-  Provenzali Laura  -  29/08/2014

COMPETENZA TERRITORIALE SULLA DOMANDA DI DIVORZIO - CASS.Ord. 15186/2014 - Laura PROVENZALI

La Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi sulla questione relativa al tribunale competente a conoscere della domanda di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, ai sensi dell'art. 4, comma 1, della legge 1 dicembre 1970 n. 898 (nel testo introdotto dall'art. 2, comma 3 bis del D.L. 14 marzo 2005 n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80), quale risultante a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza n.169/2008 della Corte Costituzionale.

Come precisato dagli stessi Ermellini, si tratta della prima occasione, posto che, nelle precedenti ordinanze (N.957/2011 e N.17744/2013), l'intervento della Cassazione era stato diretto ad escludere l'applicazione estensiva della sentenza del Giudice delle Leggi alla diversa fattispecie della separazione personale dei coniugi.

Con l'ordinanza n. 15186/2014 la Suprema Corte, applicando la sentenza della Corte Costituzionale con riferimento diretto al giudizio di divorzio, ha sancito il principio che "competente a conoscere della domanda di scioglimento del matrimonio civile o di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, ai sensi dell'art. 4, comma primo, legge n. 898 del 1970 (nel testo introdotto dall'art. 2, comma 3 bis, Dl n. 35/2005, conv., con modif., in l. 80/2005), quale risultante a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza 23 maggio 2008, n. 169 della Corte costituzionale, è il tribunale del luogo di residenza o domicilio del coniuge convenuto, salvi gli ulteriori criteri di determinazione della competenza previsti in via subordinata dalla medesima disposizione di legge".

I giudici di Piazza Cavour hanno chiarito che, prima dell'intervento della Corte Costituzionale, la competenza territoriale in materia di divorzio era disciplinata dall'art. 4, comma 1 della legge n. 898/1970 (come sostituito dall'art. 2, comma 3 bis, DL n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, in legge n. 80 del 2005) e attribuita al "tribunale del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio".

L'intervento della Consulta, dichiarando la disposizione costituzionalmente illegittima limitatamente alle parole "del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza,", per essere l'individuazione di tale criterio di competenza "manifestamente irragionevole" [1], ha fatto sì che il criterio principale per determinare la competenza sia divenuto quello del tribunale del luogo di residenza o domicilio del coniuge convenuto, salvi , in via subordinata, gli ulteriori criteri previsti dalla norma stessa.

[1] Corte Costituzionale, Sentenza 23 maggio 2008, n. 169 : " L'art. 2, comma 3-bis, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, comma inserito dalla relativa legge di conversione 14 maggio 2005, n. 80, ha sostituito, a decorrere dal 1° marzo 2006, l'art. 4 della legge 1° dicembre 1970, n. 898 già riportato, fissando, tra l'altro, nuove regole per la individuazione del giudice territorialmente competente in ordine ai procedimenti concernenti lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Il richiamato art 4, primo comma, della legge n. 898 del 1970, nella sua formulazione originaria, individuava, quale foro dei procedimenti di cui si tratta, il tribunale del luogo in cui il convenuto aveva la residenza, oppure, nel caso di irreperibilità o di residenza all'estero, quello del luogo di residenza del ricorrente. L'art. 8 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), nel sostituire l'intero art. 4 della legge n. 898 del 1970, aveva, poi, introdotto, quale criterio alternativo alla residenza quello del domicilio (del convenuto, come del ricorrente), contemplando, altresì, l'ipotesi di residenza all'estero di entrambi i coniugi e prevedendo, in tal caso, che la domanda per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio potesse essere proposta innanzi a qualunque tribunale della Repubblica.

La novella del 2005 ha introdotto un diverso criterio, fissando quale foro competente il «tribunale del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi, ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio», e mantenendo, per il resto, gli altri criteri di competenza individuati dal richiamato art. 8 della legge n. 74 del 1987.

I criteri di individuazione di tale competenza per territorio sono inderogabili e successivi, nel senso che non è consentito al ricorrente fare riferimento ad uno di essi se non nell'ipotesi in cui il precedente non ricorra.

Pertanto, perché il ricorrente possa proporre la domanda innanzi al tribunale del luogo in cui il convenuto abbia residenza o domicilio, non è sufficiente che la residenza comune dei coniugi sia venuta meno, ma è necessario che essa non sia mai esistita, non potendosi interpretare l'espressione «in mancanza» come equivalente a quella «qualora sia successivamente venuta meno», sia perché vi osta il dato letterale, che allude, inequivocabilmente, ad una situazione mai realizzatasi, sia perché è pacifico, in dottrina e in giurisprudenza, che i coniugi possano anche non avere mai avuto una residenza comune – e questa è la fattispecie ipotizzata dal legislatore – dal momento che l'art. 144, primo comma, del codice civile, nel prevedere l'obbligo della fissazione della residenza della famiglia, non esclude che, in concreto, i coniugi, per motivi legittimi, possano non procedere a tale fissazione.

Da quanto precede deriva che, qualora i coniugi abbiano avuto, per il passato, una residenza comune, occorre fare capo, ai fini della individuazione del giudice competente sulla domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, al tribunale del luogo ove detta residenza si trovava, e ciò anche nella ipotesi – ricorrente nella specie – che, al momento dell'introduzione del giudizio, nessuna delle parti abbia alcun rapporto con quel luogo.

L'individuazione di tale criterio di competenza è manifestamente irragionevole, non sussistendo alcuna valida giustificazione della adozione dello stesso, ove si consideri che, in tema di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella maggioranza delle ipotesi, la residenza comune è cessata, quanto meno dal momento in cui i coniugi, in occasione della domanda di separazione – giudiziale o consensuale – sono stati autorizzati a vivere separatamente, con la conseguenza che, tenute presenti le condizioni per proporre la successiva domanda di divorzio, non è ravvisabile alcun collegamento fra i coniugi e il tribunale individuato dalla norma."

 




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