-  Redazione P&D  -  22/03/2007

Cass.pen., sez IV, 22 marzo 2007, n. 11960, pres. Marini - NELLE METROPOLITANE: OBBLIGO DI REALIZZARE PERCORSI PROTETTI PER NON VEDENTI E DISABILI



Il Cassio, alla data e all’ora indicate, accedeva alla Stazione e, senza richiedere ausilio ai dipendenti in servizio, si portava sulla banchina in attesa del primo treno in transito, direzione Rebibbia.
Giunto il convoglio, il Cassio allungava il bastone bianco di cui era provvisto per tastare il terreno e, trovando il vuoto ma credendo trattarsi del vano di una carrozza a seguito dell’apertura delle porte automatiche, si sporgeva verso i binari facendo per salire; infilatosi, invece, in uno degli spazi esistenti tra le carrozze, cadeva sulla massicciata finendo per essere dilaniato dal convoglio.
Il Martinelli, il Curci e il Maranzano erano chiamati a rispondere, sulle rispettive qualità di Presidente del Consiglio di amministrazione, di direttore generale e di direttore di esercizio della Spa Me.tro. che gestiva il servizio di trasporto metropolitano per conto dell’Atac, proprietaria del materiale rotabile, concesso in comodato gratuito alla Me.tro. proprio per lo svolgimento di detto servizio (v. copia contratto in allegato 2 al f. 343 fasc.).
Si addebitava in particolare ai prevenuti la mancata predisposizione di interventi di natura prevenzionistica sulle stazioni della Me.tro. Spa e, quindi, nella stazione di Garbatella, malgrado la normativa imponesse gli interventi di adeguamento; omettendo, tra l’altro l’esame, l’esame anche di misure alternative a quanto espressamente citato negli articoli 1 e segg. Dpr 503/96 volte comunque alla sicurezza degli utenti prestatori di handicap; come ad esempio l’installazione di una membrana in gomma a soffietto tra una vettura e l’altra alle quali rimane ancorata con perni movibili per consentire anche la riduzione o l’aumento del numero di carrozze all’occorrenza; misura alternativa che avrebbe potuto impedire che una persona affetta da handicap inavvertitamente potesse precipitare nel vuoto sulle rotaie invece di accedere all’interno della vettura predisposta per il trasporto di utenti, come verificatosi per il Cassio.
Con sentenza del 5 aprile 2006 il Gip del tribunale di Roma dichiarava non luogo a procedere nei confronti dei prevenuti in ordine al reato loro ascritto per non avere commesso il fatto.
Avverso la sentenza Barbato Rita e Cassio Simone, costituitosi parti civili, a mezzo del loro difensore, proponevano ricorso per cassazione, deducendo contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, evidenziando a tale riguardo, sulla base “di altri atti del processo” espressamente indicati, che se pure la Me.tro. della quale gli imputati erano a vario titolo rappresentanti, gestiva il servizio di trasporto metropolitano per conto dell’Atac e questa rimaneva la proprietaria del materiale rotabile, pure essa Me.tro. assumeva posizione di garanzia nei confronti degli utenti trasportati predisponendo interventi e accorgimenti che assicurassero la incolumità delle persone.
Specie per i portatori di handicap e cioè, come nel caso in esame, i non vedenti.
Con memoria, ritualmente depositata in cancelleria, la difesa degli imputati eccepiva la inammissibilità del ricorso per inoppugnabilità della sentenza di non luogo a procedere che non sia anche persona offesa del reato, ai sensi dell’articolo 428 Cpp novellato dalla legge 46/2006.
Eccepiva, inoltre, la inammissibilità del ricorso dalla parte civile in quanto teso ad ottenere l’annullamento o la riforma delle statuizioni penali della sentenza di non luogo a procedere, ma privo di richieste in merito agli effetti civili di poi la inammissibilità perché trattatasi di censure di merito.
