-  Redazione P&D  -  24/09/2008

Corte di Giustizia, 11 settembre 2008, C-428/06 e C-434/06, Terza Sez., pres. A. Rosas, PRESUPPOSTI PER UN FEDERALISMO FISCALE. LA CORTE PRECISA QUANDO I VANTAGGI FISCALI REGIONALI SONO AIUTI DI STATO – M. Cozzio

La sentenza della Corte di Giustizia interviene sul tema della fiscalità regionale di vantaggio e dei rapporti che essa intrattiene con la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato

Stando alle disposizioni del Trattato sono incompatibili con il mercato comune gli aiuti di stato che favoriscono determinate imprese e ambiti di produzione (cd. misure selettive) andando a incidere sugli scambi e falsando o minacciando di falsare la concorrenza (art. 87, TCE). Tali aiuti possono assumere le forme più varie e comprendere tanto sovvenzioni a fondo perduto, quanto diminuzioni o esenzioni da imposte, etc. Scopo del legislatore comunitario è quello di vietare disparità di trattamento delle imprese fondate sull’allocazione di risorse pubbliche. Non si tratta però di un divieto assoluto. Il Trattato individua anche agevolazioni che sono compatibili con il mercato comune (art. 87, co. 2, TCE) e agevolazioni che possono essere dichiarate tali, previa autorizzazione della Commissione (art. 87, co. 3, TCE). Rientrano in questa seconda categoria, ad esempio, gli aiuti “destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse” (art. 87, co. 3, lett. c).

La pronuncia della Corte fa seguito ad un indirizzo giurisprudenziale recente ma già oggetto di importanti arrêts (si veda soprattutto la sentenza del 6 settembre 2006, C-88/03, della Grande Sezione, Portogallo/Commissione) e offre molteplici spunti di interesse, non solo perché chiarisce i presupposti per l’individuazione delle “misure regionali selettive” (soggette alla disciplina degli aiuti di stato), ma anche perché definisce elementi particolarmente utili al legislatore italiano, attualmente impegnato nella presentazione di una importante legge di riforma sul federalismo fiscale. Lo scorso 11 settembre 2008, infatti, il Consiglio dei Ministri ha approvato in via preliminare un disegno di legge delega sul federalismo fiscale che dà attuazione all’art. 119 della Cost. e che sancisce autonomia di entrata e di spesa di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni nel rispetto dei principi di solidarietà e di coesione sociale. Nell’attuale fase de jure condendo l’orientamento dei giudici comunitari riveste un’importanza cruciale, posto che gli spazi d’azione riconosciuti/riconoscibili agli enti regionali nell’ambito del federalismo fiscale non possono prescindere dalla corretta interpretazione delle norme del Trattato e soprattutto di quelle in materia di aiuti di Stato.

La fattispecie esaminata dai giudici di Bruxelles riguarda alcuni provvedimenti adottati dai tre enti territoriali (Territorios historicos) che costituiscono la Comunità dei Paesi Baschi. Fra le agevolazioni adottate v’è la previsione di un’aliquota d’imposta per le società con sede locale (pari al 32,5 %) inferiore all’aliquota generale applicata in Spagna (pari al 35%) e vi sono altre disposizioni speciali riguardanti il trattamento fiscale di determinati investimenti che non trovano corrispondenza nel diritto tributario spagnolo.
Il giudice spagnolo chiamato a valutare la legittimità di queste disposizioni chiede, con rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, di precisare se queste misure fiscali siano qualificabili come “misure selettive” e costituiscano quindi aiuti di Stato di cui si debba richiedere preventiva autorizzazione alla Commissione (art. 88, co. 3, TCE).

Sul tema la giurisprudenza comunitaria è costante nell’affermare che, nell’ambito di un dato regime giuridico, v’è aiuto di stato se un provvedimento è tale da favorire determinate imprese o produzioni (di qui la denominazione misure selettive) rispetto ad altre imprese o produzioni che si trovino in una situazione fattuale e giuridica analoga. In particolare Bruxelles ha sempre considerato il fatto che gli aiuti fossero imputabili allo Stato ed ha qualificato come misure selettive soggette alla disciplina degli aiuti di stato le disposizioni non applicabili su tutto il territorio nazionale, anche se emanate da enti territoriali.

