-  Valeria Vagnoni  -  08/09/2016

Contratto a progetto: automatica conversione in subordinato per assenza di progetto o programma – Cass. civ. 17448/16 – V. Vagnoni

Nel caso in cui il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa sia instaurato senza l'individuazione di uno specifico progetto, si realizza, in base al regime sanzionatorio previsto all'art. 69, I comma, del d.lgs. n. 276/2003, la c.d. conversione del rapporto ope legis, essendo irrilevante l'accertata natura autonoma dei rapporti in esito all'istruttoria del giudizio di merito.

Una società proponeva opposizione avverso un verbale di accertamento e conseguente iscrizione a ruolo esattoriale da parte dell'INPS, derivante dalla qualificazione di un contratto di lavoro a progetto come rapporto di lavoro subordinato, in ragione della genericità del progetto riportato dal contratto ("gestione del magazzino aziendale"). Il Tribunale, in primo grado, rigettava l'opposizione. Proposto l'appello, la Corte di Appello riformava parzialmente la prima decisione, ritenendo illegittima l'iscrizione a ruolo, poiché effettuata dopo la proposizione dell'opposizione, ma confermava, nel merito, la qualificazione del rapporto quale subordinato e la sussistenza dell'obbligo contributivo conseguente. La società ricorreva così in Cassazione.

Anzitutto, la Corte di cassazione afferma che la terminologia utilizzata dalle norme del contratto a progetto, di cui agli artt. 61 e ss. del d.lgs. n. 276/2003, nel testo originario ante riforma degli anni 2010 e 2012 (progetto e programma), debba considerarsi univoca espressione di un unico concetto.

La Suprema Corte precisa, poi, che l'apparato sanzionatorio previsto dall'art. 69, I e II comma, d.lgs. n. 276/2003, disciplina due distinte ipotesi: la prima ricorre allorché un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa venga instaurato senza l'individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso; la seconda si verifica qualora venga accertato dal Giudice che il rapporto, instaurato ai sensi dell'art. 61 del citato decreto, si è venuto concretamente a configurare come un rapporto di lavoro subordinato. Benché entrambe siano sanzionate con l'applicazione della disciplina propria dei rapporti di lavoro subordinato, si tratta però di fattispecie strutturalmente differenti, giacché, nella prima, rileva il dato formale della mancanza di uno specifico progetto a fronte di una prestazione lavorativa che, in punto di fatto, rientra nello schema generale del lavoro autonomo (cfr. Cass. civ., 6053/1986), mentre, nella seconda, rilevano le modalità di tipo subordinato con cui, nonostante l'esistenza di uno specifico progetto, è stata di fatto resa la prestazione lavorativa.

Ne consegue che, in mancanza di un progetto, programma di lavoro o fase di esso, la conversione automatica in rapporti di lavoro subordinato, non può essere evitata dal committente-datore di lavoro, neppure provando che la prestazione lavorativa sia stata caratterizzata da una piena autonomia organizzativa ed esecutiva.

Sulla scorta della suesposta interpretazione normativa, la Suprema Corte, tenuto conto che il caso di che trattasi rientra nella fattispecie del primo comma, ha ritenuto che la conversione del rapporto di collaborazione in lavoro subordinato diviene automatica, con conseguente preclusione di una ulteriore analisi circa la sussistenza o meno dei requisiti tipici della subordinazione. Conseguentemente la prova testimoniale dedotta dalla ricorrente e non ammessa (correttamente) da Giudici di emerito viene ad essere priva di utilità ai fini del decidere. Il Supremo Collegio, dunque, ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato.




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