-  Caporale Sabrina  -  26/03/2014

COMPETENZA DEL GIUDICE ITALIANO NEL TRAFFICO INTERNAZIONALE DI DROGA-Cass. pen. 13455/2014 – S. CAPORALE

"Costituisce giurisprudenza costante elaborata da questa Corte in tema di art. 6 cod. pen., specie in riferimento ai reati di traffico internazionale di stupefacenti, il principio secondo cui risultano punibili in base alla legge italiana anche reati la cui condotta sia avvenuta solo in parte in Italia, pur consistendo essa in 'frammenti privi dei requisiti di idoneità e univocità richiesti per il tentativo' (Cass. sez. 4 n. 4837 dello 11/10/2012 e Cass. sez. 5 n. 39025 del 9/07/2008) ovvero 'quando l'attività parziale non rivesta in sé carattere di illiceità, dovendo la stessa essere intesa come frammento di un unico ed inscindibile iter delittuoso' (Cass. sez. 6 n. 12142 dell"11/02/2009; Cass. sez. 5 n. 873 del 14/10/1996) e quindi anche quando lo scambio materiale della sostanza stupefacente sia materialmente avvenuto in territorio estero, rilevando in definitiva il fatto che in Italia sia avvenuta una parte dell'azione, anche piccola, purché preordinata al raggiungimento dell'obiettivo delittuoso (Cass. sez. 6 n. 96 del 28/11/ 2002)".

È quanto di recente affermato dalla Suprema Corte di Cassazione in tema di traffico internazionale di stupefacenti.

Nella fattispecie in esame, in vero, la condotta riguardava l"azione posta in essere dagli imputati nello stato italiano, di pianificazione dell'importazione di sostanze stupefacenti in Svezia ma anche la realizzazione, da parte degli stessi, di una parte significativa della condotta, mediante la messa a disposizione degli autori materiali del reato del mezzo servito ad attuarla, situazioni, peraltro - come ricorda la Suprema Corte - entrambe già considerate dalla giurisprudenza di legittimità per affermare la giurisdizione dei giudice italiano (Cass. Sez. 4 n. 7204 dei 22/05/ 1997, la quale ha stabilito "che, in tema di traffico internazionale di stupefacenti, se l'accordo tra i coimputati e la predisposizione dei mezzi occorrenti all'importazione e allo occultamento della droga, realizzati in Italia, appaiono preordinati all'acquisto e alla detenzione della stessa, poi effettivamente consumati all'estero, il reato deve ritenersi commesso in Italia"; e Cass. sez. 6, n. 784 del 24/11/1995, che ha affermato che 'se l'apprestamento di mezzi finanziari o di documenti di viaggio - passaporto, biglietti di aereo - o l'individuazione dei corrieri o contatti organizzativi anche tra taluni dei complici si sono verificati in territorio italiano, la fattispecie criminosa è da considerarsi realizzata in Italia, anche se l'evento giuridico si è realizzato all'estero'; ed infine, Cass. sez. 6 n. 7326 del 22/12/1987 secondo cui "ove l'accordo intervenuto tra correi in Italia, la predisposizione dei mezzi di trasporto e finanziari in Italia siano relativi e finalizzati alla importazione nel territorio dello stato della droga, ... rispetto a tale parte di azione è ammissibile la fctio iuris di cui all'art. 6, secondo comma cod. proc. pen., che consente di considerare commesso in Italia il reato stesso').

Ebbene, poste siffatte premesse la Suprema Corte di Cassazione ha inteso ribadire il principio per cui sono punibili, in base alle norme italiane, anche reati, la cui condotta sia avvenuta solo in parte in Italia, anche se questa consiste in frammenti privi dei requisiti di idoneità e univocità richiesti per il tentativo, oppure quando l"attività parziale non rivesta, in sé, carattere di illiceità.




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