-  Mazzon Riccardo  -  18/12/2012

ASSUNZIONE DI FARMACI E NATURA CONTRATTUALE DELL'OBBLIGO DI FORNIRE INFORMAZIONI - Riccardo MAZZON

Variegata e copiosa risulta la giurisprudenza esistente in argomento; recente ed interessate, ad esempio, la pronuncia di Cassazione civile, sezione III, n. 11005 del 19 maggio 2011, frutto di ricorso diretto ad impugnare sentenza con cui la Corte d'appello di Venezia aveva confermato la decisione di primo grado che condannava un medico al risarcimento dei danni, per responsabilità professionale costituita dall'aver prescritto un'errata terapia (in particolare l'assunzione di un determinato farmaco) che aveva cagionato al paziente gravi danni alla vista - rimettendo la causa in istruttoria, per la liquidazione del danno -.

Il ricorso in Cassazione, svolto in quattro motivi, critica la sentenza:

  • nel punto in cui ha riconosciuto sussistere il nesso di causalità tra l'attività svolta dal professionista ed i danni lamentati dalla vittima, soprattutto con riferimento a prescrizioni del farmaco da parte di medici diversi dall'imputato;

  • per essersi limitata ad accertare la causalità astratta, senza aver proceduto ad accertare quella concreta (ossia, che l'attore fosse effettivamente affetto da maculopatia, che questa fosse effettivamente dipesa dall'assunzione dello specifico farmaco prescritto, che il farmaco fosse stato assunto in modo prolungato e che questa prolungata assunzione fosse da ascriversi alla condotta del medico ritenuto responsabile);

  • per aver omesso (ed è questo il punto che qui, maggiormente interessa), nell'affermare il mancato assolvimento dell'obbligo di informazione, di considerare "la natura occasionale e diluita" delle prestazioni del medico;

  • per aver rigettato l'eccezione di prescrizione, dato che la malattia si manifestò solo alla fine del 1993 (il ricorrente sostiene che mancherebbe la prova - a carico dell'attore - della circostanza).

Secondo la Suprema Corte, peraltro,

"i motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono in parte inammissibili ed in parte infondati; sono inammissibili laddove tendono, in sede di legittimità, ad una nuova valutazione della prova e ad un diverso accertamento dei fatti; sono infondati laddove lamentano violazioni di legge e vizi della motivazione; infatti, quanto al nesso causale, la sentenza pone in evidenza che: il professionista non ha mai posto in discussione nè l'affezione da parte dell'attore della maculopatia, nè il rapporto eziologico tra questa malattia e l'assunzione dello specifico farmaco prescritto dal Ba.; a tal riguardo è dato conto della comparsa di risposta del medico in primo grado; la derivazione causale in questione è dimostrata dalla documentazione medica prodotta dall'attore; inoltre, la sentenza contiene la decisiva e corretta affermazione secondo cui l'eventuale responsabilità di altri medici che abbiano prescritto o fornito il farmaco in questione non esclude la responsabilità concorrente e solidale del Ba., il quale non ha fornito la prova che quelle condotte furono da sole sufficienti a cagionare il danno; quanto alla causalità astratta e concreta alla quale fa riferimento il secondo motivo, occorre ribadire che la sentenza di condanna generica pronunciata nel corso di un giudizio di risarcimento del danno aquiliano di norma presuppone il positivo accertamento del nesso di causalità cosiddetta "materiale" ("ex" art. 40 c.p.) tra la condotta e l'evento produttivo di danno, sicchè nel successivo giudizio sul "quantum" resta da accertare soltanto il nesso di causalità cosiddetta "giuridica" ("ex" art. 1223 cod. civ.) tra l'evento di danno ed i pregiudizi che ne sono derivati (tra le più recenti, cfr. Cass. n. 3357/09)". Cassazione civile, sez. III, 19/05/2011, n. 11005 X. c. B. Ragiusan 2011, 325-326, 198 - cfr. amplius, da ultimo, "Responsabilita' oggettiva e semioggettiva", Riccardo Mazzon, Utet, Torino 2012.

Per quel che concerne, in particolare, l'obbligo d'informazione – nonché l'onere della relativa prova -, il Supremo Consesso ricorda che la responsabilità professionale del medico - ove pure egli si limiti alla diagnosi ed all'illustrazione al paziente delle conseguenze della terapia o dell'intervento che ritenga di dover compiere, allo scopo di ottenerne il necessario consenso informato - ha natura contrattuale e non precontrattuale:

"ne consegue che, a fronte dell'allegazione, da parte del paziente, dell'inadempimento dell'obbligo di informazione, è il medico gravato dell'onere della prova di aver adempiuto tale obbligazione (Cass. n. 2847/10); quanto alla prescrizione ed alla sua decorrenza, la sentenza effettua un compiuto accertamento in ordine all'epoca in cui si manifestò e fu diagnosticata la malattia e furono compiuti gli atti interruttivi; in conclusione, non manifestandosi alcun vizio di legittimità, il ricorso deve essere respinto, con condanna del ricorrente a rivalere il B. delle spese sopportate nel giudizio di cassazione (l'atto della Ass.ni Generali spa aderisce al ricorso del Ba. e ne chiede l'accoglimento). P.Q.M. LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore del B., che liquida in complessivi Euro 2200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge. Così deciso in Roma, il 30 marzo 2011" Cassazione civile, sez. III, 19/05/2011, n. 11005 X. c. B. Ragiusan 2011, 325-326, 198




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film