delle persone con disabilità, nell'eventualità di rischio umanitario o catastrofi naturali, è dedicato uno specifico articolo della Convenzione delle Nazioni Unite del 2006. Dunque è opportuno domandarsi come mai un tema del genere sia stato inserito nel Trattato e se questo possa essere utile e in che modo al nostro lavoro, il quale vuole proporre una rilettura del tema della sicurezza che sia funzionale all'inclusione sociale piuttosto che ragione di discriminazione e marginalizzazione delle persone disabili.

Questo interrogativo ne porta con sé uno ulteriore: si scopre qualcosa di nuovo - tanto dal punto di vista organizzativo quanto sul piano del diritto – se, proprio alla luce della Convenzione delle Nazioni Unite, si utilizza come chiave di lettura il modello sociale della disabilità?

Esso parte dall'assunto che sono le barriere a rendere alcune persone disabili: in altre parole, utilizzando il modello sociale, si possono smascherare i fattori di esclusione e si ascrive all'ambiente e al contesto un"emarginazione che, di fatto, viene fatta ricadere sulle stesse persone disabili, accusate a torto di rappresentare esse stesse un attentato alla sicurezza e un costante pericolo per gli altri individui.

Al contrario occorre evidenziare che un ambiente inaccessibile rende il soggetto disabile dipendente e bisognoso di aiuto.

 

Le norme antisismiche in Italia

 

La prevenzione sismica si può realizzare attraverso l'utilizzo di due strumenti: la classificazione sismica e la normativa antisismica. La normativa antisismica riguarda i criteri che devono essere rispettati per costruire una struttura in modo da ridurre la probabilità che riporti un danno, in seguito al verificarsi di un evento sismico.

Dal 1908, anno del devastante terremoto di Messina e Reggio Calabria, fino al 1974, in Italia i comuni sono stati classificati come sismici e sottoposti a norme restrittive per le costruzioni solo dopo essere stati fortemente danneggiati dai terremoti. Poiché la classificazione comportava applicazioni di norme restrittive nella costruzione, in alcuni casi, paradossalmente, si è assistito a una declassificazione su richiesta degli stessi territori colpiti. Con la legge n. 64/1974 si stabilì che la classificazione sismica dovesse essere realizzata sulla base di comprovate motivazioni tecnico-scientifiche, attraverso l"emanazione di decreti del Ministro per i Lavori Pubblici. Nel 1981 venne adottata la proposta di riclassificazione del territorio nazionale in tre categorie sismiche predisposta dal CNR.

Con appositi decreti ministeriali, tra il 1981 e il 1984, il 45% del territorio nazionale risultava classificato ed era obbligatorio il rispetto di specifiche norme per le costruzioni. Metà del Paese, tuttavia, continuava a non essere soggetta a questo obbligo. Dopo il terremoto del 2002 in Puglia e Molise veniva emanata l'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274/2003, che riclassificava l"intero territorio nazionale suddividendolo in quattro zone caratterizzate da diversa pericolosità, eliminando le zone non classificate. Perciò oggi nessuna area del nostro Paese può ritenersi non interessata alla prevenzione del rischio sismico.

Il provvedimento detta i principi generali sulla base dei quali le Regioni, a cui lo Stato ha delegato l"adozione della classificazione sismica del territorio (cfr. DL n. 112/1998 e DPR 380/2001), hanno compilato l"elenco dei comuni con la relativa attribuzione a una delle quattro zone, a pericolosità decrescente, nelle quali è stato riclassificato il territorio nazionale.

Il 14 gennaio 2008 è stato emanato il Decreto Ministeriale che ha approvato le nuove Norme Tecniche per le costruzioni la cui applicazione è diventata obbligatoria dal 1° luglio 2009. Per il dettaglio e significato delle zonazioni di ciascuna Regione, si deve fare riferimento alle disposizioni normative regionali. Le attuali Norme Tecniche per le Costruzioni, infatti, hanno modificato il ruolo che la classificazione sismica aveva ai fini progettuali: per ciascuna zona – e, di conseguenza, territorio comunale – precedentemente veniva fornito un valore di accelerazione di picco e, quindi, di spettro di risposta elastico da utilizzare per il calcolo delle azioni sismiche.