Solo con la citata sentenza Portogallo/Commissione la Corte ha stabilito che “il contesto territoriale di riferimento può anche non essere quello dello Stato” ed ha ritenuto possibile che “per la normativa fiscale di un ente regionale il contesto di riferimento sia costituito esclusivamente dal proprio territorio”, purchè l’ente “sia sufficientemente autonomo rispetto al governo statale”. In altri termini ciò significa che, ricorrendo tale “sufficiente autonomia”, le agevolazioni degli enti territoriali attuate indistintamente sul proprio territorio non hanno natura di misura selettiva e, conseguentemente, non sono assoggettate alla disciplina degli aiuti di stato.
I giudici comunitari precisano che l’autonomia dell’ente deve soddisfare in via cumulativa tre criteri:
- l’ente regionale o locale che ha emanato la norma deve essere dotato, a livello costituzionale, di un proprio statuto, politico e amministrativo, indipendente dal governo centrale (requisito cd. dell’autonomia istituzionale);
- le normative devono essere state adottate senza che il governo centrale abbia avuto la possibilità di incidere direttamente sul suo contenuto (requisito cd. dell’autonomia procedurale);
- le conseguenze finanziarie di una riduzione dell’aliquota d’imposta nazionale per le imprese situate nella regione non possono essere compensate da contributi o sovvenzioni provenienti da altre regioni o dal governo centrale (requisito cd. dell’autonomia economica e finanziaria).

La sentenza in esame offre importanti precisazioni in ordine soprattutto ai criteri dell’autonomia procedurale e dell’autonomia finanziaria.

Quanto al criterio dell’autonomia procedurale i giudici comunitari stabiliscono che essa sussiste anche a fronte di procedimenti di concertazione istituzionali, purchè, precisano i giudici, la decisione finale sia adottata dall’ente locale e non dal governo centrale.
Né ostano all’autonomia procedurale eventuali limiti costituiti dal rispetto di principi costituzionali quali, come nel caso spagnolo, quello della solidarietà e dell’armonizzazione fiscale. L’autonomia procedurale infatti non va valutata tenendo conto dell’ampiezza della competenza dell’ente locale, quanto della possibilità per lo stesso “di adottare una decisione in maniera indipendente, cioè senza possibilità di un intervento diretto del governo centrale in merito al suo contenuto” (pt. 107).
Di conseguenza l’obbligo per l’ente locale di rispettare l’interesse dello Stato nell’esercizio delle proprie competenze “non costituisce in linea di principio un elemento lesivo dell’autonomia procedurale” (pt. 108).

Quanto al criterio dell’autonomia economica e finanziaria esso implica questioni pratiche di non poco conto posto che, come rileva l’avv. generale, non sussiste alcuna relazione logica fra la riduzione fiscale e i flussi fiscali compensatori fra lo Stato centrale e gli enti locali o regionali e quindi è necessario “procedere ad una valutazione completa dei rapporti finanziari fra lo Stato centrale e le sue articolazioni” (pt. 107).
In ogni caso, precisano i giudici, il flusso di trasferimenti finanziari tra Stato ed enti locali si fonda sulla base di quote e coefficienti la cui determinazione, nel caso spagnolo, solo in parte è automatica, mentre per altra parte è il risultato di negoziazioni politiche. Risulta difficile dunque individuare un nesso di causa ed effetto tra una misura fiscale adottata e gli importi posti a carico dello Stato.
Spetta al giudice nazionale verificare se, in ragione del metodo adottato e dei dati economici presi in considerazione, il calcolo della quota possa avere per effetto quello di far compensare da parte dello Stato le conseguenze di una misura fiscale adottata dagli enti regionali.




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