-  Mazzon Riccardo  -  21/09/2015

ATTIVITA' DI DIREZIONE E COORDINAMENTO: RESPONSABILITA' DELLA SOCIETA' LEADER - Riccardo MAZZON

la responsabilità di società o enti che esercitando attività di direzione e coordinamento di società agiscono nell'interesse imprenditoriale proprio o altrui

non vi è responsabilità quando il danno risulta mancare; presupposto: il mancato soddisfacimento delle proprie pretese da parte della società controllata

azione di responsabilità e fallimento, fattispecie legislative consimili, emendatio libelli e illeciti amministrativi

Quando tra due o più società esista un rapporto di direzione e coordinamento, le società o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell'interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili (cfr., amplius, il volume: "LE SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA - ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI", CEDAM 2013, Riccardo MAZZON):

  • nei confronti dei soci di queste, per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale;
  • nei confronti dei creditori sociali, per la lesione cagionata all'integrità del patrimonio della società.

Peraltro, non vi è responsabilità quando il danno risulta mancare,

"chi intende agire ex art. 2497 c.c. per far valere la responsabilità diretta della holding deve lamentare e prospettare un danno alla redditività e al valore della partecipazione sociale, o una lesione dell'integrità del patrimonio sociale, frutto della violazione dei principi di corretta gestione nell'esercizio dell'attività di direzione e coordinamento. Ebbene, il titolare di "warrant" prima dell'esercizio del suo diritto non può avere legittimazione ad agire nel quadro di questa norma, poiché non è in condizioni di lamentare il danno che quella è tesa a ristorare: egli ha, infatti acquistato dalla società ed è quindi titolare solo di un "diritto d'opzione", cioè di un "bene della vita" diverso dall'azione o dalla partecipazione azionaria; sicché quand'anche deduca che la holding che controlla l'emittente ha provocato una minor redditività del titolo e della partecipazione azionaria, potendo lamentare solo che detto fatto si è tradotto in un minor valore del suo "diritto d'opzione" o nel minor interesse al suo esercizio quale riflesso del minor valore della partecipazione che andrebbe a sottoscrivere, non può pretendere di agire ex art. 2497 c.c., che legittima chi possa allegare lo specifico danno alla redditività e la valore della partecipazione che già possiede. In questo senso il titolare di "warrant" in quanto tale non può essere assimilato al socio. Neppure può ritenersi creditore della società, ovvero titolato a lamentare l'incapienza del patrimonio rispetto al soddisfacimento delle sue pretese, poiché è titolare solo del diritto potestativo di accettare la proposta di mettere nuove azioni al prezzo già concordato, non di un diritto di credito (diversamente, quindi, dal titolare dell'obbligazione convertibile che è già creditore della società a prescindere dal fatto che decida o meno di optare per la conversione in capitale di rischio della somma che gli deve essere restituita e al quale la posizione del titolare di "warrant" non è affatto assimilabile ai fini che qui interessano; salva la questione del tutto diversa, della possibilità di ottenere tutela analoga a quella dell'obbligazionista mediante risoluzione del contratto di emissione all'indomani di un inadempimento della società emittente). Pertanto il danno che in astratto può lamentare il titolare di "warrant" prima dell'esercizio dell'opzione, non è il pregiudizio che consente di accedere alla speciale tutela cui all'art. 2497 c.c.: la reddittività e il valore della partecipazione condizionano certamente la convenienza all'esercizio del suo diritto, e in teoria è ben possibile che questo divenga addirittura antieconomico per effetto, non di variazioni fisiologiche, ma di condotte gestorie scorrette; tuttavia questo fatto, che diviene un danno in termini di minor valore del "warrant" o di antieconomicità del suo esercizio, riguarda lo specifico e diverso bene della vita che lui ha acquistato che è il diritto d'opzione, e per ottenerne ristoro potrà agire sulla base delle norme che nel sistema consentono il ristoro del danno ingiusto, nell'ambito della responsabilità contrattuale verso la società emittente, o extracontrattuale, ma non ex art. 2497 c.c. non essendo titolare, prima dell'esercizio del titolo finanziario, del bene protetto dalla norma specifica" (Trib. Milano, sez. VIII, 28.1.2008, n. 1765, GiustM, 2008, 4, 30);

alla luce del risultato complessivo dell'attività di direzione e coordinamento, ovvero integralmente eliminato, anche a seguito di operazioni a ciò dirette.

Assieme alla società (o all'ente) risponde, in solido, chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo e, nei limiti del vantaggio conseguito, chi ne abbia consapevolmente tratto beneficio.

Il socio ed il creditore sociale possono agire contro la società o l'ente che esercita l'attività di direzione e coordinamento, solo se non sono stati soddisfatti dalla società soggetta alla attività di direzione e coordinamento:

"il socio della società controllata che agisca per il risarcimento dei danni nei confronti della società controllante imputandole di aver esercitato l'attività di direzione e coordinamento in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale ha l'onere di fornire previamente la prova del mancato soddisfacimento delle proprie pretese da parte della medesima società controllata" (Trib. Palermo 3.6.2010, FI, 2011, 3, 931).