Dal 1° luglio 2009, con l"entrata in vigore delle Norme Tecniche per le Costruzioni del 2008, per ogni costruzione ci si deve riferire a un"accelerazione di riferimento "propria", individuata sulla base delle coordinate geografiche dell"area di progetto e in funzione della vita nominale dell"opera. Questo valore è definito per ogni punto del territorio nazionale indipendentemente dai confini amministrativi comunali. La classificazione sismica (zona sismica di appartenenza del comune) rimane utile solo per la gestione della pianificazione e per il controllo del territorio da parte degli enti preposti (Regione, Genio civile, ecc.).

La normativa antisismica definisce i criteri per costruire una struttura in modo da ridurre la probabilità che essa riporti danni in seguito al verificarsi di un evento sismico. È chiaro che il presente lavoro non intende esprimere valutazioni sugli aspetti tecnico-costruttivi (né, invero, se ne avrebbero le competenze). Si ritiene, invece, opportuno iniziare una riflessione sulla condizione delle persone con disabilità rispetto al tema della prevenzione (o riduzione) del rischio sismico e, più in generale, sulla sicurezza e l'inclusione delle persone con disabilità. È dunque necessario, per avviare la riflessione sul rapporto tra disabilità e prevenzione del rischio, inquadrare correttamente il primo dei due termini della relazione che si intende indagare, seppur con i limiti imposti al presente lavoro.

 

L "approccio alla disabilità dopo il 2006

 

L"entrata in vigore della convenzione sui diritti delle persone con disabilità con la nuova definizione che del fenomeno viene fornita alla lettera del preambolo, ha chiarito come le barriere ambientali, i comportamenti sociali e gli atteggiamenti culturali creino "dis-abilità" per le persone affette da menomazioni.

In particolare, secondo quanto previsto dal trattato, è necessario non concentrarsi sul deficit della singola persona ma individuare e indicare gli ostacoli alla piena partecipazione alla vita di comunità: rimuovere quelle barriere di diversa natura che determinano disabilità, eliminare i fattori di discriminazione, gli stereotipi negativi sulla disabilità.

In breve, riconosce la dignità intrinseca delle persone con disabilità, che la disabilità è parte dell"umanità, che le persone con disabilità sono abili, capaci e competenti quanto disabile non è.

Il "Problema" legato alla condizione di disabilità è un problema di pari opportunità, non una questione da risolvere con specialisti taumaturghi.

Per potersi praticare la vita indipendente e la libertà di scelta (vero fulcro nell"approccio dei diritti umani alla disabilità), è essenziale un sicuro e paritario accesso all"ambiente fisico ed alla mobilità, come pure la possibilità di vivere in abitazioni accessibili è funzionale allo svolgimento delle proprie scelte di vita familiare ed esistenziale..

 

La Progettazione Universale

 

È funzionale al nostro discorso, e particolarmente necessario, approfondire brevemente la nozione di Universal Design (progettazione universale), che si riferisce a uno specifico modo di produrre beni, erogare servizi, o costruire. Progettare in modo conforme allo Universal Design significa:

- partire dall'idea che non esiste un essere umano uguale a un altro;

- ritenere che chi progetta debba considerare questa diversità insopprimibile;

- tenere conto del fatto che esiste un'utenza ampliata di persone per cui l'uso dei beni e servizi progettati può risultare difficile;

- progettare in modo che l'ambiente, i beni e i servizi siano accessibili a tutti gli individui (persone sane, anziani, soggetti disabili, donne in gravidanza, bambini, stranieri che potrebbero non capire la lingua in cui sono scritti cartelli o segnali, ecc.), in modo da garantire che l'utilizzatore del bene possa goderne comodamente, liberamente, senza necessità di assistenza e in sicurezza.

 

La Progettazione Universale si basa anche sul concetto intuitivo in base al quale un bene, un servizio o un edificio, qualora sia disegnato in base alle esigenze di coloro che presentano maggiori difficoltà, sarà idoneo, a maggior ragione, a soddisfare le esigenze anche di quella parte della popolazione priva di esigenze speciali: un edificio privo di scale è utilizzabile con maggior comodità da chiunque, sia che si usi una sedia a rotelle sia che non se ne faccia uso. Lo Universal Design fornisce una risposta concreta ed efficace all'esigenza di garantire a tutti l'accessibilità dei beni e dello spazio costruito, in quanto permette di strutturare la disposizione delle aree urbane e di tutti i servizi consentendone una fruizione indistinta sia agli individui che abbiano esigenze particolari sia alle altre persone. La progettazione universale è dunque lo strumento concettuale e operativo in grado di determinare un ambiente più vivibile per tutti. L"idea alla base della progettazione universale sta nell"evitare la ghettizzazione delle comunità portatrici di esigenze specifiche. Oggi la progettazione universale non è solo una filosofia del costruire, ma ha acquisito una forte rilevanza anche sul piano giuridico.