Per ultimo, eccepiva la infondatezza nel merito del ricorso. In relazione alle prospettazioni contenute nel ricorso e in quelle di segno contrario contenute nella memoria della difesa dei prevenuti ritiene questo Collegio di dovere evidenziare gli argomenti desumibili da risultanze certe e come tali incidenti ai fini della decisione.
L’evento di cui è giudizio si verificò perché il Cassio, non vedente, all’arrivo del convoglio finì nello spazio vuoto tra una vettura e l’altra e precipitò dalla banchina sulle rotaie.
Tale vuoto per il non vedente costituiva oggettiva fonte di pericolo e alla quale necessariamente occorreva fare fronte da parte di chi gestiva il servizio di trasporto, nel caso in esame la Me.tro. rivestendo questa evidente posizione di garanzia in relazione ad eventi di certo prevedibili e che riguardavano la incolumità delle persone, in particolare i non vedenti.
Né può sostenersi che in relazione alle misure da adottare, queste non avessero base normativa di riferimento nell’imputazione formulata dall’accusa all’esito delle espletate indagini.
Se pure è vero che l’addebito non può riguardare l’omessa installazione di una membrana in gomma a soffietto tra una vettura e l’altra eliminando in tal modo il vuoto, operazione strutturalmente questa concernente il materiale rotabile, pure sarebbero state doverose misure alternative e ciò in applicazione del Dpr 503/96.
Come, per altro indicato da consulenti tecnici, del Pm e delle parti civili, che hanno fatto riferimento per i non vedenti ai percorsi tattili (loges) per l’abbattimento delle barriere architettoniche.
Invero, come suggerito dai consulenti ed evidenziato nel ricorso, per i non vedenti, una volta impostata una postazione fissa di fermata sarebbe stato possibile riuscire a fare aprire le porte in corrispondenza di aperture in barriere di protezione lasciando protetti i punti di caduta nell’intercapedine tra due carrozze.
Situazione, questa, che, se introdotta, avrebbe impedito la caduta dell’utente Cassio e lo avrebbe salvato.
Alla stregua dell’indicata circostanza appare logicamente individuabile la responsabilità dei prevenuti nella determinazione e ciò – è ovvio – vale ai soli effetti civili ai fini del richiesto risarcimento del danno, specificato nell’atto di citazione alla udienza preliminare, costituzione affatto contestata alla udienza in camera di consiglio davanti al Gip.
Come per l’appunto emerge dal verbale della camera di consiglio.
Rilevata la colpevolezza dei prevenuti consistente nella omessa realizzazione nella stazione ferroviaria della Garbatella di un percorso tattile, è evidente che – ripetesi – agli effetti civili – la sentenza di non luogo a procedere va annullata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello e ciò ai sensi dell’articolo 622 Cpp.
Di poi è senza fondamento l’argomento difensivo della inammissibilità del ricorso, perché oggi consentito dall’articolo 428 Cpp, come riformato dall’articolo 4 legge 46/2006 (legge Pecorella), solamente, secondo la difesa, alla parte offesa e non anche ai danneggiati (Barbato Rita e Cassio Simone, rispettivamente moglie e figlio della persona deceduta).
La interpretazione della difesa è del tutto illogica e si basa su argomento terminologico “parte offesa” che è assolutamente improprio ed è in chiaro contrasto con quanto disposto dall’articolo 74 Cpp in relazione a coloro che sono legittimati ad esercitare l’azione civile nel procedimento penale.
Questi sono tutti coloro i quali dal reato hanno ricevuto un danno e precisamente “parte offesa” se resta in vita e dai suoi successori universali in caso contrario.
E’ all’udienza preliminare come successori universali della vittima moglie e figlio si sono costituiti, senza alcuna opposizione – ripetesi – da parte della difesa degli imputati.
Alla stregua di quanto esposto il ricorso è ammissibile e va accolto, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello. 





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