Fragilita, storie, diritti  -  Costanzo Sara  -  17/08/2015

ANDREA SOLDI: MORIRE (E VIVERE) DI T.S.O.- Sara COSTANZO

Quattro persone sono state iscritte nel registro degli indagati per la morte di Andrea Soldi, 45 anni, arrivato senza vita all'ospedale Maria Vittoria di Torino dopo un intervento per un Tso ad opera di medici e agenti della polizia municipale La morte di Andrea sarebbe stata causata da una manovra usata scorrettamente (unione sarda.it).

La foto che si vede sui giornali è quella di un ragazzo giovane e allegro sicuramente al mare. Mi viene da pensare che sia una foto scattata "prima". Prima di tante cose.

Una considerazione di carattere generale. Ci voleva la morte di un ragazzo per riportare l'attenzione sull'applicazione del T. S.O. e la difficoltà di gestire un istituto in cui alla fine quasi sempre perdono un po' tutti, psichiatria compresa. Ci voleva la morte di un ragazzo e sicuramente non basterà neanche questa. A meno che la notizia non sappia resistere al tempo, alle tragedie dei migranti e alla politica. A meno che questo ragazzo non diventi il simbolo di qualcosa che ci sta a cuore.

L'ossimoro. Il disagio psichico è qualcosa che non riguarda mai solo quello che chiamiamo "paziente". Non è importate chiedersi se è nato prima l' uovo o la gallina, se il malessere di sorelle, genitori, figli nasca dalla "malattia" o se invece, in qualche modo, tutti abbiano contribuito al suo sviluppo. Quello che colpisce è la solitudine in cui ognuno dei protagonisti, paziente compreso, vive questa dimensione della propria vita. Una dimensione importante , trascinante, capace come poche di condizionare la vita di ogni giorno. (A meno che non hai la fortuna di incontrare una pedina dell'ingranaggio che prende a cuore la cosa, ma questa è fortuna, destino, e la vita delle persone non può essere subordinata alla professionalità e al buon cuore di qualcuno o alla fortuna di vivere in realtà virtuose).

Le falle. In generale la maggior parte delle persone sottoposte a T .S.O. sono "pazienti già noti"ai servizi per essere stati precedentemente ricoverati. In questi casi accade spesso che le forme di tutela previste dalla legge vengano considerate mere formalità dando per scontato che ogni volta ricorrono le condizioni della volta precedente. Trattandosi di persone considerate croniche (e su questo temine si potrebbe parlare per ore) il T. S. O. viene chiesto anche laddove non sussistono casi di urgenza ma solo la generica opportunità che il paziente prosegua la cura. Detto in altri termini un istituto eccezionale e fortemente limitativo della libertà sia fisica (laddove in regime ospedaliero) e decisionale del soggetto viene spesso utilizzato per una generica esigenza di gestire la cura del paziente o il paziente stesso.

Prima considerazione: la presunzione di incapacità sempre e comunque. L'art. 35 del nuovo (2014) codice di Deontologia medica è intitolato "Consenso e dissenso informato" e recita cosi: l'acquisizione del consenso o del dissenso è un atto di specifica ed esclusiva competenza del medico, non delegabile. Il medico non intraprende né prosegue in procedure diagnostiche e/o interventi terapeutici senza la preliminare acquisizione del consenso informato o in presenza di dissenso informato.
Colpisce la pari dignità che devono assumere agli occhi del medico ( e prima ancora nel suo cuore) il "consenso" e il "dissenso", purché entrambi siano frutto di una "informazione" e "comunicazione" adeguate (e i termini non sono caso, essendo usati nel il Titolo IV del codice). Detto in altri termini, purché informato, il dissenso del malato a sottoporsi a delle cure va accolto e rispettato (e questo è un punto importante) anche se frutto di decisioni e considerazioni che non hanno lo scopo primario di salvaguardare la salute o abbiano alla base una idea di salute diversa da quella normalmente intesa nel contesto medico.

Bene: tutto questo,data la natura dell'isituto, non vale per T. S. O. Benché i presupposti necessari per questo tipo di decisione (che il paziente presenti alterazioni psichiche tali che gli interventi richiesti sono da considerarsi urgenti; che non accetti la terapia ritenuta necessaria; che le circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extraospedaliere) sembrano rendere necessario un intervento atto ad acquisire il consenso dell'interessato, essi sono sempre accompagnati all'idea che la persona sia incapace di decidere in modo consapevole su ciò che riguarda la propria malattia e la cura (ricordiamo che la maggior parte dei T. S. O. riguarda patologie in cui il paziente non sente di essere in difficoltà).