La Convenzione ONU del 2006 individua, infatti, come anticipato, nello Universal Design un preciso concetto giuridico. Secondo il trattato, la progettazione universale indica la progettazione (e realizzazione) di prodotti, ambienti, programmi e servizi utilizzabili da tutte le persone, nella misura più estesa possibile, senza bisogno di adattamenti o di progettazioni specializzate. La progettazione universale non esclude dispositivi di ausilio per particolari gruppi di persone con disabilità ove siano necessari. Dunque, occorre progettare pensando a un"utenza ampliata.

Non si esclude, tuttavia, riconoscendone anzi la necessità, il ricorso a soluzioni ad personam: si tratta del cosiddetto "accomodamento ragionevole". Nel progettare si deve allora far ricorso all'Universal Design e la prospettiva cambia: non più soluzioni adottate ex post per abbattere barriere architettoniche ma progettazione di beni, servizi e spazi accessibili ex ante. Gli edifici non vanno costruiti e poi adattati per essere conformi alle norme previste per le persone disabili: l'accessibilità (per tutti) è il punto di partenza. Cambia anche il linguaggio normativo: il focus non è sulla barriera architettonica ma sul suo contrario, l'accessibilità.

 

 

La disabilità e le catastrofi naturali nella Convenzione del 2006

 

La Convenzione delle Nazioni Unite all'art. 11 dispone, a proposito delle situazioni di rischio o emergenze umanitarie, che:

 

Gli Stati Parte prenderanno, in accordo con i loro obblighi derivanti dal diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e le norme internazionali sui diritti umani, tutte le misure necessarie per assicurare la protezione e la sicurezza delle persone con disabilità in situazioni di rischio, includendo i conflitti armati, le crisi umanitarie e le catastrofi naturali.

 

Il profilo che ci interessa in questa sede è quello relativo alle catastrofi naturali. La disposizione richiama prima di tutto l'attenzione sulla particolare condizione di rischio che vivono le persone con disabilità e sottolinea l'alta priorità che deve avere il salvataggio delle persone con disabilità nell'eventualità di un'emergenza. L'affermazione, ancorché possa sembrare banale, si è resa necessaria in considerazione del fatto che le persone disabili sono quelle che più patiscono le conseguenze negative di una situazione di emergenza proprio in ragione dell"esclusione già da queste vissuta in situazioni ordinarie, situazioni che senz'altro peggiorano in circostanze eccezionali, tant"è vero che l'attenzione alla concreta applicazione dell'art. 11 della Convenzione è al momento una delle key issues presentate nel sito U.N. Enable (che è il principale mezzo di comunicazione attraverso cui le Nazioni Unite diffondono le informazioni relative al nuovo Trattato e ne promuovono una corretta applicazione). Sullo stesso sito è reperibile tra le altre informazioni un utile Toolkit, elaborato a seguito del terremoto che ha colpito Haiti, che si preoccupa di veicolare i suggerimenti per la ricostruzione post-sismica ,così da dare attuazione concreta all'art. 11.

È stato riconosciuto che "il rischio di discriminazione delle persone con disabilità nelle situazioni di emergenza è più forte e si pone, pertanto, l'esigenza di predisporre meccanismi sia preventivi sia operativi per il momento del soccorso, al fine di garantire opportuna protezione".

Particolarmente delicata risulta la fase della gestione dell'emergenza e dell'evacuazione delle persone con disabilità. Oltre le considerazioni già svolte in ordine alla necessità di predisporre procedure di addestramento che mettano in condizione anche le persone con disabilità di gestire l'emergenza, giova in questa sede richiamare un documento elaborato dal Ministero dell'Interno, dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile che riguarda proprio il soccorso delle persone disabili e fornisce informazioni concrete ai soccorritori per la gestione di questa situazione. Inoltre merita un cenno la decisione 2007/779 CE che istituisce un meccanismo comunitario di protezione civile.

La Consensus Conference, tenutasi a Verona l'8 e 9 novembre 2007, ha elaborato la Carta di Verona sul salvataggio delle persone con disabilità in caso di disastri. In questo documento, che non ha valore vincolante, si afferma che si avverte la necessità di garantire una maggiore comprensione dei bisogni delle persone con disabilità e di tutte le varie forme di disabilità in situazioni di rischio; si avverte inoltre la necessità di una maggiore preparazione all'intervento, garantendo che tutti i bisogni specifici delle persone con disabilità vengano presi in considerazione.