Premesso che la nuova formulazione dell'articolo 2497 del codice civile non disciplina il fallimento e nemmeno esclude che l'attività di direzione unitaria di un gruppo di imprese sia, nel concorso delle condizioni previste dalla legge fallimentare, assoggettabile alla legge fallimentare,

"la nuova formulazione dell'art. 2497 c.c. non disciplina il fallimento e nemmeno esclude che l'attività di direzione unitaria di un gruppo di imprese sia, nel concorso delle condizioni previste dalla legge fallimentare, assoggettabile alla legge fallimentare; nell'ipotesi di "holding" di tipo personale, cioè di persona fisica che sia a capo di più società di capitali in veste di titolare di quote o partecipazioni azionarie e svolga professionalmente, attraverso una stabile organizzazione, l'indirizzo, il controllo e il coordinamento delle società medesime (non limitandosi al mero esercizio dei poteri inerenti alla qualità di socio), è configurabile un'autonoma impresa, come tale assoggettabile a fallimento, qualora la suddetta attività, sia essa di sola gestione del gruppo ("holding" pura), ovvero anche di natura ausiliaria o finanziaria ("holding" operativa), si esplichi in atti, anche negoziali, posti in essere in nome proprio e, dunque, fonte di responsabilità diretta del loro autore, presentando un'obiettiva attitudine a perseguire utili risultati economici, per il gruppo o le sue componenti, causalmente ricollegabili all'attività medesima" (Trib. Napoli 8.1.2007, Fa, 2007, 4, 417; DPSoc, 2008, 8, 69);

nel caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria di società soggetta ad altrui direzione e coordinamento, l'azione spettante ai creditori di questa è esercitata dal curatore o dal commissario liquidatore o dal commissario straordinario.

Si confrontino, a completamento di quanto qui affermato, le seguenti interessanti pronunce riguardanti l'esistenza di fattispecie legislative paragonabili al modello di responsabilità della società controllante, oggi prevista nell'articolo 2497 del codice civile, in riferimento all'attività di controllo e di direzione del gruppo,

"la responsabilità dell'ente non è necessariamente collegata ad un accertamento di responsabilità colposa o dolosa dei suoi dipendenti, poiché le norme che regolano l'Audit delle società quotate sono indirizzate alla società di revisione in quanto unico soggetto - persona giuridica - abilitato a svolgere detta attività. Sicché non si tratta di responsabilità indiretta dell'ente per attività di persone fisiche, alla stregua dell'art. 2049 c.c., ma di responsabilità diretta che si riflette, in via discendente, nella sfera delle persone fisiche che hanno agito nel suo interesse (e paragonabile pertanto al modello di responsabilità della società controllante oggi prevista anche nell'art. 2497 c.c. in riferimento all'attività di controllo e di direzione del gruppo). Di conseguenza, la verifica sul corretto svolgimento dell'attività di Audit porta l'interprete ad emettere primariamente un giudizio sulle modalità con cui è stato espletato il controllo contabile attraverso la struttura organizzativa con cui opera, la valutazione non ricollegandosi necessariamente alle condotte assunte dai singoli professionisti incaricati: per questo motivo risulta essenziale verificare se nel corso delI'Audit sono state eseguite le procedure che dall'esterno regolano e ritmano la sua attività. L'atteggiamento d'inosservanza di norme di comportamento professionale, legislativamente normali, può determinare il simultaneo concorso delle due fattispecie di responsabilità - contrattuale ed extracontrattuale" (Trib. Milano, sez. VIII, 4.11.2008, n. 12949, GiustM, 2008, 11, 76),

la possibilità che, anche in sede di giudizio per l'ottenimento di un risarcimento del danno ex articolo 2497 del codice civile, l'attore chieda l'applicazione di una fattispecie normativa diversa, senza modificare i fatti posti a fondamento della domanda,

"in sede di giudizio per l'ottenimento di un risarcimento del danno ex art. 2497 c.c., l'attore che chieda l'applicazione di una fattispecie normativa diversa senza modificare i fatti posti a fondamento della domanda, non rappresenta una "mutatio libelli", poiché è il giudice stesso che alla luce dei fatti dedotti e del danno lamentato può qualificare diversamente la domanda ed applicare le norme che disciplinano la fattispecie concreta, a prescindere dal fatto che la parte abbia correttamente individuato la fattispecie astratta cui quella concreta è riconducibile" (Trib. Milano, sez. VIII, 28.1.2008, n. 1765, GiustM, 2008, 3, 23);

nonché l'illecito amministrativo da reato:

"l"illecito amministrativo da reato può essere addebitato a un ente che rivesta il ruolo di controllante in seno a un gruppo di società, se commesso nell'interesse comune del gruppo, indipendentemente dal fatto che esso ne abbia tratto diretto vantaggio" (Trib. Milano 14.12.2004, FI, 2005, 10, 527).




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