-  Cardani Valentina  -  11/08/2016

Demansionamento: il consenso del lavoratore è indispensabile per la ricollocazione - Cass. Civ., 16348/16 – Valentina Cardani

Il demansionamento del lavoratore, benchè possibile nell'ottica di "salvare" il posto di lavoro, anche sulla scorta del novellato art. 2103 c.c., non può comunque prescindere dal consenso del lavoratore medesimo.

 

La Suprema Corte, con la pronuncia in commento, ha inteso ribadire come il demansionamento del lavoratore, benchè possibile nell'ottica di "salvare" il posto di lavoro, non possa prescindere dal consenso del lavoratore medesimo.

Nel caso in esame, veniva così censurata la sentenza del Giudice di merito che non riconosceva a due dipendenti di un'azienda di raccolta dei rifiuti l'importo una tantum previsto dal relativo ccnl per il caso di fallimento del tentativo di ricollocazione, poiché tale fallimento doveva imputarsi alla scelta dei lavoratori medesimi di non accettare le mansioni inferiori propostegli.

I dipendenti, nello specifico, erano risultati inidonei allo svolgimento delle mansioni assegnategli; l'azienda offriva loro altra e diversa occupazione, tuttavia con un inquadramento ad un livello inferiore. Ciononostante, i dipendenti rifiutavano l'offerta e chiedevano il versamento di tale importo una tantum in adempimento alla disciplina risultante dalla contrattazione collettiva.

La Corte di merito riteneva che tale diritto non sussistesse in capo ai lavoratori, disattendendo così il disposto dell'art. 40 del ccnl di categoria nonchè un precedente della Suprema Corte (9967/12). Secondo il Giudice di prime cure, infatti, dirimente era la circostanza che il fallimento della ricollocazione dei dipendenti fosse conseguenza immediata e diretta del rifiuto opposto da questi ultimi ad assumere le posizioni (inferiori) offerte dalla datrice di lavoro.

I Giudici delle Leggi hanno ribadito, dunque, come il demansionamento sia legittimo soltanto se effettuato con il libero consenso del dipendente. La normativa collettiva subordina la concessione dell'importo una tantum alla mancata ricollocazione del dipendente, non distinguendo le ragioni alla base del fallimento di tale tentativo, con la conseguenza che esso può ben essere dovuto anche al rifiuto opposto dal dipedente medesimo.






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