Lo scopo della Carta è delineare le basi per articolare una visione comune e universale, nei confronti di tutti gli aspetti che sono necessari per garantire ogni aspetto della sicurezza delle persone con disabilità in tutte le situazioni di rischio, come conflitti armati, emergenze umanitarie, disastri naturali e/o causati dall'uomo. Non è questa la sede per effettuare un'analisi dell'intero documento, che fornisce importanti indicazioni: basti sottolineare che le persone con disabilità e le loro organizzazioni sono riconosciute quali inestimabile fonte di informazioni e nozioni sui loro bisogni specifici, soprattutto in situazioni di vulnerabilità, e che la sicurezza delle persone con disabilità - che va garantita ispirandosi ai principi della Convenzione delle Nazioni Unite - è responsabilità delle persone con disabilità, degli individui, delle istituzioni pubbliche, della società civile, delle parti sociali, delle organizzazioni non governative, delle istituzioni educative e della Protezione Civile.

È evidente che, in caso di disastri naturali, una risposta rispettosa dello spirito della Convenzione ONU e dell'art. 11 deve comportare che i punti di soccorso e le strutture di accoglienza predisposte dopo la calamità siano accessibili per le persone con disabilità, evitando che la situazione di emergenza si traduca in un"occasione di segregazione e discriminazione. In particolare va rispettata la dignità delle persone con disabilità, alle quali va riconosciuta la libertà di compiere le proprie scelte nella stessa misura in cui è riconosciuta agli altri individui.

Particolare cura verrà posta a tutelare in questi eventi i bambini, le donne e gli anziani con disabilità, in quanto soggetti particolarmente vulnerabili. Anche l'assistenza di natura sanitaria e psicologica deve tenere conto dei particolari bisogni delle persone disabili. Le strutture e i servizi posti in essere per la gestione dell'emergenza in caso di evento sismico devono essere, così come indicato dall'art. 4 della Convenzione, progettati universalmente e la stessa cosa dovrebbe avvenire nel momento in cui si deve pianificare e realizzare la ricostruzione delle zone colpite dal disastro, in modo tale da realizzare uno spazio costruito che garantisca a tutti le medesime opportunità di partecipazione alla vita sociale e di realizzazione personale.

 

Cosa fare, in concreto, dopo il terremoto che ha colpito l"Italia Centrale nel 2016?

 

Dicevamo in apertura che sentiamo fortemente l"esigenza di agire – non solo riflettere dopo l"ultimo sisma. Cosa può fare un gruppo di studiosi come quello che anima www.personaedanno.it?

 

Posto che:

a) in Italia è difficile fare memoria degli eventi sismici in modo da non commettere gli stessi errori;

b) è l"scarsissima attenzione alla accessibilità e sicurezza degli ambienti costruiti dall"uomo dall"uomo e nei fatti le persone con disabilità sono ancora escluse dalla maggior parte delle costruzioni del nostro Paese

c) gli esiti degli eventi sismici hanno rilevanza giuridica traducendosi in un aumento delle richieste risarcitoria e l"emersione di una nuova categoria di soggetti fragili;

 

Credo opportuno diffondere un appello che presento per punti:

I

La ricostruzione successiva deve di venire costruendo esclusivamente ambienti sicuri che siano anche accessibili alle persone con disabilità: senza eccezioni o deroghe.

La presenza di edifici inaccessibili e una violazione dei diritti umani: che gli eventi luttuosi del sisma siano almeno l"occasione per un vero cambio culturale. Non possiamo permetterci di costruire edifici non accessibili alle persone disabili. Essi sono anche meno sicuri per chi disabile non è. È necessario avere coraggio e cambiare le abitudini, solo così impareremo a gestire meglio le catastrofi naturali. Cominciamo col rispettare davvero i diritti umani delle persone (anche di quelle con disabilità) in tema di abitazioni, mobilità e accessibilità senza utilizzare la bellezza del territorio come pretesto per non intraprendere la strada giusta ( che vuole la piena realizzazione del Trattato del 2006, senza se e sena ma).