Questa idea (che tra l'altro ha alla base una certa idea della malattia, della cura e forse anche della scienza) ha una duplice ricaduta:
1. il non consenso dell'interessato si da per scontato senza che venga accertato di volta in volta. E questo è tanto più vero per i pazienti "noti" che in precedenza sono stati ricoverati in modo coatto. Quello che si dimentica è che al pari di ogni altro atto di questo tipo, consenso e dissenso possono cambiare nel tempo, a seconda dell'esperienza del paziente, dei medici che incontra e delle cure che gli vengono proposte. Essi non sono dunque atti acquisiti una volta e per sempre ma il frutto di una attività che deve rinnovarsi ogni volta. Questa ricerca del consenso non è un semplice "domandare" o "verificare" cosa per altro banale se si considera lo stato dei fatti) ma richiede una "attività" , conoscenze comunicative adeguate e una attitudine del cuore sinceramente rispettosa della persona. Va da sé che l'efficacia di ciò che accade nell'emergenza dipende da quanto si è costruito con il "paziente"  prima di questo momento.
2. si dimenticano i limiti entro cui l' istituto del T. S. O. deve muoversi. Che ribadiamo non sono quelli di gestire la cura (anche laddove sarebbe auspicabile che essa venisse seguita) ma solo le emergenze. Al di fuori di questi casi di urgenza il paziente psichiatrico deve essere considerato esattamente come tutti gli altri: libero di decidere se curarsi o meno e in che modo farlo. Con una attenzione alla singolarità del paziente, rispettando le sue scelte (anche laddove non condividiamo professionalmente e ne compremdiamo la difficoltà per la famiglia) e con la capacità di mettere in discussione le nostre stesse convinzioni per ascoltare idee di cura diverse ma non per questo prive di fondamenta.  Non dissimile da un malato di cancro che rifiuta la chemioterapia o scelga di curarsi in altro modo.  Quello che invece sarebbe necessario garantire, sempore ecomunque, è un sostegno alle famiglie, anch'esse in un certo senso "ammalate". Da terapeuta sistemica posso inoltre affermare con certezza che non soloqualunque intervento su un memebro della famiglia può avere una ricaduta sul paziente ma anche che in tanti casi questo tipo di intervento (dal momento che il paziente è fermo nelle sue convinzioni) è l'unico praticabile.

Seconda considerazione: il sistema nella pratica (qui riportata da un precedente articolo). La maggior parte dei T. S.O. sono richiesti dai familiari del "malato" o da persone appartenenti al contesto sociale in cui vive. Normalmente viene allertato il servizio Psichiatrico locale e/o direttamente le forze dell'ordine (anche se quest'ultima possibilità dovrebbe essere rimessa a casi particolari). La richiesta può dunque essere redatta dal medico stesso della ambulanza o dallo psichiatra del servizio giunto sul posto o anche dal medico di base e successivamente convalidata. Nella maggior parte dei casi –essendo il TSO disposto per pazienti già noti – richiesta e convalida vengono redatte dallo stesso Servizio Psichiatrico. Un aspetto importante del procedimento è la necessità che i medici (nello specifico il medico della unità sanitaria locale) motivi la convalida di richiesta in relazione alla sussistenza di tali presupposti. Benché scontata, questa affermazione è di importanza cruciale nel caso di pazienti "noti" al servizio e già precedentemente ricoverati in modo coattivo. In questi casi l'accertamento dei presupposti prima indicati (che in se implica che il paziente venga adeguatamente "visitato") viene spesso svolto in modo superficiale o addirittura bypassato. Cosa che compromette ab origine un altro requisito fondamentale del trattamento e cioè la messa in atto di procedure tese ad ottenere il consenso dell'interessato. A questo si aggiunge spesso la prassi di far prelevare il paziente dalle forze dell'ordine non solo prima che venga emesso il provvedimento del Sindaco ma anche se non ci si trova in presenza di segni di pericolosità o resistenza particolari. Circa questo punto va ricordato che una volta attivata la procedura di prelievo "forzato"è moto difficile stabilire quanta resistenza o violenza è da attribuirsi allo stato "di urgenza" in cui versa il malato e quanta al contesto e dunque alla modalità di azione. Va a questo aggiunto che quasi mai le forze dell'ordine sono addestrate allo svolgimento di tale compito e dunque preparate ad affrontare situazioni cosi delicate e cosi diverse dai casi in cui normalmente è richiesto un intervento coatto.
Entro le 48 ore successive il provvedimento che dispone il T. S.O. va comunicato al Giudice Tutelare competente, affinché, assunte le informazioni e disposti gli eventuali accertamenti, provveda con decreto motivato a convalidare o non convalidare il provvedimento. Tali accertamenti o informazioni non sono nella pratica quasi mai richiesti limitandosi a casi in cui le motivazioni mediche appaiono palesemente inadeguate o addirittura incomplete. Come nel caso della richiesta, valgono anche qui le considerazioni in merito ai "pregiudizi" che spesso accompagnano alcuni pazienti e che si riflettono sull'iter.

L'amarezza. Il T. S. O. è un istituto complesso che richiede la partecipazione di diverse istituzioni e tocca realtà psichiche e giuridiche complesse e, come altri interventi del genere, si scontra con la carenza di strutture o di personale, con una certa idea di malattia e di cura, con la paura e le contraddizioni che queste situazioni portano con se. Resta la tristezza e la rabbia. Per Andrea e per tutti quelli che questo ragazzo rappresenta. Che non sono solo i pazienti ma tutti gli attori di questi assurdi drammi. Facendo tutto il possibile perchè non accada mai più.




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