Se gli edifici che abbiamo costruito fino adesso sono insicuri e inaccessibili (in effetti, la risposta ai sismi da un lato e le esperienze quotidiane dall"altro, lo dimostrano), Allora, non sono essi la bellezza dell"Italia: dobbiamo abbandonare l"idea che, poiché Bel Paese, allora è "ovvio" che i nostri borghi, le nostre città ed i nostri contesti urbani siano fragili rispetto al rischio sismico. Non DEVE essere per forza così. Al limite, meglio un po" meno bellezza ed un po" più sicurezza. Pensarla così – in modo radicale – richiede un cambio culturale: abbiamo il coraggio di cambiare. E costruiamo le comunità sull"idea di fragilità condivisa ed inclusività.

II

L"esperienza insegna che v"è difficoltà fare memoria delle conseguenze degli eventi sismici: mettiamo su un gruppo di sensibilizzazione permanente che diffonda i ricordi dei terremoti anche "in tempo di pace" ( cioè quando il sisma è abbastanza lontano da col rischio di essere dimenticato).

Infatti, le comunità diventano più fragili, dal punto di vista della capacità di adottare comportamenti di prevenzione del rischio, via via che il ricordo si affievolisce.

Non dobbiamo, dunque, consentire che si abbassi la guardia! È vitale far crescere la cultura sismica del Paese: come avanguardia culturale questo compito spetta anche a www.personaedanno.it, sempre a tutela dei soggetti deboli ( le vittime del terremoto).

III

Fungiamo da collettore e luogo di incontro e scambio di idee permanente su modalità operative per aumentare la sicurezza nel costruire. www.personaedanno.it faccia parlare tra loro professionisti del costruire supportando anche il brevetto di soluzioni innovative dal punto di vista tecnologico capaci di prevenire gli effetti nefasti degli eventi sismici.

IV

Il mondo dei torti, anche quelli legati agli eventi sismici deve essere sempre più l"ambito di impegno do www.personaedanno.it : è necessario affinare le tecniche di tutela e protezione dei soggetti che, in virtù del sisma, divengono più fragili e vedono incisa la propria sfera esistenziale.

 

Questi i quattro pilastri di un "GRUPPO DI LAVORO PERMANENTE SUI TERREMOTI DI P&D" .

 

Quanti – tra tecnici, professionisti, giuristi ed operatori della comunicazione - sono interessati a costituire e lavorare in questo gruppo contattino il Prof. Paolo Cendon: [email protected] .

 

 

Conclusioni

 

Le considerazioni fin qui svolte consentono di affermare che le esigenze di sicurezza non sono - e non devono essere utilizzate come se fossero - un limite all'accessibilità; piuttosto l'accessibilità ispirata alla progettazione universale è un prerequisito della sicurezza per tutti. Infatti uno spazio o un servizio accessibili così come richiede la Convenzione ONU sono utilizzabili da parte di tutti, persone disabili e non disabili, garantendo nel contempo la massima sicurezza e le pari opportunità.

Inoltre non è mai la persona con disabilità a rappresentare un rischio per la sicurezza collettiva. Fattore di rischio è piuttosto l'ambiente se questo, per come è progettato oppure organizzato, rende le persone con disabilità non autonome e quindi dipendenti dagli altri.

Gli sforzi devono tendere a rimuovere le barriere che creano questa situazione e non impedire ad alcuni soggetti di partecipare in determinati contesti; la sicurezza non va garantita attraverso soluzioni che escludono ma creando una organizzazione che sia inclusiva e accessibile "a monte".

Quel che è necessario è, anche qui come in altri contesti, un cambiamento di prospettiva culturale prima e forse più che organizzativa. Bisogna riconoscere che le persone con disabilità possono e devono essere soggetti attivi: in una parola, a condizione che si rimuovano effettivamente le barriere e gli ostacoli che lo impediscono, esse possono essere responsabili della propria e dell'altrui sicurezza, come qualsiasi altro individuo.

 

 

Bibliografia

 

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Documenti

Carta di Verona sul salvataggio delle persone con disabilità in caso di disastri, 2007.

Decisione 2007/779 CE su un meccanismo comunitario di Protezione Civile.

FACTS, Agenzia Europea per la sicurezza sul lavoro, n. 53.

Il soccorso alle persone disabili: indicazioni per la gestione dell"emergenza, (Dip. Vigili del Fuoco) 2003.

Risoluzione del Parlamento Europeo del 4 settembre 2007 sulle catastrofi naturali.

Toolkit for Long Term Recovery "Haiti: Reconstruction for All" 2010.

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